Storiacce


Tags (categorie): Politica
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Le voci dei luoghi, le parole dei protagonisti. Lo sguardo del cronista narratore. Ci sono storie, che solo dall'interno si svelano del tutto. E ci sono racconti che solo nella realtà trovano la loro forza. Ed è lì che Storiacce porta il suo microfono. Dentro vicende, che parlano con ogni suono ed ogni silenzio. Storie da scoprire, denunciare, ricostruire. Storie che diventano inchieste e che svelano angoli o vite, a volte in ombra, del nostro Paese. Storie dimenticate, ma rimaste aperte, nei fascicoli giudiziari o nelle paure di chi le ha vissute. Questi sono "I Racconti di Storiacce", evoluzione a partire da agosto di "Storiacce", pluripremiato programma di Radio24 in onda da 11 stagioni. A condurre, sempre Raffaella Calandra.


Autore: Radio 24
Ultimo episodio: 21/02/21 21:31
Aggiornamento: 28/11/24 18:52 (Aggiorna adesso)
Il covid e la partita di football americano della dottoressa Malara
Ormai, ci siamo dentro da un anno. Ormai, da 12 mesi esatti, siamo tutti costretti a fare i conti con i nostri limiti, con le nostre paure. Con l'impossibilità di riuscire a controllare tutto. Da un anno cioè, il mondo intero convive con un forte- e forse prima di allora quasi sconosciuto- senso di imprevedibilità.
Un anno dopo la scoperta in Italia del coronavirus, dopo 92mila morti e una gigantesca crisi economica e sociale, "possiamo imparare solo dalle nostre cicatrici", dice Annalisa Malara, l'anestesista che un anno fa, nell'ospedale di Codogno, forzando protocolli e regole, fece fare il tampone anti-covid a Mattia Maestri, il paziente uno. Venne così certificata la presenza del virus in Occidente. "C'era tanto scetticismo intorno a me: "ecco la giovane dottoressina che vuole fare la diagnosi eclatante", ecco cosa sentivo", racconta a Storiacce.
"Spero che da questa storia abbiamo tutti imparato a riportare il rapporto medico/ paziente al centro, prima di protocolli e burocrazia", dice, parlando anche dei "tanti soffitti di cristallo incontrati nelle corsie, dove è una sfida col tempo per riacciuffare vite. È una come una partita di football americano", aggiunge la dottoressa Malara.
Mentre le inchieste stanno ancora cercando di stabilire cosa non abbia funzionato nella gestione della prima ondata dell'epidemia - tra piani pandemici non aggiornati e protocolli sbagliati - ora si cerca di far fronte a tutte le carenze emerse nel sistema sanitario. E il punto di partenza è proprio quella notte di un anno fa a Codogno...
Costiera Amalfitana, tra sogno e scempio
Le ruspe sono lì, a rimuovere fango e pietre. E un muro, rimasto in bilico sul costone. Ancora una volta un crollo di rocce taglia in due la Costiera amalfitana, con sfollati da soccorrere e residenti isolati da aiutare. Ancora una volta, questo territorio - tanto fragile, quanto incantato, patrimonio Unesco, paga lo scotto di anni di violazioni. 34 le frane registrate dal 1899, non di rado anche con vittime. I fondi contro il dissesto idrogeologico sono stanziati, ma spesso non spesi, per "cronica mancanza di una progettazione adeguata", come marcò la Corte dei Conti. Ma ora comincia "una stagione di demolizioni delle costruzioni abusive", anticipa a Storiacce Giuseppe Borrelli, neo Procuratore di Salerno.
Il profumo della memoria
Era inevitabile: l'odore di quel sapone all'arancio doveva ricordargli il profumo della salvezza. Per tutta la vita, Nedo Fiano ha continuato a cercare e comprare nei mercati di cose americane quel sapone, che gli ricordasse il soldato che lo portò fuori dal campo di concentramento. E ora che lui non c'è più, quel profumo è diventato per Emanuele Fiano, suo figlio, la traccia da seguire per mettere insieme la storia di uno degli ultimi sopravvissuti allo sterminio degli ebrei nel campo di Auschiwitz, del massacro della sua famiglia, ma anche la traccia per rileggere le memorie di una nazione, nelle pagine de "Il profumo di mio padre", edito da Piemme. "È nell'ora più buia della notte, che l'alba è più vicina", raccontava Nedo Fiano

Alla vigilia della giornata della memoria, il 27 gennaio, Storiacce racconta la storia di uno dei sopravvissuti allo sterminio nazisti, mentre il vento dell'odio torna a soffiare in tutto il mondo.
Il giorno della civetta, rileggere Sciascia, insieme ai magistrati antimafia
L'omicidio di un piccolo imprenditore, in una terra di miniere e povertà. Un'inchiesta che si fa largo, tra silenzi diffusi e connivenze profonde; un capitano dei carabinieri testardo, che ricostruisce un ampio giro di appalti e gli interessi del boss locale; ma poi anche i depistaggi di chi cerca di far apparire tutto un delitto passionale e i tentativi di far scagionare gli imputati.

C'è la mafia che vedeva intorno a sé e ci sono tutti gli elementi più tipici della mafia d'ogni tempo nella trama de "Il Giorno della civetta", il romanzo più famoso di Leonardo Sciacia, il romanzo che fece conoscere all'Italia intera cosa fosse davvero la mafia. Non folklore, ma violenza, controllo del territorio, omertà, interessi, corruzioni.

A 100 anni dalla nascita dello scrittore di Racalmuto, Storiacce dedica la puntata all'attualità del pensiero di Sciascia, rileggendolo anche con Giuseppe Pignatone, magistrato siciliano, per tutta la carriera impegnato proprio nel contrasto alla mafia. "In Sciascia, mi colpisce ogni volta la rappresentazione della Giustizia e di chi la amministra. Da un lato, c'è una rappresentazione quasi sacrale; dall'altro lato, è spietato verso chi- soprattutto tra i magistrati- tradisce quell'ideale. Ed è spietata è l'analisi dell'amministrazione della Giustizia, come strumento del Potere"
I misteri della Uno Bianca, 30 anni dopo
Trent'anni dopo, ci sono ancora tante domande intorno alla storia della più feroce banda criminale. Una banda, composta di poliziotti, che seminarono terrore e sangue lungo la via Emilia. Era il 4 gennaio 1991, quando a Bologna, al quartiere Pilastro, tre giovanissimi carabinieri furono ammazzati da quella che subito divenne la "banda della Uno Bianca". Un mistero durato dal 1987 al 1994, quando l'arresto dei responsabili sconvolse l'Italia intera. Erano in prevalenza servitori dello Stato i criminali, responsabili di 24 omicidi, 102 feriti, oltre 100 rapine.

30 anni dopo, i familiari delle vittime chiedono di indagare ancora, per fare luce sui buchi neri che continuano ad avvolgere questa storia: se il loro obiettivo erano i soldi, perché sparare nei campi nomadi? Perché uccidere, quando non era necessario? Perché farlo, sempre con la stessa arma, lasciando cosi tracce? C'era qualcun'altro dietro i fratelli Savi e i loro complici?
Dentro il "cimitero dei vivi", tra pandemia e luoghi comuni
Bisogna aver visto, per comprendere. Bisogna aver vissuto al di là del muro di cinta, per liberarsi da luoghi comuni e pregiudizi. Bisogna aver verificato i benefici di pene alternative, per riconoscere la natura antieconomica della detenzione. Bisogna aver ascoltato le storie dietro le statistiche, per capire che in Italia il carcere resta troppo spesso quel «cimitero di vivi», denunciato da Filippo Turati.
E in questo cimitero di vivi, è entrato in modo significativo anche il virus: in questa seconda ondata della pandemia, sono più di mille i detenuti contagiati, altrettanti gli operatori. Ma affrontare le questioni collegate al carcere è sempre complesso, a causa di luoghi comuni e pregiudizi. Con numeri e storie- e con l'aiuto di persone che vivono quotidianamente la condizione carceraria- cercheremo di descrivere l'attuale situazione nei 190 penitenziari italiani.
"Io, giudice popolare al maxiprocesso"
Erano professoresse, erano casalinghe, divennero giudici popolari del più importante processo alla più spietata mafia.
È la storia di donne come Francesca Vitale, Maddalena Cucchiara, Teresa Cerniglia, quella raccontata in questa puntata di Storiacce e vista sul grande pubblico dalla docu-fiction "Io, giudice popolare al maxiprocesso".
Era difficile trovare giudici per il maxiprocesso, in quella Palermo blindata, ma loro non si sottrassero all'incarico. E lo fecero per "senso di responsabilità", nonostante le paure, le critiche e le minacce, subite anche da loro, che videro stravolta la loro quotidianità. Ai giorni del maxiprocesso- il cui primo grado finì il 16 dicembre 1987- torniamo in questa puntata di Storiacce, con la testimonianza di una giudice popolare.
L'ombra della mafia sulla crisi post covid: 30 anni fa, la prima rivolta contro il pizzo
Trent'anni fa, la prima rivolta di commercianti siciliani contro il pizzo: era il 7 dicembre 1990 e a Capo d'Orlando, nel messinese, quando nasceva la prima cellula di quella della futura Federazione delle associazioni antiracket ed antiusura. "L'intuizione allora fu condividere la paura, anzi il terrore", racconta Tano Grasso, anima di quel gruppetto di commercianti siciliani, preoccupato oggi soprattutto per le incognite del dopo covid: "temo che avremo i reduci, come dopo il Primo Dopoguerra: prevarranno risentimenti, frustrazioni e rancori, da parte di tutti coloro che vedranno distrutta una solidità economica. E questo mi terrorizza". E sono queste le condizioni ideale per i clan mafiosi, pronti a farsi avanti a fronte delle difficoltà di tante imprese. I segnali del rischio racket già si vedono, soprattutto al Nord, dove però continuano a mancare le denunce. "Come titolò il quotidiano siciliano L'Ora, "la mafia porta pane e morte". Gli imprenditori devono denunciare o rischiano di perdere la stessa azienda, che è un pezzo della loro vita", è l'analisi e l'appello di Antonio Calabrò, vicepresidente di Assolombarda con delega alla legalità.

Era prima dell'omicidio a Palermo del commerciante Libero Grassi, "ucciso l'anno successivo perché lasciato solo"; era prima della strage di Capaci e del ciclone Mani Pulite, che sarebbero state uno spartiacque nella storia d'Italia. Allora i corleonesi di Totò Riina dichiaravano guerra allo stato e il quotidiano L'Ora aveva già titolato: Palermo, come Beirut. In questo contesto, Capo d'Orlando, cittadina del messinese di 12mila abitanti e floridi commerci, diventava il terreno di conquista, conteso tra due famiglie mafiose di Tortorici, un comune montano poco distante. E giù sulla costa, davanti ad un negozio esplodeva una bomba; un altro riceveva minacce di morte; un altro ancora, intimidazioni. I commercianti decisero di mettere insieme la loro paura e ci furono i primi 21 arresti, dopo le denunce; poi sempre insieme- come associazione- affrontarono il processo, che portò, meno di tre anni dopo, alle condanne definitive per gli estorsori e a molte altre operazioni, che fecero terra bruciata per i boss a Capo d'Orlando. Quella fu la prima sentenza per associazione mafiosa del distretto della corte d'appello di Messina.)
L'eredità del terremoto dell'Irpinia, 40 anni dopo
E' stato il terremoto che ha cambiato l'Italia. Con le sue cicatrici, ma anche con l'eredità di insegnamenti. E' stata la più grande sciagura del nostro Paese dal dopoguerra, ma anche la prima occasione di solidarietà nazionale. E' stata la storia di un dramma- mai del tutto superato - ma pure di un'infinita ricostruzione. Quella del terremoto dell'Irpinia del 1980 è stata soprattutto una storia di lacrime e lutti, di macerie e di abbandoni, ma poi è diventata anche una storia di ritardi, speculazioni, di errori e di interessi criminali. C'è un prima e un dopo per tutta l'Italia, rispetto a quel 23 novembre 1980. Vale per chi oggi si occupa della ricostruzione di altri terremoti, come il commissario del sisma 2016 Giovanni Legnini; e per chi da 40 anni lotta contro mafie, che proprio allora accumularono ricchezze e potere, come il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho. In questa puntate di Storiacce, la ricostruzione di cosa fu il terribile sisma di 40 anni fa- tra documenti storici, testimonianze e ricordi - si incrocia con l'eredità lasciata all'Italia di oggi.
Questa è l'occasione, per punto sulla ricostruzione nel cratere del centro Italia, con il commissario Legnini; e poi col procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, ripercorriamo l'ascesa di una camorra più imprenditoriale, ma anche i passi in avanti per contrastare le infiltrazioni delle mafie nelle emergenze
Giovani violenti/2. "Anche se noi ci sentiamo assolti, siamo lo stesso coinvolti"
Lo ha denunciato anche l'Oms: "la chiusura delle scuole può avere delle conseguenze psicologiche sui bambini". In questa seconda puntata dell'inchiesta di Storiacce nel mondo dei giovani violenti, continuiamo a raccontare come il disagio, aumentato con la pandemia, si traduca non di rado in un aumento di aggressività per i piccoli. E talvolta in autentica violenza. Questo dicono i numeri della Giustizia e lo confermano le esperienze degli operatori. Raccontiamo storie di famiglie, "che non sanno dove sbattere la testa con figli violenti"; di servizi sociali, che vedono sempre più droga girare tra i minori, sempre più piccoli; di una mamma, che si batte perché solo "più occasioni di vita e non il carcere" vadano in soccorso di bulli e baby gang, capaci di picchiare, ma anche di accoltellare, com'è successo al figlio.
Il covid e i giovanissimi: storia di una "pentola a pressione"
I segnali già ci sono: la pandemia da covid sta facendo peggiorare il disagio di molti adolescenti, ma da anni - e i numeri della Giustizia lo documentano in modo chiaro - aumentano i reati commessi per mano di minorenni o di giovanissimi. Sempre più spesso succede che una fragilità, una difficoltà non compresa dai genitori, dalla scuola ora a distanza, dagli operatori sociali diventi rabbia stratificata. Aggravata dalla droga. E degeneri in violenza. Da Colleferro a Pisticci, da Lecce a Vicenza, dalla Maremma a Napoli, vari casi di cronaca hanno riacceso l'attenzione sulle violenze commesse da minorenni: a Storiacce, con un'inchiesta in due puntate, raccontiamo storie, numeri e ragioni di un fenomeno, che ci riguarda tutti da vicino. Parlano magistrati, operatori di comunità, genitori. Tutti concordi sul rischio che "troppi ragazzi stanno diventando una pentola a pressione, pronta ad esplodere"
Viaggio nell' Odio
Succede agli sportelli delle banche. Si ripete nelle contrattazioni immobiliari. Si amplifica sui campi di calcio. Qualche volta, è violento in modo fisico; nella maggioranza dei casi, ferisce con le parole.
Se negli Stati Uniti, il tema dei pregiudizi nei confronti degli afroamericani ha influito anche sull'esito delle elezioni presidenziali, dopo le proteste in seguito alla morte di George Floyd e dopo le rivolte, è in silenzio - invece - che i dati sulle discriminazioni razziali aumentano in Italia. Una crescita costante da anni, che "può essere spiegata però anche con la maggiore capacità di riconoscere questi casi e con l'aumento di denunce", commenta il prefetto Vittorio Rizzi, numero due della Polizia italiana e alla guida dell'Oscad, l'Osservatorio interforze per la sicurezza contro le discriminazioni esistente da 10 anni. Allo stesso tempo, influiscono anche i fenomeni "del suprematismo e di certa destra radicale, che negli Stati Uniti preoccupa come il terrorismo islamico", analizza il super poliziotto.
Cifre e storie in questa puntata di Storiacce, viaggio dentro l'odio verso il diverso. "È destinato ad aumentare per gli effetti della crisi innescata dal covid", analizza Triantafilos Loukarelis, presidente dell'Unar, l'Ufficio nazionale anti discriminazioni.
All'origine del rancore delle piazze/ Ecco i nuovi padrini d'America
Il giorno dopo, restano i segni della battaglia. E le preoccupazioni per il futuro. Il giorno dopo la guerriglia di Napoli, poi di Roma, Milano, Torino, Genova e Verona per strada restano i segni dei cassonetti incendiati, delle vetrine distrutte, le tracce di molotov e lacrimogeni. E resta sulle città italiane una domanda: dove rischia di portare questa rabbia crescente? Chi soffia sul vento del malcontento? Nella prima parte di Storiacce, questa settimana andiamo all'origine delle proteste violente, che hanno attraversato molte città italiane. Nella seconda parte, ci trasferiamo invece negli Stati Uniti, alla vigilia delle elezioni presidenziali.
Ma che fine ha fatto la mafia americana? Esistono ancora i Padrini? Se è vero che quella Cosa Nostra raccontata da Mario Puzo e Francis Ford Coppola non c'è più, il passato continua ad essere un'ombra con cui fare i conti.
Nelle trappole del web
La piazza si affolla, soprattutto quando intorno tutto tace. Le luci blu si moltiplicano, le chat si sovrappongono. I file si condividono. Ma in queste lunghe notti di connessione, non di rado le conversazioni diventano adescamenti; gli scambi di foto si trasformano in ricatti e i giochi in abusi. Così ora che la vita sociale torna a diradarsi per i più giovani e in qualche caso riprende anche la didattica a distanza, c'è una nuova insidia sulla vita dei nostri ragazzi, finire vittima di trappole niente affatto virtuali. Indagini e dati della Polizia Postale lo confermano. "Serve una cultura della sicurezza informatica", commenta la direttrice Nunzia Ciardi. E questo vale anche per le aziende, con sempre più persone in smart working
L'educazione costituzionale - L'Antologia
In quest'ultima puntata del ciclo sull'educazione costituzionale, ripercorriamo l'intero viaggio di queste settimane, attraverso la libreria dei podcast della Corte Costituzionale. Una sintesi delle questioni toccate - dalle donne al carcere, dagli stranieri alle compatibilità economiche; dal lavoro, alla nascita della stessa Corte, dalla sua storia alla sua composizione; fino al percorso di una sentenza dei giudici della Consulta o al referendum - con l'aggiunta di due nuovi contributi: il rapporto tra la Corte e il legislatore, di Giuliano Amato, e quello col mondo del terzo settore, di Luca Antonini.

In questo momento di grandi incertezze, abbiamo voluto ricominciare dalla Costituzione, "bussola anche nella tempesta", come ebbe già a dire l'allora presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia. Di puntata in puntata, che potete riascoltare dal nostro archivio - e con tutti i podcast dei 15 giudici, che ritrovate sul sito della Corte Costituzionale - abbiamo provato a diventare tutti un po' più consapevoli della carta dei valori, su cui poggia la nostra Repubblica. E a capire perché la nostra continui ad essere considerata la Costituzione più bella al mondo.

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L'educazione costituzionale - La Corte e il lavoro
"L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro".
Ci siamo tutti ricordati della centralità del lavoro - che i padri Costituenti vollero mettere proprio nelle fondamenta della nostra democrazia -  nei mesi più duri della pandemia. Allora, sono state necessarie distinzioni, tra il lavoro che non poteva essere interrotto, per garantire i servizi essenziali; e poi quello che invece doveva fermarsi, in nome della salute collettiva; o ancora il lavoro che doveva essere svolto in modo diverso. Il lavoro è un diritto fondamentale, tanto quanto la salute. E in questo delicato equilibrio, di estrema attualità, ci conduce Silvana Sciarra, giudice della Corte Costituzionale, nel suo podcast, parte della libreria che ormai da molte settimane Storiacce sta sfogliando.  
In questa puntata, però, ripercorreremo anche- insieme al giudice Giulio Prosperetti anche i passaggi, che portano fino ad una pronuncia della Consulta. 

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L'educazione costituzionale - La prima Corte e la sua prima sentenza
"Quella italiana è stata la prima Corte Costituzionale ed è diventata un punto di riferimento anche all'estero". Richiama il dato storico e non nasconde il suo orgoglio Augusto Barbera, giudice della Consulta, nel suo podcast che richiamiamo in questa nuova puntata di Storiacce, parte del ciclo sull'educazione costituzionale, con cui abbiamo voluto ricominciare, in quest'autunno di incertezze e speranze. La Corte- che all'inizio ha dovuto superare numerose perplessità di politici nei confronti di un controllo superiore sulle leggi - è la garanzia dei diritti e doveri stabiliti dalla Costituzione. Guardiano dei valori costituzionali. Non di rado, le pronunce della Consulta sono state sollecitazioni di interventi del potere legislativo, anche su questioni cruciali, come il fine vita.
Introdotta nel '48, la Corte Costituzionale entrò in funzione solo nel 1956, con la sua prima sentenza. Ed è a quel provvedimento che ci conduce il giudice Franco Modugno, nella seconda parte di Storiacce, col suo contributo alla libreria dei podcast della Consulta. In quella prima sentenza, simbolicamente si riaffermò la difesa della libertà di espressione e di pensiero, andando contro norme fasciste.

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L'educazione costituzionale - La composizione della Corte, il suo funzionamento
Perché sono proprio 15 i membri della Corte Costituzionale? Dietro questo numero, oltre a lunghe discussioni, c'è la sintesi nell'esigenza di rappresentare l'unità nazionale, con i giudici di nomina presidenziale, la rappresentanza nazionale, con la componente eletta dal Parlamento e poi la soggezione solo alla legge, incarnata dai cinque membri eletti dalle supreme magistrature. Nella composizione della Corte ci conduce il giudice Giovanni Amoroso col suo podcast, parte della libreria della Consulta, a cui Storiacce sta dedicando un intero ciclo. Ma in questa puntata, la nostra educazione costituzionale prosegue anche con i meccanismi di funzionamento della Corte. E insieme al giudice Nicolò Zanon entriamo simbolicamente anche nei segreti di una camera di consiglio.....

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L'educazione costituzionale - Referendum e compatibilità economiche
La Repubblica italiana è nata da un referendum, quello del 2 giugno 1946. E ci sono state negli anni consultazioni popolari, che hanno cambiato profondamente la nostra società. Come quello sul divorzio, ad esempio. Mentre l'Italia è chiamata alle urne per pronunciarsi su una legge costituzionale, il ciclo di Storiacce sull'educazione costituzionale - dedicato alla libreria dei podcast della Consulta - prosegue proprio con il referendum: storia, meccanismi e limiti, nell'excursus a cura del giudice della Corte Costituzionale Stefano Petitti.
Nella seconda parte della trasmissione, invece, parliamo di soldi. Di soldi e di diritti. Perché anche diritti che consideriamo inviolabili - a cominciare dalla salute - devono fare i conti con le "compatibilità economiche", ci ricorda nel suo podcast il giudice Luca Antonini, come abbiamo capito tutti nei mesi più drammatici della pandemia. Tuttavia, anche se non si può non tener conto dei bilanci, la Costituzione impedisce la "tirannia del condizionamento finanziario".

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L'educazione costituzionale - Strumenti e ritardi
Quando succede, che il "diritto diventa parte integrante della giustizia applicata alla realtà", per riprendere  una celebre scena del film Philapdelphia? Succede ad esempio, quando fa cadere le discriminazioni, quando difende e riafferma diritti fondamentali. E molto spesso, questo è avvenuto attraverso sentenze della Corte Costituzionale, il giudice delle leggi, non delle persone, ma le cui decisioni incidono sulla vita concreta delle persone. E non a caso, le pronunce della Consulta partono sempre "da fatti concreti e non da astratte discussioni" normative, come ricorda il giudice Giuliano Amato, nel suo podcast sugli strumenti della Corte. In questa nuova puntata del ciclo di Storiacce, dedicato all'educazione costituzionale, si ripercorrono anche i ritardi con cui in Europa è stato accettato un controllo di costituzionalità delle leggi. Non a caso in Italia, come ricorda il giudice Giancarlo Coraggio, la Corte Costituzionale è entrata in funzione 10 anni dopo la scrittura della Carta fondante della nostra Repubblica. 
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L'educazione costituzionale - Donne e welfare
Dice la Costituzione: "tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Senza distinzione di sesso". Nell'elenco delle varie possibili discriminazioni, indicate dai padri costituenti, quella di genere è la prima da superare. Ma basta sfogliare le cronache, per rendersi conto che non è ancora fino in fondo cosi. Questo punto della Carta fondamentale della nostra Repubblica non è dunque stato ancora attuato appieno? Nel podcast della giudice della Corte Costituzionale, Daria De Pretis, scorrono tutti i passi in avanti e le frenate di una discriminazione che se non esiste più nelle norme, a volte fa fatica ad essere scardinata dalla vita quotidiana.
Nella nostra Costituzione, i diritti non solo solo mete ideali, ma concrete prescrizioni, che reclamano norme precise per assicurare ad esempio adeguate prestazioni sociali. Scuola, trasporto, cure mediche. In realtà, anche se tutto questo ha dei costi -- e non si può non tenerne conto, in un Paese non ricchissimo come il nostro -- la nostra Costituzione è molto chiara nel rapporto che deve esserci tra l'equilibrio delle risorse e la qualità delle prestazioni sociali. E il welfare è il filo conduttore del podcast del giudice Aldo Carosi.

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Dentro l'industria del falso - 4ª puntata
L'aria è densa di gasolio. E nel vento, le sirene dei traghetti si mescolano al muggito dei tir. Eccola, la porta d'Oriente. Anche per le merci contraffatte. Benvenuti sulla banchina di Costa Morena di Brindisi. Benvenuti qui, dove migliaia di falsi provano ad entrare in Europa. E da qui parte un ciclo di puntate di Storiacce di Radio24, dedicato nel mese di agosto all'industria del falso. Numeri, storie, per un'inchiesta sul mercato parallelo che costa all'economia italiana uno-due punti di Pil, in mancate vendite.
Se La Spezia è il porto che registra il maggior numero di capi contraffatti sequestrati - ma ha anche ben altri volumi di affari complessivi - Brindisi arriva al terzo posto dopo Genova, con 575.231 pezzi a cui sono stati posti i sigilli. Complessivamente, dal 2017 a giugno 2019 sono stati quasi 29 milioni i capi sequestrati, sia per contraffazione, che per tutela del made in Italy, come per sicurezza dei prodotti. Abiti, scarpe, ma anche gadget delle squadre di calcio, e poi alimenti e bevande e tutti i marchi protetti: il mondo dei falsi segue le richieste del mercato in tutti i settori. E questo avviene anche per la contraffazione dei farmaci e nell'arte, a cui saranno dedicate due puntate di questo ciclo di Storiacce.
Dentro l'industria del falso - 3ª puntata
L'aria è densa di gasolio. E nel vento, le sirene dei traghetti si mescolano al muggito dei tir. Eccola, la porta d'Oriente. Anche per le merci contraffatte. Benvenuti sulla banchina di Costa Morena di Brindisi. Benvenuti qui, dove migliaia di falsi provano ad entrare in Europa. E da qui parte un ciclo di puntate di Storiacce di Radio24, dedicato nel mese di agosto all'industria del falso. Numeri, storie, per un'inchiesta sul mercato parallelo che costa all'economia italiana uno-due punti di Pil, in mancate vendite.
Se La Spezia è il porto che registra il maggior numero di capi contraffatti sequestrati - ma ha anche ben altri volumi di affari complessivi - Brindisi arriva al terzo posto dopo Genova, con 575.231 pezzi a cui sono stati posti i sigilli. Complessivamente, dal 2017 a giugno 2019 sono stati quasi 29 milioni i capi sequestrati, sia per contraffazione, che per tutela del made in Italy, come per sicurezza dei prodotti. Abiti, scarpe, ma anche gadget delle squadre di calcio, e poi alimenti e bevande e tutti i marchi protetti: il mondo dei falsi segue le richieste del mercato in tutti i settori. E questo avviene anche per la contraffazione dei farmaci e nell'arte, a cui saranno dedicate due puntate di questo ciclo di Storiacce
Dentro l'industria del falso - 2ª puntata
L'aria è densa di gasolio. E nel vento, le sirene dei traghetti si mescolano al muggito dei tir. Eccola, la porta d'Oriente. Anche per le merci contraffatte. Benvenuti sulla banchina di Costa Morena di Brindisi. Benvenuti qui, dove migliaia di falsi provano ad entrare in Europa. E da qui parte un ciclo di puntate di Storiacce di Radio24, dedicato nel mese di agosto all'industria del falso. Numeri, storie, per un'inchiesta sul mercato parallelo che costa all'economia italiana uno-due punti di Pil, in mancate vendite.
Se La Spezia è il porto che registra il maggior numero di capi contraffatti sequestrati - ma ha anche ben altri volumi di affari complessivi - Brindisi arriva al terzo posto dopo Genova, con 575.231 pezzi a cui sono stati posti i sigilli. Complessivamente, dal 2017 a giugno 2019 sono stati quasi 29 milioni i capi sequestrati, sia per contraffazione, che per tutela del made in Italy, come per sicurezza dei prodotti. Abiti, scarpe, ma anche gadget delle squadre di calcio, e poi alimenti e bevande e tutti i marchi protetti: il mondo dei falsi segue le richieste del mercato in tutti i settori. E questo avviene anche per la contraffazione dei farmaci e nell'arte, a cui saranno dedicate due puntate di questo ciclo di Storiacce
Dentro l'industria del falso - 1ª puntata
L'aria è densa di gasolio. E nel vento, le sirene dei traghetti si mescolano al muggito dei tir. Eccola, la porta d'Oriente. Anche per le merci contraffatte. Benvenuti sulla banchina di Costa Morena di Brindisi. Benvenuti qui, dove migliaia di falsi provano ad entrare in Europa. E da qui parte un ciclo di puntate di Storiacce di Radio24, dedicato nel mese di agosto all'industria del falso. Numeri, storie, per un'inchiesta sul mercato parallelo che costa all'economia italiana uno-due punti di Pil, in mancate vendite
Se La Spezia è il porto che registra il maggior numero di capi contraffatti sequestrati - ma ha anche ben altri volumi di affari complessivi - Brindisi arriva al terzo posto dopo Genova, con 575.231 pezzi a cui sono stati posti i sigilli. Complessivamente, dal 2017 a giugno 2019 sono stati quasi 29 milioni i capi sequestrati, sia per contraffazione, che per tutela del made in Italy, come per sicurezza dei prodotti. Abiti, scarpe, ma anche gadget delle squadre di calcio, e poi alimenti e bevande e tutti i marchi protetti: il mondo dei falsi segue le richieste del mercato in tutti i settori. E questo avviene anche per la contraffazione dei farmaci e nell'arte, a cui saranno dedicate due puntate di questo ciclo di Storiacce.
La Consulta e il "paradosso" del carcere
"Se è vero che la missione della Costituzione è quella di proteggere i diritti fondamentali della persona, il carcere è - per la Costituzione - il luogo del paradosso".
Come una volta disse anche lo storico direttore del carcere di San Vittore, è proprio un paradosso quello che vive chiunque operi dietro le sbarre. Il paradosso di cercare di ottenere, con l'isolamento del carcere, l' inserimento degli ex detenuti fuori dal carcere. Nella società. Proprio come vuole la Carta fondamentale della nostra Repubblica. E dal carcere come paradosso parte l'excursus di Francesco Viganò, giudice della Consulta, nel suo podcast dedicato appunto alla "Corte Costituzionale e il carcere". Perché la Costituzione vale anche al di là del muro di cinta. Ed è nel complesso e delicato equilibrio di tutela di diritti fondamentali, tra chi è dentro e chi fuori e anche nei retroscena di complesse sentenze, che ci conduce il giudice Viganò, in questo podcast che è parte dell' audio-libreria della Consulta.

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