Associazione Culturale "I Tralci"
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Archivio predicazioni
Autore: www.laveravite.blogspot.it
Ultimo episodio: 01/10/23 7:24
Aggiornamento: 26/11/24 18:43 (Aggiorna adesso)
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Data: 01/10/23
La storia della nostra chiesa è fatta di nascita, crescita, frutti, gioie, dolori... vissuti assieme per 26 anni. A conclusione di questa lunga avventura, cosa si può dire? E' stato solo un sogno? Se lo è stato, lo abbiamo fatto assieme... Ed era un sogno che bisognava sognare.
---Predicatore: Marco Delle Monache
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E così siamo giunti all'ultimo messaggio.
Solo che stavolta non è l'ultimo messaggio di una serie di predicazioni. Ma è davvero l'ultimo messaggio il messaggio terminale, finale di questa nostra chiesa.
Pur non essendo non essendone più pastore da circa dieci mesi, pur non essendo chi la conduce, permettetemi comunque come pastore emerito di questa chiesa e come uno dei fondatori della Chiesa della Vera Vite di dire alcune parole a conclusione di una storia che è proseguita in interrottamente per 26 lunghi anni.
Era il gennaio del 1997 (siamo nell'altro millennio) quando iniziammo a fare studi biblici nelle case in quattro persone tra Montefiascone e Tuscania, per poi iniziare con i culti in casa, nelle case delle delle persone che allora frequentavano; e poi la prima sala a via della Croce qua a Montefiascone, e poi questa sala da dove vi parlo ora e che, come sentite, in questo momento è vuota.
Ma attenzione: non vi inganni ciò che vedete con gli occhi o che sentite con le vostre orecchie, ma dovete imaginare dietro le mie spalle, qui dove sta quel crocifisso che ha simboleggiato per tanti anni la nostra identità, una folla di oltre 200 persone che negli anni hanno frequentato questa chiesa, di cui 130 l'hanno frequentata assiduamente, e di questi oltre 40 membri di chiesa che che sono stati attivi servitori che si sono alternati nelle varie attività di questa chiesa e di questa meravigliosa avventura.
E oltre questi, tutte le persone che hanno letto, ascoltato, o visto gli oltre 4.000 messaggi che abbiamo pubblicato sul sito in 20 anni per quasi 2.000 ore di predicazione, ovvero più di 83 giorni ininterrotti di predicazione... E sono tutte là, e rimarranno come storia.
Dietro di me ci sono sono anche gli oltre 200 pastori e responsabili di chiesa che hanno partecipato negli anni ai nostri seminari sulla chiesa e i quasi 400 studenti dei corsi estivi di inglese (vi ricordate gli English Camp?)
Ma ci sono anche gli i più di 30 migranti che abbiamo accudito, nutrito, sostenuto e aiutato durante un periodo molto importante della nostra chiesa, quando qua a Montefiascone c'era un centro di prima accoglienza. E anche i sordomuti che sono stati presenti in questa sala e hanno ricevuto le traduzioni LIS, o quelli che hanno ascoltato tramite i gesti che faceva la nostra traduttrice nella lingua dei segni.
La storia di questa chiesa non è iniziata a caso ma per volontà del Signore; non è stato né Marco né Bernardino né Michele a fondare questa chiesa, ma è stato il Signore che l'ha piantata, nutrita e fatta crescere in un paese, in una zona dove non c'era mai stata nessuna chiesa evangelica prima.
Non siamo stati bravi noi a sognare questa chiesa, ma è stato il Signore a mettere in noi quel sogno, Perché questa era la necessità perché c'era bisogno di sognarlo quel sogno di una chiesa che si chiamava Chiesa della Vera Vite. Perché serviva a testimoniare di lui in questo luogo dove nessun altro aveva mai parlato, e nei vari paesi da cui noi proveniamo.
Questo abbiamo fatto per 26 lunghi anni; fedelmente, non scendendo a compromessi che forse avrebbero fatto crescere di più la nostra comunità e più in fretta, ma siamo rimasti fedeli alla sua Parola e al progetto di creare una comunità dove tutti potessero ascoltare la parola del Signore almeno una volta nella propria vita. Dove potessero sentirsi a casa, dove potessero sentirsi amati, accolti, e dove potessero avere una possibilità di partecipare, non soltanto di ascoltare la Parola del Signore.
Ci siamo riusciti? Talvolta sì, talvolta no. E ora il Signore ci sta chiedendo di voltare pagina Attenzione, non è un fallimento! Non è un fallimento; le chiese nascono, crescono, si consolidano e muoiono...
Pensate una cosa: nel Nuovo Testamento ci sono tante chiese. Tante chiese, ma nessuna delle chiese che leggiamo nel Nuovo Testamento è sopravvissuta; e si trattava di chiese enormi. Non Roma, non Corinto, non Galazia, non Filippi, nemmeno Tessalonica e nemmeno Efeso ci sono più; queste chiese sono scomparse.
Ecco prendete ad esempio Efeso. Efeso era una città straordinaria; era un porto di mare sulla costa dell'odierna Turchia, conteneva monumenti di straordinaria importanza, imponenti, come il tempio di Artemide (che sarebbe Diana per i Romani) che era forse il più grande edificio al mondo presente all'epoca, una delle sette meraviglie del mondo si diceva.
Era la capitale della provincia importante Romana dell'Asia Minore e aveva ha dentro di sé 200.000 abitanti; pensate quant'era grande! Era la terza città più potente del mondo dopo Roma e Alessandria d'Egitto e proprio lì, in questa città enorme, in questa città potente nacque una chiesa famosa, grande davanti agli occhi del Signore, così importante da diventare sede di uno dei più importanti concili ecumenici, quello del 43, uno dei primi concili della Chiesa Cristiana, e ad avere un libro intero intitolato a lei nel Nuovo Testamento, la Lettera agli Efesini.
Pensate quanto era importante questa chiesa; cosa potete pensare si immaginassero gli Efesini della propria chiesa? “Ah una chiesa del genere, questa chiesa sarà non sarà mai smossa. Questa chiesa continuerà per sempre, per sempre frutterà persone, ci saranno persone che verranno...”
Ma poi, il mare si ritirò, il porto di Efeso divenne una distesa di sabbia lontana dal mare e le persone cominciarono ad andarsene. E così, come se ne andarono le persone normali dei 200.000, anche le persone di chiesa cominciarono ad andarsene; non perché non l' amassero più, non perché non avessero più progetti per il Signore, ma semplicemente perché la loro vita non era più lì, non era più in quel luogo.
Dove andarono? Questo non lo sappiamo, non è scritto nella Parola; probabilmente si disperso nelle chiese lì a fianco, lì vicino, a gruppetti, a singoli, là dove andarono ciascuno a vivere; e sono sicuro che continuarono a parlare alla gente di Cristo.
La loro missione continuò tra le altre persone, continuarono a benedire le comunità dove erano andati parlando del Signore attraverso i doni che avevano loro.
A Montefiascone non c'è mai stato un mare che si è ritirato, ma molti hanno traslocato e molti continuano a farlo seguendo il mare della vita, il futuro familiare diverso, il lavoro e gran parte di quelle 200 persone di cui parlavo all'inizio che hanno frequentato la nostra chiesa in questi 26 anni anni ora sono altrove, non sono più qua, ma continuano a parlare di Cristo, continuano a benedire gli altri, continuano ad esercitare i loro doni in altre strutture, in altre comunità. Non farò elenchi perché potrei rischiare di scordare qualcuno o qualcuna, ma voi avete ben chiaro di chi parlo, vero?
Ma la vita è così; le chiese nascono, le chiese crescono, le chiese invecchiano, le chiese muoiono... Ed è quello che è successo alla nostra.
Vedete, per me che sono stato usato dal Signore per piantare la prima chiesa evangelica di sempre in questa città, nella mia città, che ho predicato il primo messaggio di chiesa, credetemi, predicare l'ultimo messaggio in una sala vuota è come perdere un figlio amato.
E devo stare attento; devo stare molto attento a non commettere tre errori, che corrispondono a tre peccati. E vorrei che nessuno di voi che mi ascolta in questo momento cadesse in questa trappola, che è una trappola del maligno.
Per cui per prima cosa:
1) Rifiutate di essere amareggiati per ciò che è accaduto
Potremmo essere amari... e forse un po' lo siamo. Ma se ci aggrappiamo all'amarezza facciamo solo male a noi stessi. L'amarezza prolunga il dolore, non lo affievolisce o lo dimezza. C'è stato un tempo per seminare, c'è stato un tempo per raccogliere... e ora è il tempo di cambiare terreno.
Seconda cosa:
2) Rifiutate di incolpare qualcuno
Così come nessuno, neppure io, posso prendermi il merito della nascita di questa chiesa, di aver piantato la Chiesa della Vera Vite, allo stesso modo nessuno è la causa del suo scioglimento. Vedete, la tranquillità con cui abbiamo accettato e deciso tra responsabili che era ora di sciogliere la chiesa è un gran conforto. Credetemi è un gran conforto che mi indica che non siamo noi a decidere di sciogliere questa chiesa, ma chi l'aveva piantata. Ci sta chiedendo di porre le nostre radici altrove.
E, terza cosa:
3) Rifiutatevi di spettegolare e di giudicare
La Bibbia dice più e più volte che una delle cose che Dio odia in maniera totale nella vita sono i pettegolezzi. Non siete voi, non sono io, non siamo noi il giudice; non dobbiamo dire in giro “Ah, la mia chiesa si è chiusa a causa di...”. Non siate amareggiati, non date la colpa a nessuno e non giudicate nessuno.
Non fate tutto ciò: rifiutate di essere amareggiati, rifiutate di incolpare qualcheduno e rifiutatevi di spettegolare o di giudicare. Non fate tutto ciò; neppure io debbo farlo!
Quello che invece vorrei fare io e che desidero voi facciate assieme a me, sono tre azioni che invece di essere tre peccati corrispondono a tre virtù cristiane.
La prima:
1) Mostrate grazia ai vostri leader
Sto parlando non di un leader, non di quello che sta parlando in questo momento, ma di quelli che abbiamo avuto per questi lunghi 26 anni qua in sala... E anche qui non farò nomi, ma li conoscete bene; persone che gratuitamente si sono messe al nostro e al vostro servizio, che hanno faticato, hanno pianto, si sono disperate, che nella loro imperfezione e nei loro errori (e io sono il primo, il capostipite della serie degli errori) hanno fatto sì che Dio li usasse per portare grazia agli altri e per far vivere e prosperare questa nostra chiesa.
Persone che hanno predicato, persone che hanno insegnato, organizzato eventi, realizzato gruppi giovanili, cantato, suonato, tradotto, pianificato, retto le finanze, pulito la sala...Lo hanno fatto per voi, lo hanno fatto per noi... Lo hanno fatto gratis, togliendo ore alla famiglia e al sonno!
Per cui, secondo punto:
2) Siate loro grati
Seconda virtù: siate loro grati. Dobbiamo essere grati per tutti i modi in cui Dio ha usato la Chiesa della Vera Vite in tutti i modi. Siate grati per tutti i modi in cui Dio ha usato anziani, pastori, diaconi, diaconesse, adoratori e semplici membri di chiesa nel corso degli anni per proclamare la Parola del Signore in questo luogo.
Se vorrete un giorno scrivere a queste persone un biglietto, un WhatsApp, una mail di ringraziamento a coloro che hanno fatto crescere (e sto dicendo di tutte le persone indistintamente che hanno servito in questi 26 anni di chiesa anche quelli che ormai sono all'estero o che sono lontani da questa nostra chiesa), sono sicuro che loro apprezzeranno. Perché l'emozione più sana della vita è l'atteggiamento di gratitudine.
E infine, terza cosa, e questa è la più importante fratelli e sorelle, la più importante, la fondamentale, la cosa più importante di tutta questo gran discorso in conclusione, ed è assolutamente vitale per te e per me:
3) Rimanete concentrati sul piano di Dio
Non sul nostro dolore, non sull'amarezza, non sui problemi del passato, ma sul vincitore di tutti i problemi, su Cristo. Rimaniamo focalizzati su di lui. Facciamo che le nostre vite si nutrano di lui, anche se non sarà in questa sala.
E' così che Gesù ha sopportato il dolore della croce; e noi siamo invitati dalla scrittura a fare la stessa cosa, a essere suoi seguaci, a seguire il suo esempio. Nel dodicesimo capitolo di Ebrei ci è detto di tenere gli occhi su Gesù, nostro leader e nostro istruttore, di tenere gli occhi su colui che non ci deluderà mai.
Pensate, Gesù egli era disposto a morire in un modo vergognoso, la croce, per la gioia che aveva davanti, perché sapeva che gli sarebbe stata data gloria in seguito; cercò la gioia che gli era posta davanti, non quella che aveva in quel momento.
Allo stesso modo noi non guardiamo al nostro dolore attuale, per comprendere che tutto ciò che abbiamo fatto assieme potrebbe essere sembrato solo un sogno, ma che era un sogno che andava sognato
In conclusione vorrei ringraziare tutti, ma proprio tutti, davvero tutti. Tutti quelli che sono stati al mio fianco, che sono stati al nostro fianco, che hanno aiutato in qualche modo da vicino o da lontano la Chiesa della Vera Vite a nascere, a crescere, a consolidarsi e a prosperare per 26 lunghi anni.
Ma credetemi, ringrazio davvero tutti, anche quelli che sono arrivati in chiesa avendo una propria agenda personale, che sono rimasti con noi solo perché volevano trasformarla; trasformare la nostra comunità in qualcosa che avevano loro in mente che a loro sembrava migliore di quello che facevamo, e che poi se ne sono andati , magari in silenzio, magari consegnando soltanto le chiavi, magari sbattendo la porta e magari qualcuno spettegolando...
Ma ringrazio anche quelli. Anche quelli ringrazio, perché sono convinto che non l'hanno mai fatto con malizia; lo facevano forse in buona fede, magari sbagliando, ma non l'hanno fatto mai con malizia. Ma soprattutto perché hanno permesso al Signore di dimostrare, ancora una volta, che ciò che lui aveva piantato sarebbe continuato a vivere e a crescere, come in effetti è accaduto.
Tutte le gravi crisi, le grosse crisi della nostra chiesa, si sono risolte con una maggiore unità e un maggiore impegno di chi rimaneva. E hanno dimostrato, in quel in quel momento, che l'unione che ci legava era un'unione superiore a quella soltanto di un club di persone un pochino strane che avevano aperto una chiesa evangelica. In quei momenti noi ci siamo amati davvero di più l'uno l'altro.
Tempo di terminare questo messaggio, questo ultimo messaggio, e vorrei concludere con le parole di Salomone dall'Ecclesiaste dai versetti 1 a 8 del capitolo t3:
"Per tutto c’è il suo tempo, c’è il suo momento per ogni cosa sotto il cielo: un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato, un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire; un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per fare cordoglio e un tempo per ballare, un tempo per gettar via pietre e un tempo per raccoglierle, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci; un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per conservare e un tempo per buttar via, un tempo per strappare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare; un tempo per odiare e un tempo per amare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace.” (Ecclesiaste 3:1-8)
C'è stato un tempo in cui il Signore ha piantato la sua chiesa e ora è il tempo in cui ci chiede umiltà, e ci chiede di sciogliere questa chiesa . Abbiamo sognato assieme, abbiamo piantato assieme, abbiamo atteso assieme, abbiamo lavorato assieme, abbiamo sognato assieme una comunità unita che crescesse e portasse frutto.
Abbiamo sognato per 26 anni questo... E non era un nostro sogno, ma quello che il Signore ci aveva messo nel cuore: era un sogno che bisognava sognare.
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Quando nasce, e quando muore una chiesa? E, soprattutto, quanto deve essere grande una chiesa per
essere "chiesa"?
---Predicatore: Marco Delle Monache
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Oggi più che un messaggio, è una chiacchierata tra amici. E' da tanto che volevo farla, e il fatto di non essere più pastore di questa chiesa, mi solleva da molte preoccupazioni che avevo in passato e posso parlarvi finalmente “a cuor leggero”.
Anche se non siamo “del mondo” viviamo “nel mondo”con i suoi tanti pregi, e con i difetti che superano i pregi; in una società ossessionata dalle dimensioni, dalla ricchezza e dall'influenza, è fondamentale riaccendere l'apprezzamento per l'impatto e il potenziale dei pochi fedeli.
Quando un gruppo di persone può essere chiamato “chiesa”? Si basa sul numero di persone? O forse sui metri quadri del locale in affitto? O sul fatto di averlo o meno il locale? Oppure se ci sono predicatori, cantanti, pastori, scuola domenicale?
E, nel caso inverso, una chiesa non è più chiesa, ma solo un “gruppo di credenti”?
Vi ricordate la prima chiesa quale è stata? Leggiamo atti:
“Ed erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. … E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva al loro numero ogni giorno quelli che venivano salvati. (Atti 2:42, 46-47)
Luca parla della primissima chiesa:quali erano le caratteristiche distintive della primissima chiesa? Un bel locale, certo. E poi una corale... anzi un complesso rock sul palco... E certamente, una scuola domenicale per per i figli... Ah, un pastore, dei diaconi, delle diaconesse... Come dite? Non c'è scritto tutto questo nel versetto? Forse mi sono sbagliato... Rileggiamolo assieme:
“Ed erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli”
La prima cosa che dice Luca circa le caratteristiche della prima chiesa è che ascoltavano gli Apostoli...in pratica, leggevano il Nuovo testamento in direttamente lo stavano scrivendo!
“nella comunione fraterna”
In italiano ci vogliono due parole per tradurre un concetto estraneo al mondo:. in greco è ???????? koino?nia; che significa, semplicemente “comunicare l'uno con l'altro”; si parlavano!
“nel rompere il pane “
Mangiavano assieme e durante il pasto ricordavano il sacrificio di Gesù.
"e nelle preghiere"
Pregavano! Ma non pregavano a caso: visto che ascoltavano assieme gli Apostoli, si parlavano, e mangiavano assieme, è ovvio pensare che pregassero gli uni per gli alti.
“E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio”
Per loro il tempio era una tappa quotidiana, per noi una volta a settimana... ma soprattutto erano “concordi”, ?????????? homothymadon in greco, che significa “avere la stessa mente”, “pensare nella stessa maniera”.
La prima chiesa non si incontrava la domenica... ma soprattutto faceva tutta una serie di attività che erano molto di più dell'andare in chiesa.
La chiesa non era “un'oretta domenica”... ma era vivere assieme ad altri credenti... Avevano un locale? No, si incontravano nelle case e al tempio. Avevano pastori, diaconi, scuole domenicali, addetti all'adorazione, cassieri? No, avevano se stessi... e ognuno faceva un po'.
Secondo voi, erano meno chiesa di una comunità di tremila fedeli, come ci sono poche in Italia? O di una di cento, come ci sono alcune in Italia? O di dieci, come ci sono moltissime in Italia?
“Quanto agli undici discepoli, essi andarono in Galilea sul monte che Gesù aveva loro designato. E, vedutolo, l’adorarono; alcuni però dubitarono. E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate.” (Matteo 28:19-20)
A chi ha affidato il Grande Mandato Gesù? A una mega chiesa di diecimila persone, vero? No, ma a una di cento... Neppure, di 50...
Erano 12... e tra questi “alcuni dubitavano”... per cui, vogliamo dire, setto, o otto? Vi ricordate cosa ha detto Gesù?
"Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Matteo 18:20)
Nel nostro statuto di chiesa, scritto quando siamo entrati a far parte dell'Ucebi, all'epoca in cui fu scritto Bernardino, Michele ed io, non scrivemmo di cosa o come si dovesse farese la chiesa sarebbe cessata... Ma l'avevamo scritto in quello della Associazione “I Talci”, che era il primissimo statuto con cui abbiamo aperto la chiesa. Su quel primo statuto era scritto:
“La chiesa potrà essere sciolta qualora ricorrano i seguenti casi: 1) mancanza di almeno due membri (Matteo 18:20)”
E poi c'erano altri motivi. Dove ci sono due credenti, quella è già chiesa, perché c'è koino?nia; c'è un unico pensiero.
Poi, che faccia piacere, che sia più facile che si fatichi di meno se si è in tanti in chiesa, quello è certo. Ma la dimensiono non determina l'efficacia per Cristo di una chiesa, se...
C'è un "se"... Vi ricordate Filadelfia ? Non la città in America, ma la chiesa di Apocalisse 3:
“All’angelo della chiesa di Filadelfia scrivi: queste cose dice il Santo, il Veritiero, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre: Io conosco le tue opere. Ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. Ecco, ti do alcuni della sinagoga di Satana, i quali dicono di essere Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco, io li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi per riconoscere che io ti ho amato. Siccome hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch’io ti preserverò dall’ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. Io vengo presto; tieni fermamente quello che hai, perché nessuno ti tolga la tua corona. Chi vince io lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più; scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio (la nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio) e il mio nuovo nome.” (Apocalisse 3:7-12)
“perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome.”… Ecco per cosa Gesù vanta la chiesa di Filadelfia. La chiesa era piccola, debole, forse non aveva tutto quello che avevano le altre... ma serbava e non rinnegava Gesù.
E il suo premio era stato grandissimo: coloro che l'avevano derisa, sarebbero tornati in ginocchio dinanzi a lei. E, ancor di più, i suoi membri sarebbero stati salvi dalla tentazione...
Gesù non dice quale, ma è facile immaginarla; la tentazione di adorare “altro”. E questo non è una cosa che deve ancora venire, è già qui: il mondo adora “altro”.
Non tutte le cose che adora sono dal nemico, ma il fatto di non adorare Gesù, ma “altro” (il sesso, il danaro, la famiglia, gli amici, gli hobby, ecc.) è qualcosa da cui Gesù vuole proteggere il suo corpo, la sua chiesa... soprattutto quelle “piccole piccole”, perché sa che hanno poca potenza, sono più vulnerabili.
Ritorniamo al nostro supermercato: quale offerta “allettante” vorremmo dalla nostra chiesa? Siamo più attirati dal prezzo o dalla quantità? Cerchiamo una chiesa che ci offra di più e ci chieda di meno, meno impegno personale?
Oppure vogliamo la quantità? Una chiesa di almeno cinquanta membri, perché “di più è meglio”?Abbiamo più volte detto che questa chiesa, fondata da quattro membri, ha oscillato tra quel numero primitivo fino a quasi 50 membri attivi: nel tempo, contandoli tutti, siamo a quasi trecento credenti, che sono passati qua dentro queste quattro mura.
Dobbiamo capire, anche se fa male talvolta, 'ultima regola delle sette circa crescita spirituale, quella che dice: LA CRESCITA SPIRITUALE E' STAGIONALE, si applica anche alle chiese.
Nulla cresce costantemente. Ci sono 4 stagioni: primavera, estate, autunno, inverno. in primavera cresci spiritualmente, ti copri di fogli; , in estate porti frutto, vedi altri che si convertono, ti senti pieno, ti senti piena di Spirito; in autunno le tue foglie cadono, qualche certezza se ne va; in inverno ti senti solo, sola, nel buio, nel freddo... e Dio sembra distante migliaia di miglia... Ma è in inverno che le querce affondano le radici nel terreno per ricevere nutrimento.
E' NORMALE!!! Fa perte della vita. E' il momento in cui stai mettendo radici. Talvolta Dio permette questi momenti dove vuole che tu ti aggrappi a lui solo piuttosto che ai tuoi sentimenti.
Lui è sempre vicino non affidarti alle tue sensazioni! L'inverno viene per affondare le radici L'inverno viene per consolidare la fede il Lui! L'inverno nelle chiese viene affinché Cristo ritorni al centro della chiesa; il costo è maggiore, e la quantità minore. Ma non è meno chiesa agli occhi di Cristo:
“Chi vince io lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più; scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio"
Preghiamo.
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Gesù ci ha dato l'esempio perfetto di come essere leoni per lui, senza innalzarci e senza essere aggressivi, ma restando fermi nella nostra fede per essere una testimonianza per gli altri ed un aiuto per coloro che lo cercano.
---Predicatrice: Lucia Pedoto
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Qualche settimana fa abbiamo parlato del nostro Gesù che è il leone e agnello nello stesso tempo. Abbiamo detto che è forte, ruggente come un leone; è un re che non verrà mai più smosso. Ma allo stesso tempo è agnello; si è immolato per noi, è morto per noi, si è fatto maltrattare senza proferire parola.
E c'eravamo lasciati con un punto di domanda: “Come possiamo noi essere leoni e agnelli come Gesù?” Ne parleremo oggi e la prossima volta che predicherò.
E partirei da questo versetto:
"Siate dunque imitatori di Dio, come figli amati" (Efesini 5:1)
Mi è piaciuta molto e la volevo condividere con voi la traduzione di The Message, perché la vedo molto pratica; è più facile da capire
"Guarda cosa fa Dio e poi fallo, come i bambini che imparano il comportamento corretto dai propri genitori." (trad. Bibbia "The Message")
Perciò la prima cosa da fare se vogliamo essere imitatori di Gesù , è vedere Gesù cosa fa. Quindi oggi vedremo tre comportamenti di Gesù che possono aiutarci a diventare dei leoni, dei leoni spirituali, dei leoni nella vita.
Questo che leggeremo tra poco è il primo aneddoto che c'è nellaBibbia di quello che ha detto e fatto Gesù in tutta la sua opera grandiosa qui sulla Terra con noi, e Dio ha voluto che sapessimo questo.
Stiamo parlando di un Gesù che ha dodici anni; c'è qualcuno che ha dodici anni qui dentro? Non imbrogliate eh, vi faccio tirar fuori le carte d'identità! Ce l'abbiamo un dodicenne? Si, mio figlio Giovanni è un dodicenne e non servono documenti perché c'ero, me lo ricordo... sì ha dodici anni.
Si avvicinava il periodo di festeggiamenti di Pasqua; Gesù, Maria e Giuseppe partono a piedi da Nazareth per andare a Gerusalemme. Erano in tantissimi; era una lunga carovana di persone perché piano piano che passavano nei paesi altri si accodava a questa carovana e insieme si andava a piedi a festeggiare questa Pasqua a Gerusalemme, che vi ricordo, lo sapete già, a quei tempi la Pasqua era il ricordo e il festeggiamento dell'Esodo, di Dio che aveva liberato il popolo d'Israele dall'Egitto.
Cosa succede? Vanno a Gerusalemme, festeggiano la Pasqua, si rimettono in cammino, prendono “armi, bagagli e bagattelle” e partono; dopo un giorno di cammino Maria (tipo come nel film “Mamma ho perso l'aereo”) realizza che era un po' che non vedeva Gesù. Inizia a chiedere a quelli che erano con loro, parenti e amici, se l 'avessero visto... ma non c'era!
Cosa fanno, dopo un giorno di cammino a piedi? Tornano a Gerusalemme, lo cercano, e dopo tre giorni lo trovano: era nel Tempio! Mi veniva da ridere, perché pensavo alla versione italiana di Maria: “No Gesù! Ma dove eri? Mi ha fatto venire i capelli bianchi! Mannaggia a me, ma perché non sono stata ferma! No tu mi farai cascare tutti i capelli! Io sono disperata, non ce la faccio a stati dietro!”
Invece credo che Maria non abbia reagito così; io credo che Maria, quando ha visto Gesù nel Tempio, abbia guardato questo ragazzo, il suo amato figlio, e abbia pensato: “Ci siamo, sta per essere svelato al mondo chi veramente è lui.” E quindi gli ha semplicemente cosa fosse successo; e Gesù con la sua pace inimitabile, con la pace che solo lui può avere risponde a dodici anni così:
"Ed egli disse loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?»" (Luca 2:49)
Perché il Signore voleva che sapessimo questo? Ha fatto talmente tante cose grandi Gesù, guarigioni per tutti i peccati... Ma la prima cosa in assoluto che ha fatto è stata una dichiarazione di fede: dobbiamo partire da lì. Quello è il punto di partenza; era nel tempio con dei maestri con degli esperti della Parola, eppure loro si meravigliavano di lui, della saggezza che aveva, delle cose e delle risposte che dava. Era veramente un leone, un leone ruggente.
Quindi, cosa possiamo fare noi per imitare in queste cose Gesù?
"...glorificate il Cristo come Signore nei vostri cuori. Siate sempre pronti a rendere conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni..." (1Pietro 3:15)
"Infatti non mi vergogno del vangelo; perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco." (Romani 1:16)
Perciò partiamo da questo per essere dei veri leoni ruggenti nella fede e nella vita di tutti i giorni: dobbiamo dichiarare in chi crediamo. Certo con mansuetudine e non con prepotenza e con insistenza, ma con mansuetudine dobbiamo cercare sempre il modo di poter dire: “Io credo in Gesù.”
Per esempio, quando ci chiedono: “Ma perché sei gioiosa e fiduciosa? Non hai lavoro, hai mille malattie, mille problemi a casa... ma che hai per essere gioiosa speranzosa?". Si, ho Gesù. La mia speranza viene dal Signore, da qualcosa che non è qui in questo momento e che tu puoi toccare. Ma una cosa che io ho nel cuore e che arriverà. Una speranza certa, la speranza della certezza che Gesù tornerà; e non mi serve nient'altro.
Esistono due tipi di paure o di vergogna nel proclamare la propria fede.
C'è la paura fisica, che hanno sicuramente i nostri fratelli credenti che vivono nelle zone dove i cristiani sono ancora perseguitati. Una paura reale, tangibile: torture e morte.
E poi c'è la nostra la nostra; è meno evidente, ma non è da sottovalutare. La nostra è una paura sociale. Nel mondo in cui viviamo, dove tutto è velocissimo, dove quello che voglio lo voglio ora, e tutto è perfetto tutto è a mia disposizione, e devo essere io al centro dell'universo, dichiarare di essere credenti in Gesù spesso ci rende agli occhi delle persone fanatici, illusi, sciocchi.
A me è capitato anche che mi dicessero: “Ma sei intelligente, ancora stai a pensare a Gesù?”. E il credere in Gesù ti sminuisce.
Quindi non è poca questa paura; la paura di essere umiliati. Io penso ai miei figli, che sono quasi adolescenti: ma quanto bisogna essere coraggiosi per essere in un gruppo di adolescenti che pensano alle ragazze, che già vedono immagini non propriamente pulite, che già pensano ai primi vizi da poter prendere, dire: “Ma io credo in Gesù!”. Per me è un atto di veramente di coraggio.
Oppure un lavoratore che sta con i colleghi; si prendono una birretta a fine turno, fanno quattro chiacchiere dove si parla di qualsiasi cosa: “Io sono credente!”. Ci vuole coraggio. Ci siamo trovati tutti in questa situazione; non è facile e questo che significa veramente essere leoni, proclamare la propria fede.
E vi dico una cosa , e questa ve la garantisco: se dite in un gruppo di persone che siete credenti, sicuramente l' per lì si fanno coraggio l'uno con l'altro e vi prendono in giro, ma vi assicuro che almeno uno di loro vi verrà a chiedere qualche cosa, un approfondimento, una spiegazione. Verrà in privato vi manderà un messaggio... Perché il seme di Dio da qualche parte arriva sempre. E chi lo sa che una semplice dichiarazione di fede vi possa portare ad essere vi quello che abbiamo detto qualche predicazione fa, un ponte tra quella persona e Gesù.
Cosa altro ha fatto Gesù che noi possiamo imitare? Ecco la seconda cosa
"Allora Gesù gli disse: «Vattene, Satana, poiché sta scritto: “Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi il culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli si avvicinarono a lui e lo servivano." (Matteo 4:10-11)
Che cos'altro ha fatto Gesù? Ha resistito alle tentazioni, e l'ha fatto da uomo, lo abbiamo detto più volte.
Parliamo spesso di questo argomento, però oggi con voi mi andava di parlare non delle cose più eclatanti, le tentazioni della droga, dell'alcol, la violenza, la prostituzione, la pornografia, perché queste infatti servono talvolta a crearci un alibi: “Io non bevo, non mi drogo, non vado a prostitute, non vedo porno, per cui sono fuori da questo discorso!”.
Io parlo di quelle tentazioni radicate proprio dentro all'uomo, quelle che sono nate con noi. Ma quanto è dolce parlar male di qualcuno che vi ha fatto un torto? Ma quanto è bello sfogare la rabbia con le parolacce e tirare un oggetto quando siete nervosi? Ma quanto è piacevole di una bella parolaccia quando vi cade qualcosa dalle mani o state preparando qualcosa che non vi riesce? E che soddisfazione è quando va male qualcosa a qualcuno che vi ha fatto un torto?
Io credo che questo sia capitato almeno una volta a tutti noi... Almeno una volta al giorno, ragazzi! Questo è proprio come siamo fatti; noi siamo impastati proprio così. Oppure, quando voglio fare quell'imbroglietto e recupero qualche soldino... tanto lo posso fare!
Vi capita mai di uscire di casa con tutti i buoni intenti? Io ad esempio sto in un posto di lavoro dove l'asticella delle mie arrabbiature la devo sempre alzare di più; perché la vita è come una palestra, noi qui siamo per allenare i nostri muscoli spirituali a migliorarci sempre di più e a cercare di fare meno degli errori perché poi, quando impareremo a fare meno quelli, ci saranno altri errori da correggere.
Quando io vado al lavoro, prego per tutto il tragitto; e anche quando sto mettendo il primo piede dentro e si aprono le porte, dico: “Signore per favore aiutami a resistere.”. Ma non tanto a resistere perché quello a cui tu resisti prima o poi ti cade addosso; immaginatevi di tenere la porta di un armadio pienissimo di vestiti: tenete la porta perché altrimenti vi vengono tutti addosso. Quanto si può resistere? Cinque, dieci minuti? Non potrete restare tutta la vita a reggere la porta... e prima o poi vi cadranno addosso.
Quindi quando si parla di tentazioni usiamo sempre la parola resistere, perché è la più facile; ma dobbiamo proprio cercare e chiedere a Dio di farcele scivolare da addosso, così che non siano più attraenti per noi.
Quindi io entro e dico: “Signore per favore, aiutami!” E puntualmente Satana, che è intelligentissimo almeno in questo, trama e ordisce un sistema, prepara proprio la situazione ideale perché tu possa sbagliare. Io arrivo, e puntualmente succede qualcosa che mi manderebbe in escandescenza. A volte riesco a controllarmi e a volte no e non me ne faccio più una colpa; quando non ci riesco faccio un sospiro e dico: “Ok, la prossima volta ce la farò!” E' questo quello che la Bibbia ci insegna:
"Nessuna tentazione vi ha colti, che non sia stata umana; però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via di uscirne, affinché la possiate sopportare." (1 Corinzi 10:13)
"Sottomettetevi dunque a Dio; ma resistete al diavolo, ed egli fuggirà da voi.” (Giacomo 4:7)
Questa è una promessa da Gesù; il diavolo fugge quando capisce che quello scenario non vi sconvolge più, se ne va.... Magari va a preparare qualche altra cosa, lo sapete già! Però quella battaglia, almeno quella è vinta.
Abbiamo detto prima di proclamare la propria fede senza pensare al giudizio degli altri; bisogna essere leoni, ma è comunque più facile di lottare contro se stessi. E allora dobbiamo cercare di farci scivolare addosso le tentazioni, resisterle per parlare più facilmente. Bisogna essere dei veri e propri leoni, con delle belle zampe piantate per terra che neanche la tempesta ti può smuovere.
Però sappiamo che non siamo soli in questo; la Bibbia e il Signore ci dice che siamo aiutati dallo Spirito Santo che ci consiglia.
Lo Spirito santo è l'altra vocina. C'è una vocina che ti dice rispondere sgarbatamente e aggressivamente, e poi c'è quell'altra vocina che dice: “Non si fa, si arrabbiati ma non peccare.”
Lo Spirito Santo che ci aiuta in quelle che spesso Marco (ex pastore della nostra chiesa NDR) chiama “preghiere a microonde”, preghiere immediate; sto per cadere sempre in quello sbaglio, e prego: ”Signore, aiutami, non mi far sbagliare stavolta!”. La preghiera, e i versetti che vi vengono in mente! Leggere la Bibbia perché, in ogni secondo lo Spirito Santo tira fuori dalla memoria qualche versetto che ci può incoraggiare in quel momento.
Come dicevo prima, spesso si parla delle grandi tentazioni (alcol, droga, ecc.) ma per quelle è più facile distinguerle, perché sono evidenti perché sono innegabili; ma queste piccole, queste cosine sono proprio quelle che inquinano il mondo. Questo mondo va così grandemente male perché ci sono questi piccoli condotti di cattiveria, di veleno che inquinano quello che ci sta intorno. Ovviamente il Signore sa che siamo umani, che cadiamo, ed è sempre lì pronto a perdonarci, l'importante è rendersene cono e cercare di tenere duro.
Terza cosa che vediamo oggi di ciò che ha fatto Gesù e che dovremmo imitare:
“Mentre Gesù era a tavola in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. I farisei, veduto ciò, dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e con i peccatori?» Ma Gesù, avendoli uditi, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati." (Matteo 9:10-12)
In genere questo versetto lo leggiamo per parlare sempre della grandezza di Gesù che è venuto per curare e per portare la Parola che ha bisogno di lui; invece io oggi vorrei farvelo vedere sotto un altro aspetto. Noi, che siamo peccatori, siamo tutti i giorni con i peccatori più o meno di noi; non abbiamo bisogno di cercarli, e è qui che ci chiama il Signore; in questo tempo, in questo momento.
Ma quanto bisogna essere forti per stare in mezzo ai peccatori e rimanere integri! Quanto devo essere forte per vedere che, dove lavoro, tutti arrotondano lo stipendio allungando le mani e non tu, tu vai avanti per la tua strada ? Quanto è difficile stare con un gruppo di amici che hanno le mia età che però il sabato sera si divertono ad ubriacarsi e magari a dare fastidio alle ragazze, a rompere le macchine delle persone che dormono nei palazzi, a distruggere le città? E io devo vivere in mezzo a loro, ma stando fermo nella mia fede.
Oppure sto con i colleghi che mi dicono: “Ma sì, dai! Stasera andiamo in quel night che ti importa? Chi ti dice niente?” e i tuoi piedi devono essere sempre saldi e non vacillare.
Questo significa essere leoni; cercare di affrontare le cose di tutti i giorni rimanendo ovunque saldi. E questo Paolo ce lo dice bene:
"Poiché, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti, per guadagnarne il maggior numero; con i Giudei mi sono fatto giudeo, per guadagnare i Giudei; con quelli che sono sotto la legge mi sono fatto come uno che è sotto la legge (benché io stesso non sia sottoposto alla legge), per guadagnare quelli che sono sotto la legge; con quelli che sono senza legge mi sono fatto come se fossi senza legge (pur non essendo senza la legge di Dio, ma essendo sotto la legge di Cristo), per guadagnare quelli che sono senza legge. Con i deboli mi sono fatto debole, per guadagnare i deboli; mi sono fatto ogni cosa a tutti, per salvarne ad ogni modo alcuni. E faccio tutto per il vangelo, al fine di esserne partecipe insieme ad altri." (1 Corinzi 9:19-23)
Paolo, come Gesù, ha frequentato quelli che si possono considerare i peggiori della società, ma sempre rimanendo Paolo. Certo, qui stiamo parlando di Gesù e Paolo, abbiamo dei bei modelli tosti da seguire; ma è questo che ci chiamano a fare tutti i giorni.
Gesù stava sì con i pubblicani, con i peccatori, si è fatto baciare i piedi da una prostituta, l'ha perdonata per quello che aveva fatto, ha preso come discepolo un esattore delle tasse, passava per la strada, ha visto Zaccheo sull'albero, l'ha fatto scendere e è andato a casa sua per mangiare con lui e quel giorno se è subito convertito, ha cambiato il suo comportamento.
Perciò è necessario che noi stiamo in mezzo agli altri; non possiamo pensare di rimanere integri stanno sempre tra i fratelli o da soli. Noi siamo chiamati a stare in mezzo al mondo; e lì che bisogna vedere, come dicevamo prima, se riusciamo a resistere alle tentazioni.
Perché dobbiamo fare tutto questo? La Bibbia ci dice:
“Sfòrzati di presentare te stesso davanti a Dio come un uomo approvato, un operaio che non abbia di che vergognarsi, che tagli rettamente la parola della verità." (2 Timoteo 2:15)
Lo vedete come comincia il versetto? “Sforzati di presentare te stesso”; ci lascia uno spiraglio un piccolo margine di perfezione. Il Signore lo sa che non saremo mai perfetti; aggiustata una parte del nostro carattere, sicuramente ce ne sarà un'altra da sistemare. Ma lui è questo che valuterà: quanto ci siamo sforzati, quanto abbiamo preferito seguire la sua retta via piuttosto che abbandonarci alle piacevolezze del mondo. Questo significa essere leoni. Leoni come Gesù lo è stato.
La prossima volta vedremo che significhi essere agnelli, imitando Gesù e vi lascio questo riassunto: Gesù Gesù con il suo esempio ci insegna che dobbiamo proclamare la nostra fede in Dio sempre e comunque, imparare a resistere alla tentazione e restare integri nel mondo ma senza farci influenzare dalle cose del mondo.
Preghiamo.
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"Chi rotolerà per me la pietra?" Quella dei miei problemi, delle mie incertezze, delle mie ferite... Gesù lo ha già fatto, nella Pasqua di duemila anni fa. Lo ha fatto per dare a te la sua stessa potenza. Devi solo varcare la soglia di quella tomba vuota, ed accettare la resurrezione.
---Predicatore: Marco Delle Monache
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Quanto siete forti?Nel senso, quanto peso riuscite a sollevare?Attualmente il record del mondo di sollevamento appartiene all''islandese Hafthor Bjornsson con 501 kg!
Certo, noi siamo abituati a spostare pesi, alcuni sono più forti di altri, ma quando ci troviamo dinanzi ad alcuni pesi, non possiamo che pensare: “E chi je la fa?”
E' esattamente quello che hanno pensato tre donne il giorno di Pasqua di quasi duemila anni fa:
“Passato il sabato, Maria Maddalena, Maria, madre di Giacomo, e Salome comprarono degli aromi per andare a ungere Gesù. La mattina del primo giorno della settimana, molto presto, vennero al sepolcro al levar del sole. E dicevano tra di loro: "Chi ci rotolerà la pietra dall'apertura del sepolcro?" (Marco 16:1-3)
Quello che si reca alla tomba di Gesù, è un terzetto di donne che non si è formato per caso!
Maria di Magdala, o Maddalena, era una delle “finanziatrici” dell'opera missionaria di Gesù; lo faceva forse per gratitudine, visto che Gesù la aveva liberata da “sette demoni” (Luca 8:2).
E poi c'è l'altra Maria, Maria di Cleofa; lei ha un figlio, Giacomo il minore, all'interno dello “staff” di Gesù, alcuni affermano fosse sua parente:suo padre infatti sarebbe stato Anteo Cleofa, ovvero il fratello di Giuseppe, sposo di Maria.
E infine Salome.Salome aveva anche lei due dei suoi figli all'interno dello “staff del capo”:Era la madre di Giacomo il maggiore e di Giovanni,“il discepolo che Gesù amava” (Giovanni 13:23)come viene detto dallo stesso Giovanni nel suo vangelo.
Maria Maddalena, Maria e Salome non erano semplici discepole, ma facevano parte di quel ristretto nucleo di persone che viveva fianco a fianco,o gni giorno, col maestro.
Chissà quante volte avranno ascoltato queste sue parole:
«Noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani dei capi dei sacerdoti e degli scribi. Essi lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, i quali lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni egli risusciterà». (Marco 10:31-34)
L'informazione l'hanno avuta tutta, hanno creduto e seguito Gesù...ma poi l'hanno visto morire in croce...e il suo corpo giacere a terra, e la pietra chiudere la tomba...
“Allora Gesù emise un altro forte grido e rese lo spirito...C?erano là alcune donne che seguivano a distanza la scena. Maria Maddalena, Maria (la madre di Giacomo il piccolo e di Iose), Salome ed altre... Giuseppe comprò un lungo lenzuolo di lino e, dopo aver tolto dalla croce il corpo di Gesù, lo avvolse nel lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia. Poi fece rotolare una grossa pietra davanti all?apertura del sepolcro. Maria Maddalena e Maria, madre di Iose, stavano a guardare dove veniva deposto il corpo di Gesù.” (Marco 15:37, 41, 46-47)
Non erano lì per caso. Erano un “team”. Si supportavano a vicenda...E, secondo me, in quel “Chi ci rotolerà la pietra” c'è ben più che una riflessione sul peso della porta del sepolcro.E' il momento in cui dubbio, assenza e disperazione si fondono assieme, e vivono assieme.
L'originale in greco non dice semplicemente “pietra”, ma “megas litos”... ovvero “un macigno”!
Quale è il macigno più grande nella mente di Maria di Magdala, di Maria di Clefoa, di Salome? La pietra da spostare... oppure?
Oppure le domande che non si dicono l'una all'altra...irrisolte, intellettuali, ma che girano nella loro testa:
“E' questa la fine della nostra speranza? E' realmente rinchiuso in una tomba il nostro Salvatore?” “Ci siamo sbagliate? Abbiamo creduto in qualcuno che non era affidabile?” “Chi ci rotolerà la pietra?Come faremo a continuare a vivere senza la nostra Speranza?”
E poi c'era la pietra, il megalite, quello vero fatto di roccia...Un dubbio “reale”: “Come faremo a spostare la pietra? Come faremo ad entrare la tomba e a accudire il nostro Signore?”
La vita di ciascuno di noi propone dubbi su base quotidiana; dubbi, che spesso sono pietre, mega litos, macigni...
Quale pietra stai portando qui quest'oggi? E' un dubbio “intellettuale” su come sarà la tua vita nei prossimi anni, perché senti che qualcosa dentro non va, che non hai più motivo apparente per vivere, nè uno sbocco certo per il futuro?
Oppure è un dubbio reale:“Mio figlio è malato. Il mio matrimonio è a pezzi. Ho perso il lavoro”
Quali che siano le tue pietre ,senti che sono come i 501 chili del record del mondo...e non ce la farai a rotolarle via...
Mi spiace dirtelo... ma la tua sensazione è giusta:Non puoi!Non tu, almeno.Non tu da solo, non tu da sola.Come Maria di Magdala, come Maria di Cleofa, come Salome...
Ma la Pasqua non è una croce; quella era il venerdì, assieme al dolore e alla umiliazione.La Pasqua è una pietra rotolata e una tomba vuota.Gesù non l'ha fatto per dimostrare i suoi superpoteri, anzi, ai farisei che glie ne chiedevano uno, rispose:
“Una generazione malvagia e adultera chiede un segno; segno non le sarà dato, se non il segno del profeta Giona. Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell’uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti." (Matteo 12:39-40)
Ma lo affatto per dare a noi la sua stessa potenza per lasciarla a te, a me, a tutti coloro che si affidano a lui.Paolo parla così della potenza della risurrezione:
“Mi sono disfatto di qualsiasi altra cosa: è stato l?unico modo valido per poter conoscere fino in fondo Cristo e la potenza della sua resurrezione, e scoprire che cosa significa soffrire e morire unito a lui,per giungere anch'io alla nuova vita con la resurrezione dai morti.” (Filippesi 3:10-11 PV)
Quella potenza che aveva sperimento su di se, imparando chi era colui che poteva rotolare la pietra:
“Per ben tre volte ho pregato il Signore di liberarmi da questa sofferenza, ma egli mi ha detto: «No, perché la mia grazia ti basta. La mia potenza si manifesta in pieno in quelli che sono deboli». Ecco perché sono contento di vantarmi della mia debolezza; di essere una dimostrazione vivente della potenza di Cristo, anziché fare sfoggio della mia forza e delle mie capacità. (2 Corinzi 12:8-9 PV)
La Pasqua è Dio che trasmette la sua potenza alla sua creatura.È Gesù che può rotolare via la pietra dalla tua vita.E' Gesù che può farti affrontare la tua vita quotidiana.E Gesù che può farti compiere opere che ti sembrano impossibili da compiere, ben più di spostare 501 chili, o un macigno.
Fino ai miei 25 anni ho avuto una pietra abbastanza grande ad ostruire tutto ciò che facessi... nulla aveva senso, tutto chiuso.. sbarrato per venticinque anni avevo provato a rotolarla via da solo.
Ho perso energie, tempo, lacrime. Fino a quando ho scoperto che c'era chi già aveva rotolato via la pietra per parte mia, tanti anni prima che io nascessi o fossi stato ancora concepito.
Qualcuno che, morendo in croce, stava pensando a ME. Qualcuno che risuscitando dai morti mi faceva partecipe della sua potenza.
Riuscite a credermi? Quando dico che Gesù, qualsiasi sia l'impresa che pensate non sia possibile portare a temine, qualsiasi sia la dimensione della pietra che c'è nella tua vita, è più che capace di spazzarla via, ci credete qui (nella testa), o qui (nel cuore)?Oppure non ci credete affattoNon dovete credere a me, ma a...
“...colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo...”(Efesini 3:20)
Ma di sicuro la mia vita non è un esempio eclatante; in fondo io, di buona famiglia, senza grandi problemi,“no sex no drugs no rock & roll” né esso, né droga né vita sfrenata, sono un piccolo esempio della potenza della resurrezione., e non mi troverete su Wikipedia. Allora, vorrei parlarvi di altri che trovate su Wikipedia...
Azezet Kidane
Azezet Kidane è nata nel 1944 a Adi Quala, in EritreaNegli anni '70, l'Etiopia era sotto il regime comunista e Azezet ha iniziato a visitare i container dove venivano ammassati i prigionieri politici e i cristiani; a questi ultimi era vietato di pregare.Quando ha protestato col governo, il dittatore le ha detto: “OK, possono pregare solamente se TU vai dentro il container assiema a loro.”
Che ve ne pare? Era un macigno abbastanza grande? “Chi mi rotolerà la pietra?”Azezet entrò nei container, pregò assieme ai credenti, e grazie a lei decine di prigionieri accettarono Gesù, e la notizia arrivò ai media di tutto il mondo che chiesero che l'Etiopia smettesse di incarcerare gente nei container.
Dal 2010 vive in Israele, in Terrasanta, dove ogni anno arrivano profughi, uomini e donne che attraversano il Sinai per poi essere sfruttati gli uomini come lavoratori a basso costole donne come prostitute.
Ancora una volta: “Chi ci rotolerà la pietra?”Azezet ha lavorato per svelare e a denunciare la rete di campi di tortura utilizzati dai trafficanti di esseri umani per estorcere denaro ai rifugiati. Molti sono stati smantellati, molti aguzzini arrestati, molte donne salvate dall'abuso quotidiano.
Nick Vujicic
Nick è australiano, ed è nato senza braccia e gambe a causa di una rara malattia genetica, la tetramelia. Da piccolo, a scuola i bulli lo prendevano di mira per la sua disabilità. A dieci anni arrivò a pensare al suicidio. Ci provò due volte senza successo, cercando di affogarsi nella vasca di bagno.
Ancora una volta: “Chi mi rotolerà la pietra?”
Un giorno la madre gli mostrò un articolo di giornale sulla vita di un uomo portatore di handicap che era riuscito a raggiungere la felicità; e quell'uomo era un credente.
Il momento in cui Nick capì di non essere solo capì che c'è chi ha rotolato la pietra per lui...Ora vive per Cristo, parla di Cristo, e sogna di metter su famiglia.
“Anche se mi rendo conto che non potrò tenere le mani di una donna, quando arriverà il momento saprò tenere il suo cuore”.Così diceva un dieci anni fa...
… e così è la sua vita adesso! Una moglie, due figli maschi, due gemelle.Forse ti stai pensando: “Va bene, Marco, queste sono storie di grandi personaggi, persone uniche al mondo... ma io? Che c'entrano con i problemi della mia vita?
Lascia allora che ti parli di qualcuno che è più alla tua portata...che so... un membro di un'altra chiesa
Paola
L'ultima storia che ti racconto è quella di Paola...E' un nome di fantasia, ma lei e la sua storia è assolutamente reale. Io la conosco, voi no... e per me è più che una figlia! Paola è credente, sposata, con figli, disoccupata... e per dare una mano alla famiglia va a lavorare in un negozio qualche ora al giorno.
Una sera le si rompe la macchina, e il datore di lavoro si offre di riaccompagnarla a casa...ma lungo il tragitto devia...e succede quello che potete immaginare.
Torna a casa, si fa una doccia fino a scorticarsi la pelle per cercare di lavare via lo schifo... Va a letto... e per giorni non dice nulla...
Gli ci vorrà quasi una settimana per metabolizzare, raccontare, e denunciare... La giustizia farà il suo corso... ma lei? “Chi mi rotolerà la pietra?”
Avrebbe voglia di uccidersi... e ci prova anche. Poi chiama una coppia di amici di un'altra chiesa, che la aiutano a capire. E solo allora comprende... Anche quel macigno, Gesù, lo aveva rotolato in un giorno di Pasqua, duemila anni fa...
La vita di Paola è cambiata da quel giorno... in meglio! Il matrimonio che era traballante , si è cementato nell'amore e nel sostegno reciproco, un altro figlio è arrivato, e loro come coppia non sono più membri di una chiesa, ma ministri di Cristo nella loro chiesa!
Molto spesso la pietra da rimuovere più grande è la mancanza di Gesù nelle nostre vite.
Azezet ha affermato che: “Quello che io ho visto accadere dinanzi ai miei occhi, persone che si sedevano davanti a me, uno persecutore e l'altro perseguitato, e capivano che il loro dolore era lo stesso, che soffriamo tutti e moriamo, e si perdonavano, questo cosa solo Dio la può dare."
Nick ha affermato: “Chiunque tu sia, qualunque cosa tu stia attraversando, Dio lo sa, Lui è con te, e te ne trarrà fuori”. Non dipende da quello che sono capace o non sono capace di fare, ma da quello che divento per la potenza di Gesù Cristo”
Paolo ha detto: "La potenza di Dio si manifesta in pieno in quelli che sono deboli"; ognuno di noi è debole in qualche aspetto. Ognuno di noi ha il dubbio:“Chi mi rotolerà la pietra”.
C'è chi decide di lottare da solo, e chi decide di afferrare la Pasqua, di ricevere l'aiuto che porta quella pietra rimossa e quella tomba vuota.
Se lo accetti, puoi guardare dentro la tomba, come hanno fatto Maria di Magdala, Maria di Cleofa e Salome:
“Perciò entrarono nella tomba e videro, seduto sulla destra, un giovane vestito di bianco. Le donne si spaventarono, ma l'angelo disse: "Non meravigliatevi. State cercando Gesù di Nazaret che hanno crocifisso? Non è qui, è risorto! Ecco il posto dove avevano messo il suo corpo.”(Marco 16:6 VP)
“Chi ci rotolerà la pietra?”
Gesù lo ha già fatto. Lo ha fatto per dare a te la sua stessa potenza. Devi solo varcare la soglia di quella tomba vuota, ed accettare la resurrezione.
Preghiamo.
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Sarebbe bello non cadere mai... Perché non è tanto la prima caduta che fa male, ma l'ennesima caduta dopo cento cadute. Cosa fai quando cadi? Quando cadi hai tre sostegni potenti: la fede, la Parola e le preghiera. Perché sarebbe bello non cadere mai, ma quanto è più bello rialzarsi, e vincere, dopo essere caduti tante volte!
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Predicatrice: Lucia Pedoto
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Oggi vorrei cominciare guardando un video insieme:
Era la prima, o forse la seconda, lottava proprio per il podio, ma è caduta. Chissà quante ore, quanti giorni, quanti mesi, quanto si sarà preparata quell'atleta per poter arrivare a correre cos, a questo livello. Chissà quante volte in allenamento o durante altre gare sarà già caduta, perché gli atleti corrono e perciò cadono, Chissà quante volte avrà provato ad evitare quell'appoggio difettoso che fa sempre.
Caspita corri veloce, però poi quando metti giù piede d'appoggio male perdi equilibrio; quanto ci avrà lavorato col suo allenatore su questo? Era pronta però, aveva raccolto tutte le energie in suo possesso, stava dando il 100%... Era lì, o prima o seconda...
Ma niente è ricaduta sempre su quel piccolo dettaglio: un piede messo male. Pensate, il corpo la grandezza del corpo, e un piede appoggiato male in velocità. Si sarà sentita sconfortata, si sarà sentita spaventata stava, mandando all'aria tutto il lavoro di mesi per un semplice errore; aveva pochi secondi pochi centesimi di secondo per capire cosa fare
Ormai era per terra; aveva solo due scelte: tante da prendere per i pochi millesimi di secondo che le restavano. Poteva smettere di gareggiare; certo avrebbe dovuto alzarsi, non poteva certo rimanere lì sdraiata per terra a fare un pisolino. Comunque doveva alzarsi e magari riprendere la corsa giusto per salvare un po' l'orgoglio, ormai l'avevano distaccata di metri e metri, e in questo sport sono molti. Avrebbe comunque perso. Però poteva rialzarsi, correre un po' lentamente, così, almeno da arrivare alla fine del traguardo; come si dice ”The Show Must Go On”, fino alla fine; ti rialzi e vai.
Oppure l'altra scelta era:”Sì, sono caduta di nuovo! Sì, sempre su questo errore! Sì, di nuovo, ma non mi importa, non mi frega stavolta! Quale sarà il risultato, mi rialzo e corro di nuovo al 100%, come prima. E non penso al fatto che sono sconfortata, al fatto che ho fatto una figuraccia, al fatto che il mio allenatore, che credeva in me, potrebbe esserci rimasto male, alle mie le mie colleghe avversarie che stavo battendo, ma che mi sono camminiate sopra per un mio errore. Non mi interessa: io mi rialzo corro come si fa, con onestà e con forza.”
Secondo voi cosa avrà fatto questa atleta: si è ridata da fare al massimo o ha ripreso una corsa in base a quello che poteva fare? Ormai era rimasta ultima! Lo vogliamo vedere quello che ha fatto?
Sarebbe bello non cadere mai. Ma pensate che bello vincere dopo essere caduti tante volte! Ci siamo mai sentiti così come questa atleta? Sconfortati, sconfortate anche dopo tanto impegno a programmare qualcosa per poi ritrovarsi con la paura di non sapere come andrà a finire? Io no mai, assolutamente! Ovviamente, sto scherzando!
Quali sono le buche su cui cadiamo?
“Caspita, mi ero ripromesso che non avrei più dato uno schiaffo a mia moglie, e glielo ho dato un'altra volta!”
“Ho promesso che non avrei mai più aperto il mobiletto degli alcolici, e invece sono di qua di nuovo con questo bicchiere in mano.”
“Eccomi davanti l'ennesima volta a questo sito che mi ero ripromessa che non avrei più aperto.
No! Di nuovo ho lasciato a metà qualcosa che a evo cominciato... come per sempre!”
“La malattia è tornata! Eppure ho fatto tutto quello che mi dicevano i dottori... ma è tornata di nuovo! E adesso?”
“E questo lutto, questa perdita del mio caro mi fa così male ancora dopo tutto questo tempo! E adesso?”
Sconforto, depressione, preoccupazione... Sappiate che, se vi è successo, siete in ottima compagnia! Non siete soli, non siete sole! Ricordiamocelo, quando siamo proprio in quel momento del buio, quando siamo proprio in quello sconforto che non ti fa vedere nient'altro se non la caduta.
E poi, ragazzi, non so per voi come sia, ma non è la prima caduta che fa male, e neanche la seconda e la terza, perché sei fresco e ti puoi alzare; è la centesima caduta che è faticosa! Devi prenderti e rialzarti...La centunesima... Quando invece dovremmo essere già abituati a cadere a rialzarc, E invece no, sono quelle lì quelle difficili, quando cadi di nuovo, quando di muovo quel piede, mentre sei in velocità, lo appoggi male, e perdi l'equilibrio.
Perciò, in quel momento, quando vedi solo nero e pensi che sei caduto, che sei caduta per la centesima volta, non sei solo, no sei sola; e la Bibbia ce lo dimostra.
Giobbe aveva perso tutti i figli, il bestiame le ricchezze, e in ultimo la salute. Quante volte ci facciamo un taglietto sulla mano e ci brucia da morire quando condiamo l'insalata? Lui aveva dalla pianta del piede fino alla sommità del capo un'ulcera; nudo sulla cenere si trattava com un coccio...
Sarà stato sconfortato?
“Tanto che preferirei soffocare, preferirei morire piuttosto che vivere in queste mie ossa” (Giobbe 7:15)
“Ora mi consumo, mi hanno colto i giorni dell’afflizione. (Giobbe 29:16)
E Davide? Quanti bei versetti ci ha regalato Davide di inno al Signore, di adorazione, di ringraziamento? Ma quanto è stato sconfortato e afflitto Davide?
Davide era un pastorello, viveva felice con il suo gregge quando un giorno Dio ha pensato bene di mandare Samuele, di ungerlo e di dire a questo ragazzino che aveva quindici anni che sarà il nuovo re d'Israele. E da lì una schiera di persone che vorrebbe ucciderlo... Guai su guai: era sconfortato:
“Io grido con la mia voce al Signore; con la mia voce supplico il Signore. Sfogo il mio pianto davanti a lui, espongo davanti a lui la mia tribolazione.” (Salmo 142: 1-2)
E ancora Mosè. Era cresciuto in casa del faraone; un posto di privilegi, fino a quando uccide un egiziano perché questo egiziano bastonavano ebreo. Fugge nel deserto e va a fare il pastore. Ma che fa Dio? Lo richiama, perché era un grande corridore Mosè e non voleva interrompere la sua corsa appena dopo la caduta non poteva perché avrebbe fatto comodo a tanti. E allora Dio lo richiama e gli dice: “Ho un lavoretto facile per te: vai dal faraone e digli di liberare il mio popolo. E tu lo condurrai nella terra dove vivranno felici e beati, dove scorre latte e miele.”
“Mosè rispose e disse:”Ma ecco essi non mi crederanno e non ubbidiranno alla mia voce, perché diranno: Il Signore non ti è apparso” (Esodo4:1)
”Mosè disse al Signore:”Ahimè, Signore, io non sono un oratore; non lo ero in passato e non lo sono da quando tu hai parlato al tuo servo; poiché io sono lento di parola e di lingua” (Esodo 4:10)
Mosè ha provato per un attimo a rimanere lì per terra, sdraiato dopo la sua caduta; ma poi sappiamo quello che ha fatto quando ha obbedito al Signore.
E, ancora , Paolo! Paolo se fosse vissuto nella nostra epoca sarebbe il “life coach” per eccellenza! Paolo è il motivatore dei motivatori: “Correte la vostra gara! Riceverete la corona! Non vi scoraggiate! Edificatevi! State sempre aggrappati a Dio!”
Ma anche lui si è sconfortato perché era di carne:
“Mi è stata messa una spina nella carne, un angelo di Satana, per schiaffeggiarmi affinché io non insuperbisca. Tre volte ho pregato il Signore perché l’allontanasse da me; ed egli mi ha detto: «La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza». Perciò molto volentieri mi vanterò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me. Per questo mi compiaccio in debolezze, ingiurie, in persecuzioni, in angustie per amore di Cristo; perché quando sono debole sono forte, allora sono forte.” (2 Corinzi 12:7-10)
Non si sa bene cosa fosse questa spina di cui parla Paolo; potrebbe essere una metafora spirituale, o che avesse qualcosa all'orecchio o all'occhio o un altro tipo di malattia. Però aveva qualcosa che lo faceva soffrire; la sua carne umana stava soffrendo, e ha chiesto a Dio di liberarlo da quel dolore. Dopo tutto quello che stava facendo per Dio, pure questa spina! Beh, avrà avuto tutto diritto di sconfortarsi ma non è rimasto nello' sconforto; tutti sappiamo quello che ha fatto Paolo.
E basta! Poi nella Bibbia non ci sono altri sconfortati: siamo io, Giobbe, Davide, Paolo... C'è qualcun altro che era sconfortato? Qualcuno di leggermente importante, citato proprio al volo della Bibbia?
“Allora Gesù andò con loro in un podere chiamato Getsemani e disse ai discepoli: «Sedete qui finché io sia andato là e abbia pregato». E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a essere triste e angosciato. Allora disse loro: «L’anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate con me». E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Matteo 26:36-39)
Ho letto molte volte questa parte nella Bibbia scritta dai vari Apostoli, ma non avevo mai fatto caso che Gesù lo chiede tre volte, come Paolo; tre volte Gesù fa questa preghiera al Padre.
Lo sconforto è umano, e Gesù il corridore per eccellenza, il vincitore tra i vincitori, anche lui è stato sconfortato, angosciato. E chissà Satana quanto ha gioito in quel momento dicendo : “E vai adesso se non si rialza, ce la battiamo io e te, Dio!”
Invece no: si è alzato più forte di prima. Ha abbracciato la sua croce, la nostra croce e ha vinto la sua gara.
Adesso direte : “E vabbè, sì Lucia. Sì, ci hai dimostrato che lo sconforto è normale; ce l'abbiamo tutti, pure Gesù. Ma a me non cambia niente, perché il mio cuore comunque è sconfortato, perché comunque i miei problemi rimangono. Io vedo solo buio!”
Ma abbiamo tre alleati, tre antidoti, tre armi, chiamatele come volete; tre doni preziosi che possiamo usare quando siamo sconfortati, che sono un po' come la base del soffritto quando cucinate. Qui la maggior parte siamo donne, non so se vi piace cucinare, ma piace anche maschietti adesso cucinare; sedano, carote e cipolla, la base con cui puoi fare tutto.
Il cuore sono questi tre ingredienti fondamentali del regno cristiano: Fede, Bibbia e Preghiera.
Non ci serve nient'altro; la cosa che ho fatto maggiormente stanotte e nell'ultima settimana era pregare pregare pregare pregare, e dire: “Ci sei tu lassù che controlli tutto. Non lo so dove andiamo, ma va bene così: io ci sono. Io sto qui, aspetto che tu mi faccia vedere cosa dire.” Fede, Bibbia e Preghiera.
Fede
Giobbe, il nostro amico Giobbe, l'abbiamo lasciato che era afflitto e sofferente:
“Io riconosco che tu puoi tutto e che nulla può impedirti di eseguire un tuo disegno … Sì ne ho parlato; ma non lo capivo; …Ti prego, ascoltami e io parlerò; ti farò delle domande e tu insegnami! … Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere.” (Giobbe 42:2-6)
"Io, infatti, conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo – dice il Signore – progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza.“ (Geremia 29;11)
E' come quando si va in una città che non si conosce: si mette il navigatore e ci si affida, perché il navigatore sicuramente sa più di noi. Dio è il navigatore della nostra vitan; non sappiamo i nostri passi dove ci condurranno, non sappiamo neanche cosa succederà fra due minuti... Affidiamoci a lui nel buio più profondo; ovunque ci troviamo, fermiamoci e diciamo: “Signore io vengo dove vai tu!”
Fidatevi, fidiamoci. La Fede è la prima cosa; senza di quella non si va da nessuna parte.
Parola
L'importanza della parola. Ora è facile comunicare; abbiamo WhatsApp, Messenger, prima c'era Twitter e ora i ragazzi più giovani hanno Tik Tok. Ma all'epoca in cui pochi sapevano scrivere a malapena il nostro padre Celeste ci ha lasciato la Parola; ci ha lasciato tutto scritto. E' tutto lì: dobbiamo soltanto avere la costanza di aprire quel libro e leggere:
“Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore.” (Ebrei 4:12)
”Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.” (2 Timoteo 3:16)
Preghiera
eE, per terza la preghiera. La preghiera è il filo diretto con Dio. Non dovete neanche aspettare di avere campo, di avere il cellulare carico, di aver pagato il vostro abbonamento telefonico; e wireless, ma proprio la forma top, la forma 2.2 del wireless!
La preghiera; fermiamoci e preghiamo sempre, perché è l'unico modo per metterci in contatto con il nostro Dio, e per sapere questo suo navigatore dove ci vuole condurre:
“Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù.” (Filippesi 4:6-7)
”Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera.” (Romani 12:12)
Siamo in questa gara, la dobbiamo correre, ragazzi! Lavoreremo comunque perché i nostri giorni li decide il Signore, ma a noi ci aspettala decisione di quei piccoli millesimi di secondi; i secondi in cui siamo per terra, dove non vediamo più nulla, dove sentiamo soltanto la nostra testa che ci dice che è finita, che non ce la possiamo fare ad andare avanti, non possiamo ricominciare... E' lì entriamo in gioco noi con la nostra volontà. E' lì che allora, sì, bisogna alzarsi su.
Fede, Bibbia e Preghiera... e il nostro Signore non ci abbandona!
Perciò, ricordiamoci: Dio è in controllo, la Parola mi conforta e mi fortifica, la Preghiera mi tiene in costante contatto con Dio. Eccoli i tre antidoti contro lo sconforto. Non perché le cose da lì in poi andranno meravigliosamente e voi salterete per i campi fischiettando; no. Ma perché avrete qualcuno potente all'ennesima potenza che andrà davanti a voi e se vuoi tribolate lui vi farà da scudo.
Preghiamo.
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Il piano di Gesù non era quello di risolvere solamente i problemi legati alla nostra vita quotidiana, ma di risolvere in maniera globale il problema della VITA: quella scritta tutta in maiuscolo. Quella eterna! Come risurrezione e vita, Gesù sarà sempre lì, al nostro fianco per noi. Credi tu questo?
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Predicatore: Marco Delle Monache
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Immaginatevi di avere un familiare gravemente ammalato, che rischia la vita, e di sapere che c'è uno specialista che potrebbe salvarlo...e che quello specialista è amico vostro...
“C’era un ammalato, un certo Lazzaro di Betania, del villaggio di Maria e di Marta, sua sorella. Maria era quella che unse il Signore di olio profumato e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; Lazzaro, suo fratello, era malato. Le sorelle dunque mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».” (Giovanni 11:1-3)
Marta e Maria stanno affrontando davvero questa situazione:sanno che Gesù ha ridato la vista ai ciechi, ha guarito i lebbrosi e ha scacciato i demoni dagli indemoniati. E tutti questi erano per lui “estranei.”
Ma Lazzaro non è un estraneo. Anzi, Lazzaro, Marta e Maria erano grandi amici. Gesù era stato lì per i fine settimana; aveva mangiato alla loro tavola, era come uno di famiglia.
Così, sembra naturale chiedere a lui che intervenga...ma Gesù non interviene...Anzi, deliberatamente rifiuta di andare...minimizza la gravità della malattia:
“Gesù, udito ciò, disse: «Questa malattia non è per la morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio sia glorificato»” (Giovanni 11:4)
E così, accade quello che Maria e Marta temevano, quello che, chiamando Gesù, volevano evitare:
“Gesù dunque, arrivato, trovò che Lazzaro era già da quattro giorni nel sepolcro... Marta dunque disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto...” (Giovanni 11:17, 21-22)
Come si saranno sentite Marta e Maria? Confuse.? Deluse? Un po' imbrogliate? Perché Gesù non aveva guarito Lazzaro; non era stato neppure al suo funerale?
Quando Gesù arriva a Betania, Lazzaro è stato sepolto da quattro giorni. È passata un'intera settimana da quando Gesù ha ricevuto il messaggio della malattia.Lazzaro è morto quattro giorni fa; e lui stava a quattro giorni di cammino... non ce l'avrebbe fatta a raggiungere Lazzaro prima che morisse!
Però, un attimo,Gesù ha guarito il servo del Centurione a distanza...Ha guarito un “estraneo”...Perché non l'amico Lazzaro? Se lo chiedono persino le persone davanti al sepolcro!
“Ma alcuni di loro dicevano: «Non poteva, lui che ha aperto gli occhi al cieco, far sì che questi non morisse?»” (Giovanni 11:37)
Sono convinto che se lo era chiesto anche Marta, quando aveva detto: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto..." (v. 21)
Ti suona familiare? Le parole della folla non sembrano le mie, e le tue? Parole che abbiamo detto ad alta voce, o pensato tra noi e noi, davanti a momenti bui delle nostre vite? “Dio, se tu avessi fatto il tuo lavoro questa situazione non sarebbe accaduta. Se tu avessi usato il tuo potere, non saremmo in questa situazione. Ero nel bisogno e Tu non ti sei fatto vivo.”
Non c'è bisogno di stare davanti a una tomba, o di assistere alla malattia di un caro, per avere pensieri come questo. Bastano anche eventi più piccoli, inciampi quotidiani per dirle o pensare.Delusione. Confusione. Dolore. Si presenta in ogni tipo di forma.
Abbiamo fede, preghiamo, leggiamo la Bibbia, ci impegniamo verso il prossimo, siamo leali e veritieri...Perché, allora, Gesù, ti volti dall'altra parte, e non fai nulla! Dov'è Gesù quando ne abbiamo bisogno? E anche noi facciamo eco alle parole di Davide:
“Fino a quando, o Signore, mi dimenticherai? Sarà forse per sempre? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto? Fino a quando avrò l’ansia nell’anima e l’affanno nel cuore tutto il giorno? Fino a quando s’innalzerà il nemico su di me?” (Salmo 13:1-2).
La fede dice: "Gesù non ci deluderà mai", il dolore dice: "Mi sento deluso, mi sento delusa". Marta e Maria si sentivano così. Anche noi possiamo sentirci così.
“Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Marta gli disse: «Lo so che risusciterà, nella risurrezione, nell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà, e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?»” (Giovanni 11:23-26)
Gesù non voleva non guarire Lazzaro, ma non voleva SOLO guarire la malattia di Lazzaro:Il suo piano era molto più alto, mirava a dare una risposta totale, e per sempre ai problemi della vita di Lazzaro...e di tutti i Lazzaro che si sarebbero rivolti a lui...come me... come te che mi ascolti oggi!
Vedete, i momenti difficili non smentiscono l'amore di Dio. Le difficoltà della vita non smentiscono che Gesù si preoccupi.Giovanni 11:35 ci consegna il versetto più corto di tutta la Bibbia, ma il più ricco di significato per chi si trova nel bisogno, nella disperazione, nel dolore:
“Gesù pianse.” (Giovanni 11:35)
Gesù è l'Emmanuele, colui che abbiamo celebrato a Natale, il Dio con noi non solo nella gioia, non solo nella festa, ma anche, e soprattutto nei momenti bui.
Il Figlio di Dio piange con noi. Piange il nostro dolore. Sente il nostro dolore. Isaia, più di settecento anni prima,lo aveva descritto così:
“Disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti al quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna.” (Isaia 53:3)
Gesù è l'uomo dei dolori. E' colui che salirà la croce per spezzare ogni dolore, e dare una nuova vita, perché la sua morte divenga la porta attraverso cui potranno passare tutti coloro che crederanno in lui. Ma, all' epoca della morte di Lazzaro la sua morte e la sua risurrezione dovevano ancora arrivare. Nessuno conosceva ancora la potenza della croce.
Non so perché Gesù pianga; se per l'amico morto, o per la tristezza di Marta e Maria, o perché vede che la gente là attorno, anche coloro che lo conoscono e lo amano, si fermano a vedere ciò che c'è ora, e non ciò che ci sarà... se crederanno...
“Credi tu questo?” (v.26)
Mentre la gente lo critica perché lui era arrivato in ritardo per i miracolo, è come se lui dicesse:"Aspettate un attimo, qui c'è in gioco molto di più. Non la vita, la VITA, quella scritta tutta in maiuscolo! Quella eterna! Io sono la risurrezione e la vita".
Ci preoccupiamo tanto di cose come il matrimonio, la carriera, la posizione sociale. Siamo occupati, e preoccupati di tante cose durante le nostre giornate, diamo priorità a tutto...ma dimentichiamo la parte più importante...Marta lo aveva appreso da Gesù, quale fosse la parte importante:
“Marta aveva una sorella chiamata Maria, la quale, sedutasi ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Ma Marta, tutta presa dalle faccende domestiche, venne e disse: «Signore, non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta».” (Luca 10:39-41)
Dovremmo essere più Maria, fermarci ad ascoltare il Maestro di più...e ci ritroviamo ad essere tante Marta, indaffarate, preoccupate, sudate... lamentone...
Gesù, davanti alla tomba del fratello, stava ricordando a Marta, ancora una volta, la prospettiva eterna che le era sfuggita durante quella visita a casa sua.Ancora una volta le chiede di concentrarsi su quella!(
“Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà, e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?” (vv. 24-26)
Attenzione al verbo che usa Gesù:“Io sono”: in greco è declinato al “presente indicativo attivo”che esprime un'azione che sta succedendo nell'esatto momento in cui viene pronunciato.
Non è "Io sarò la risurrezione e la vita" ma Gesù afferma a Marta: “Io SONO la resurrezione e la vita!In questo momento tu puoi essere già risorta: sta accadendo in questo momento. Ci credi, Marta?Ci credi che puoi ottenere questo se tu ti fidi, se tu ti affidi a me, Marta?”
Gesù non si concentra solo sul superamento della morte. Gesù ci mostra come possiamo godere della vita.Gesù è venuto per dare la vita. Per darci la forza di cui abbiamo bisogno, che è più che sufficiente per affrontare i nemici che dobbiamo affrontare in questa vita.
Nemici come il dubbio. Nemici come la confusione, la delusione, la rabbia per il passato o per le ingiustizie subite. Nemici che cercano di trascinarci giù e di portarci via.Nemici che ci fanno dubitare che Gesù sia realmente interessato, che voglia coinvolgersi con le nostre vite.Ma Gesù è vicino; Gesù promette una soluzione non agli inciampi della vita ma alla vita in se...promette che, se ci focalizziamo sul dono eterno, su quella croce e su quella resurrezione che tra qualche settimana celebreremo, noi saremo vincitori.
“Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati.” (Romani 8:37)
Mi piace la parafrasi che la Bibbia “La Parola è vita” fa di questo versetto
“Ma anche se affrontiamo tutte queste cose la vittoria schiacciante è nostra, grazie a Cristo, che ci ha tanto amato da morire per noi.” (Romani 8:37 PV)
Non solo vincitori:più che vincitori, una vittoria schiacciante...vale un 7 a 0 a calcio, 6-0 6-0 6-0 a tennis, un giro di distacco al secondo in Formula 1...
Quando ci serve di ricordarcelo? Quando non raggiungiamo i nostri obiettivi. Quando le nostre aspettative non vengono soddisfatte. Quando ci troviamo in quel luogo di delusione, di confusione di "perché proprio adesso, perché proprio a me?".
Dopo tutto quello che ho detto potresti essere portato, o portata a pensare che Gesù NON si occuperà MAI di te...dei tuo inciampi, delle tue cadute. TI prego, non pensarlo mai! Non essere come Marta!
“Gesù disse: «Togliete la pietra!» Marta, la sorella del morto, gli disse: «Signore, egli puzza già, perché siamo al quarto giorno». Gesù le disse: «Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?»” (Giovanni 11:39)
Gesù si occuperà anche di quello; dei tuoi problemi di tutti i giorni, del tuo matrimonio in crisi, del lavoro che non arriva, della malattia piombata nella tua vita...della tomba chiusa... con un cadavere che puzza... Gesù intervenne nella vita di Marta e Maria, e Lazzaro visse di nuovo...e di nuovo morì...anche se era già risorto...E non sulla terra, ma al cospetto di Dio, come credente.
Immaginatevi di essere gravemente ammalati, di rischiare la vita, e non quella terrena, ma quella eterna.E di avere uno specialista che ha già vinto la morte per noi...e che quello specialista è amico vostro...
E di sapere che i momenti difficili non smentiscono l'amore di Dio. Le difficoltà della vita non smentiscono il fatto che a Gesù importa di te!
Come risurrezione e vita, Gesù sarà sempre lì, al nostro fianco per noi.
“Credi tu questo?”
Preghiamo.
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Anche se non ci siamo mai stati, ognuno di noi, ha visto almeno un deserto. Non i deserti della terra, ma quelli dell'anima: quelli della paura, della solitudine, della dipendenza, della rabbia, della povertà... Molti di noi, come Gesù e grazie a Gesù, ne sono usciti. E quel Gesù che ha vinto il deserto ci chiede di essere un ponte per altri che scavalchi i loro deserti.
---Predicatrice: Lucia Pedoto
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Siamo nella seconda domenica di Quaresima; ci stiamo avvicinando alla Pasqua. Da quello che vi ho detto dovreste avere già un po' immaginato cosa sia questa foto.
Questo deserto della Giudea, dove Gesù è stato 40 giorni. Forse ve lo immaginavate sabbioso un deserto, questo è invece roccioso.
Siete mai stati o avete mai avuto modo di vedere un deserto? Gesù è stato qui 40 giorni dopo essere stato battezzato e prima di cominciare il ministero:
“Allora Gesù fu condotto dallo spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. E il tentatore, avvicinatosi ,gli disse:”Se tu sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pani”. Ma egli rispose:”Sta scritto:Non di pane soltanto vivrà l’uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio”. Allora il diavolo lo portò con sé nella città santa, lo pose sul pinnacolo del tempio, e gli disse:”Se tu sei figlio di Dio, gettati giù; poiché sta scritto: Egli darà ordine ai suoi angeli a tuo riguardo, ed essi ti porteranno sulle loro mani, perché tu non urti il piede contro una pietra”. Gesù rispose:”E’ altresì scritto:Non tentare il Signore Dio tuo”.Di nuovo il diavolo lo portò con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria, dicendogli:”Tutte queste cose ti darò, se tu ti prostri e mi adori”. Allora Gesù gli disse:”Vattene, Satana poiché sta scritto:”Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto”. Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli si avvicinarono a lui e lo servivano. (Matteo 4:1-11)
Gesù nel deserto viene tentato, e viene tentato sul potere; viene spinto a rinnegare Dio: “ Io ti darò tutto! Stai dalla mia parte e prenderai tutto tu!” Un po' come ne “Il re leone”: l'avete visto il film quando vanno sulla rocca Simba e il padre e dicono il giovane leone: “Tutto quello che è illuminato dal sole sarà tuo.”? Lo tenta sul mettere alla prova Dio; un po' come se noi dicessimo: “Dai Dio se ci sei tu oggi mi fai trovare lavoro. Dio se è vero che ci sei oggi io guarisco da questa cosa. Dio se è vero che tu esisti perché mi è successo questo?” E' stato tentato proprio sulle cose basilari sulle quali possiamo essere tentati tutti i giorni.
La domanda che mi sono fatta è: perché Gesù è dovuto andare nel deserto? Era una prova? Cioè, Dio lo ha voluto mettere alla prova per vedere se Gesù se davvero capace di tener testa al diavolo, e allora sì, può andare avanti con il ministero? Oppure è andato per rilassarsi, della serie “Ragazzi, mi aspettano tre anni intensissimi: devo guarire, devo moltiplicare pani, devo parlare davanti a tutti... Fatemi stare' 40 giorni isolato; mi rilasso gli angeli che mi massaggiano mi sventolano...”?
Perché Gesù è andato nel deserto? Prima vi ho chiesto se siete mai stati in un deserto e la maggior parte di voi ha detto di no; scommettete che ci siete stati?
La solitudine, le dipendenze, l'avidità, la povertà, le tentazioni, la paura, la rabbia, la ribellione, lemalattie, le insoddisfazioni, i tradimenti... non è deserto questo, non sono rocce queste? Noi viviamo tutti i giorni in un deserto; noi nel deserto ci siamo nati e ci troviamo a vivere in un deserto, perché sappiamo che la nostra gioia, la nostra felicità non viene da quello che è qui.
Quindi, avete visto, neppure vi siete accorti di aver fatto in realtà un viaggio. Questo è il deserto, del deserto in cui viviamo noi credenti; ma anche il deserto in cui vive chi non crede. Ma allora perché Gesù ha avuto il bisogno di andare nel deserto, perché l'ha fatto?
“Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato.”(Ebrei4:15)
“Io sono andato nel deserto per voi!”. C'è andato perché così non ci sentissimo soli quando cadiamo e perché, quando chiediamo a lui di aiutarci a rialzarci, sappiamo che stiamo chiedendo a un Dio che lo sa che vuol dire una tentazione; lui non è caduto perché Dio, ma lo sa quanto forti siano e quanto attraenti siano le debolezze, le tentazioni. Lo sa quando gli chiediamo una mano per aiutarci a stare su.
Prima abbiamo cantato “Alzerò le mani finché la forza avrò”; quando questa forza non l'abbiamo e abbiamo bisogno, lui sa come aiutarci. Magari ci manda un fratello, di sicuro ci riempie del suo Santo Spirito, magari ci manda una parola di conforto o un aiuto proprio materiale: “Devo traslocare, mi aiutate materialmente a spostare le cose?”
Il Signore ci risponde; lo sa proprio perché ci ha capito proprio perché l'ha vissuto. Il brano di Ebrei dice che e lui “simpatizza”, cioè lui conosce le nostre debolezze perché è stato tentato come noi. Gesù quando è andato nel deserto era carne, era uomo anche se rimaneva sempre Dio. Sicuramente avrà avuto fame, caldo, stanchezza, magari si sarà anche sentito solo; lo sa che significano tutte quelle cose là. Gesù lo sa cosa siano tutte queste cose che vedete scritte in questi “fumetti”.
Ma su una cosa mi voglio soffermare. Vi avevo detto già prima che noi siamo credenti, perciò se abbiamo un problema, sappiamo a chi rivolgerci; preghiamo, ci rivolgiamo a Gesù. Ma in questo deserto ci vivono anche tutte le persone che non credono; i nostri familiari, i nostri amici, le persone che incontriamo magari per caso; vivono tutto questo e non sanno a chi chiedere aiuto. Perciò il loro deserto diventa più una sabbia mobile in cui profondano.
E allora, se noi abbiamo Gesù che ci aiuta, i non credenti chi hanno? Sapete chi hanno? Hanno qualcuno che è proprio un passo da voi, qualcuno che vedete sempre davanti a voi, è la persona giusta, e lei è quella che può aiutare gli altri.. E' davanti a voi! Chi è? Adesso vi dico le persone che Dio manda per aiutare i non credenti di questo deserto è la persona che avete davantiquando vi vedete riflessi in uno specchio. Gesù manda noi per i non credenti.; siamo la persona più adatta nonostante siamo noi stessi deboli. Nonostante noi abbiamo bisogno, siamo anche forti, equipaggiati per poter sostenere gli altri; e guardate un po' la Bibbia infatti che cosa ci dice:
“Tratterete lo straniero, che abita fra di voi, come chi è nato fra di voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto.” (Levitico 19:34)
Non ci scordiamo ragazzi da dove siamo partiti e dove ogni tanto ritorniamo pure; un po' siamo nello stesso identico punto dove stanno i nostri parenti, i nostri amici, le persone che ci ruotano intorno tutti i giorni e non hanno Gesù a cui chiedere; noi eravamo lì, non ce ne scordiamo.
Tendiamo la mano, regaliamo un sorriso, cerchiamo di essere di conforto; a volte basta semplicemente aprire un po' gli occhi e vedrete che le occasioni non mancheranno. Diamo soprattutto la speranza, quando parliamo, che ci sia ancora qualcuno che è disposto ad ascoltare, ad amare; perché è questo che a volte fa più paura a chi non crede: che non ci sia nessuno che possa amarlo.
Lo sapete, io lavoro in un bar e vedo tante persone e come carattere sono tanto estroversa. Quando entra qualcuno dalla porta già capisco se è una persona spiritosa; allora magari butto là una battuta sciocca e ci facciamo una risata o se è una persona seriosa, impostata e vedo che va di fretta magari neanche dico niente e mi limito a un buongiorno.
E poi le persone che mi colpiscono sono quelle che mi sembrano tristi, perse, con gli occhi smarriti. Quelle sono le persone che più mi toccano il cuore e con loro piano piano cerco sempre di rompere il ghiaccio, di fargli dire almeno una parola di modo che per un secondo possano pensare a quello che hanno.
C'è stato un signore in particolare che entrava col suo cappotto lungo, serissimo, una faccia che proprio non mi piaceva all'inizio. Entrava, io gli dicevo buongiorno; lui le prime volte penso che neanche mi salutasse. Poi ha iniziato a salutarmi, si è sciolto un po', e allora ci salutavamo normalmente. Un giorno, nonostante io lo vedessi così serio, gli ho lanciato una battuta; volevo scherzare con lui... e lui ci è stato. Ora questo signore entra e con me, parla, scherza; sono due volte che mi vede fuori, una volta ero al telefono e si è fermato ha tirato giù il finestrino e mi ha salutato, mi ha detto:” Ehi che sta a fare qui fuori? Non fai niente?” Un'altra volta m'ha trovato sempre fuori che pulivo e c'era un signore anziano con lui che già veniva al bar, e ho capito che era il padre; si è fermato, mi ha salutato ed è andato via.
Qualche tempo dopo il padre è venuto al bar e sentite che mi ha detto: è passato davanti alla cassa (io ero in cassa in quel momento) gli ho dato come sempre uno dei miei sorrisi, e gli ho chiesto:”Dov'è il ragazzo, dove l'ha lasciato oggi?” riferendomi al figlio. Mi ha risposto:”Signora, con lei ci parla! Ha detto che è una persona solare, è speciale!” Non gli ho risposto non ho saputo che dire.
Questa è una cosa da sottolineare; è da notare che il figlio abbia parlato con qualcuno! Ma, ragazzi, ma che deserto è questo se le persone notano un semplice scambio di parole, una risata, una battuta un po' di confidenza che due persone che non si conoscono si scambiano per un secondo? Ma non siamo forse nel deserto?
Perciò, lo vedete quanto basti poco? Teniamo gli occhi aperti perché basta veramente poco, e ricordatevi che è vero che ognuno di noi vive il proprio deserto, ognuno di noi ha i propri problemi e le proprie cose da fare, ma noi abbiamo Gesù! Quelli fuori non hanno Gesù!
Perciò il Signore vi sta lanciando una sfida chiedendovi di vivere in Quaresima con lui fino alla Pasqua, ovviamente con la speranza che se uno si abitua ad avere un comportamento lo possa mantenere. E la sfida è: tenete gli occhi aperti, guardatevi intorno, regalate sorrisi, cercate di scambiare le parole con qualcuno. Cercate chi è triste, abbattuto e ha solo bisogno che magari voi gli date un buongiorno... Ma che vi costa?
Ragazzi, noi non lo possiamo sapere: e se noi fossimo un ponte fra quella persona che vive nel deserto e Gesù ? Chi lo sa? Io sono pronta, sono, prontissima che questo signore mi chieda o indica qualcosa sul fatto che sono diversa dagli altri, io sono prontissima a spiegargli il motivo del perché amo così tanto le persone!
Vi rendete conto che cosa potremmo essere? Potremmo essere noi il ponte tra chi non crede e Dio!
Penso che non ci sia riassunto migliore di questo:
“Ama il tuo prossimo come te stesso.” (Matteo 22:39)
E il mio prossimo non sono soltanto i miei familiari, per cui è giustissimo pregare e essere presenti, i miei amici, per cui è giustissimo pregare essere presenti, ma anche la persona che mi sfiora durante il giorno o le persone che vediamo tutti i giorni perché hanno la nostra stessa routine,
Accetta la sfida di Dio per questa Quaresima; osserva chi è vicino e dagli sollievo dal deserto in cui si trova.
E ricordati che potresti essere un ponte fra lui e Dio.
Preghiamo.
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Quando pensi alla tua vita, pensi ad un bicchiere mezzo pieno, o a uno mezzo vuoto? E come credente, cosa ti aspetti che faccia Dio? Che forse lo riempia? Lo farà... ma non attraverso le opere del mondo. Non ora, ma alla fine. Ma quando tornerà il Figlio.
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Predicatore: Marco Delle Monache
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Nei miei trenta anni di servizio come pastore di questa e di altre chiese uno degli aspetti con cui mi sono sempre dovuto confrontare era la frustrazione.
Di quale frustrazione sto parlando? No, non quella della crescita della chiesa in senso di numeri.Vivendo in un piccolo centro di una provincia poco popolata e mal collegata e in generale “refrattaria” alle novità sapevo da subito che la chiesa locale non sarebbe mai stata di centinaia, ma piuttosto di decine... e poche decine.
Vi faccio vedere fisicamente la cosa per cui ero frustrato:
Questa è l'immagine perfetta che la rappresenta: un bicchiere mezzo vuoto.
La frustrazione era di vedere come molte persone avrebbero potuto essere felici se solo avessero accettato di muoversi da dove erano. Se avessero smesso di comportarsi come bambini, di avere il complesso di Calimero (quello che dice ce l'hanno tutti con me perché sono piccolo e nero) ma avessero guardato avanti, vedendo le benedizioni e non gli ostacoli, vedendo la metà piena del bicchiere e non la vuota, e avessero accettato il cambiamento, senza cercare di utilizzare i vecchi metodi del mondo.
Devo dire che questa frustrazione continua ancora...perché, in fondo, anche io tendo ad essere così,a vedere ciò che manca e non ciò che c'è già.
Meno male che, leggendo la Bibbia ho trovato solidi “compagni di sventura”;da Mosè fino a Paolo.
Ed è proprio ad Mosè che voglio partire:
“Mosè e Aaronne dissero a tutti i figli d’Israele: «Questa sera voi conoscerete che il Signore è colui che vi ha fatti uscire dal paese d’Egitto. Domattina vedrete la gloria del Signore, poiché egli ha udito i vostri mormorii contro il Signore. “ (Esodo 16:6-7 a)
Con queste parole, Mosè anticipò il miracolo della manna che il Signore stava per fare a pro del popolo uscito dall'Egitto.
Che strano, non trovate, che Mosè debba dire al popolo che "questa sera" vedranno la gloria del Signore? Come mai dice così, se già avevano visto il Signore in azione più volte, sia nelle dieci piaghe d'Egitto e sia nel passaggio del Mar Rosso? Non avevano già conosciuto la potenza del Signore?
“Tutta la comunità dei figli d’Israele mormorò contro Mosè e contro Aaronne nel deserto. I figli d’Israele dissero loro: «Fossimo pur morti per mano del Signore nel paese d’Egitto, quando sedevamo intorno a pentole piene di carne e mangiavamo pane a sazietà! Voi ci avete condotti in questo deserto perché tutta questa assemblea morisse di fame!» “ (Esodo 16:2-4)
Evidentemente non era bastato; evidentemente il popolo era concentrato su quello che mancava nel bicchiere, dimenticando quello che c'era, ovvero che ERANO SALVI!
Fermati un attimo e rifletti:quali miracoli hai visto nella tua vita? E quali non hai visto, o non hai visto ancora?
Ma (e adesso, sii onesto, sii onesta),quali sono più presenti nella tua mente?A quali pensi più spesso?A ciò che già hai visto e ricevuto, o all'altro?Quale parte del bicchiere stai guardando?Il sotto, mezzo pieno,o il sopra, mezzo vuoto?
Facciamo un salto di qualche migliaio di anni, ed arriviamo a Paolo.Quando leggiamo 2 Corinzi 13:1-10 troviamo Paolo, probabilmente uno dei migliori ministri del Vangelo, che esprime una certa frustrazione nei confronti delle congregazioni di Corinto. Leggiamo 2 Corinzi 13:1-10
“Questa è la terza volta che vengo da voi. Ogni parola sarà confermata dalla bocca di due o tre testimoni. Ho avvertito quando ero presente tra di voi la seconda volta e avverto ora, che sono assente, tanto quelli che hanno peccato precedentemente quanto tutti gli altri che, se tornerò da voi, non userò indulgenza...” (2 Corinzi 13:1-2)
“Questa è la terza volta che vengo da voi.Questa è la seconda lettera. Ho già scritto in precedenza. Non sembra essere cambiato nulla...e quando arrivo lì da voi sono cavolo vostri”. Che ne dite, c'è un un po' di frustrazione nella parole di Paolo non è vero?
Paolo esprime tutta la sua frustrazione, perché vede che i Corinzi, nonostante tutto quello che avevano ricevuto da lui, ma soprattutto nonostante quello che avevano ricevuto da Gesù ( LA SALVEZZA!), stavano “ritornando indietro”.
Quello che avevano già ottenuto il bicchiere mezzo pieno, non sembrava abbastanza...e cercavano di riempirlo con “altro”, che non fosse Cristo.
Paolo esorta i Corinzi a cambiare i loro modi dicendo:
“Infatti temo, quando verrò, di non trovarvi quali vorrei e di essere io stesso da voi trovato quale non mi vorreste; temo che vi siano tra di voi contese, gelosie, ire, rivalità, maldicenze, insinuazioni, superbie, disordini...” (2 Corinzi 12:20)
Cosa è che bramano i Corinzi? Di avere tutto il bicchiere pieno! Ma Gesù non aveva detto “Ma per voi non deve essere così; anzi, il più grande tra di voi sia come il più piccolo, e chi governa come colui che serve.” ( Luca 22:26) ?
E per avere il bicchiere pieno, in questo mondo, devi fare esattamente quello che facevano i Corinzi:contendere, far uscire l'ira per prevalere sugli altri...In una parola, essere come eri prima, non cambiare.
Qui Paolo fa riferimento alla loro resistenza al cambiamento che ha causato disunità nella chiesa. Ma Paolo sapeva che la resistenza al cambiamento non solo ostacolava la crescita spirituale della chiesa, ma soprattutto quella individuale.
Quanto sei “resistente” al cambiamento? Quanto stai cercando di conservare altre coseper avere tutto il bicchiere pieno?E quanto sei frustrato o frustrata di vedere che il bicchiere rimane mezzo vuoto?
Se non lo sei affatto, alleluja! In qualsiasi momento della vita di credente tu ti trovi da curioso, a neo credente, a credente maturo, a credente stravecchio, la verità di Cristo che ti ha reso una nuova creatura ti appartiene!
Se invece hai una qualche frustrazione, piccola o grande che sia, ascolta ciò che Paolo chiede ai Galati:
“O Galati insensati, chi vi ha ammaliati, voi, davanti ai cui occhi Gesù Cristo è stato rappresentato crocifisso? Questo soltanto desidero sapere da voi: avete ricevuto lo Spirito per mezzo delle opere della legge o mediante la predicazione della fede? Siete così insensati? Dopo aver cominciato con lo Spirito, volete ora raggiungere la perfezione con la carne?” (Galati 3:1-3)
Paolo afferma: “E' da deficienti – insensati, glie lo dice due volte – pensare di ottenere con le cose del mondo( e in questo caso erano le regole della tradizione ebraica, i sacrifici, i lavaggi ecc:)la parte che vi manca ancora per essere perfetti.”; ovvero, riempire il bicchiere, avere tutto e oltre quello che abbiamo già.
Più avanti Paolo dice loro:
“Come vorrei essere con voi adesso e non parlarvi con questo tono, perché a questa distanza francamente non so più che cosa fare per voi! (C'è ben un bel po' di frustrazione qui!) Ora ditemi, voi che pensate di dover obbedire alle leggi ebraiche per essere salvati, perché non volete capire il vero significato di quelle leggi? Infatti le Scritture ci dicono che Abramo ebbe due figli: uno dalla moglie schiava ed uno da quella libera.Non ci fu niente di straordinario nella nascita del bambino della schiava. Ma il bambino della moglie libera nacque soltanto in seguito ad una promessa di Dio.” (Galati 4:20-23 PV)
In sostanza Paolo dice che Abraamo aveva provato a riempire il bicchiere dove mancava un erede che proseguisse la stirpe per adempiere alla promessa di avere una discendenza numerosa quanto le stelle del cielo con la “procreazione assistita” e i metodi del mondo mentre Dio aveva già in progetto la procreazione assistita e il metodo “miracolo di Dio”.
Quale dei due ebbe successo? Fu Ismaele o Isacco l'erede, il sostegno, la prosecuzione della stirpe, l'antenato di Cristo, la “risata di Dio” da cui viene il nome Isacco?
Paolo era frustrato:i Galati avevano tutto... in una sola parola:Cristo. Erano SALVI! Qualsiasi cosa fosse accaduta! Paolo era disposto a mettere in discussione la sua stessa vita per far sì che i Galati raggiungessero la maturità spirituale. Ma doveva fare i conti con la natura umana dei Galati.
Paolo sapeva che il cambiamento è essenziale per crescere in Cristo,ma i Galati cercavano la perfezione,il bicchiere pieno, nelle cose del mondo, nelle tradizioni, nei gesti che tutti gli altri facevano.Erano a quelle funi che si attaccavano, e non volevano mollare!
A cosa ti aggrappi del tuo vecchio io? A quale fune? Quale fune del mondo pensi ti darà ciò che desideri? Quale pensi che Dio dovrebbe lanciarti...e non lo fa... ed è per quello che scegli l'altra?
Se non ti aggrappi a nessuna fune se non quella di Cristo risorto, allora, di nuovo alleluja! Per te valgono le parole di Paolo ai Tessalonicesi:
“Voi siete divenuti imitatori nostri e del Signore, avendo ricevuto la parola in mezzo a molte sofferenze, con la gioia che dà lo Spirito Santo, tanto da diventare un esempio per tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. … la fama della fede che avete in Dio si è sparsa in ogni luogo, di modo che non abbiamo bisogno di parlarne...” (1 Tessalonicesi 1:6-8)
Se invece aspetti ancora una fune da Dio per raggiungere ciò che credi manchi alla tua vita, vorrei poterti dire che Dio te la lancerà, prima o poi...ma sarei un bugiardo se ti dicessi che te la lancerà al 100%. Potrebbe...come anche no.Perché?Perché viviamo in un mondo caduto, dove non è fatta la volontà di Dio, ma quella del mondo?
Ti ricordi come ci ha insegnato Gesù a pregare il Padre? “...sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra.” (Matteo 6:10). E' un auspicio, qualcosa che ancora non c'è,una preghiera; e si prega ciò che non è ancora accaduto, affinché accada.
E tu mi dirai: “Che bella prospettiva Marco!Allora il mio bicchiere resterà per sempre mezzo vuoto!”
La risposta è: no! E non lo dico io, ma Paolo: ai Galati aveva detto:
“Siete così insensati? Dopo aver cominciato con lo Spirito, volete ora raggiungere la perfezione con la carne?” (Galati 3:3)
Paolo dice che c'è una perfezione da raggiungere, ma non con la “carne”, con il mondo.Ma quando?
“Sono sicuro che Dio, che ha cominciato in voi la sua opera, vi aiuterà a crescere nella sua grazia fino a completare questa sua opera in voi il giorno in cui Gesù Cristo tornerà.” (Filippesi 1:6 PV)
Ci sarà un giorno in cui Gesù tornerà a riempire tutto ciò che manca, a farlo traboccare:
“...adesso possiamo vedere e capire soltanto molto poco di Dio, come se guardassimo in uno specchio appannato. Ma un giorno lo vedremo, faccia a faccia, e lo conosceremo completamente. Ora tutto quello che conosciamo è confuso e annebbiato, ma allora vedremo tutto chiaramente, proprio come il Signore vede nel mio cuore in questo momento.” (1 Corinzi 13:12 PV)
Cosa vede in questo momento nel tuo cuore Cristo? Vede qualcuno o qualcuna che accetta la misura della sua vita mezza piena perché la reale pienezza arriverà soltanto quando Gesù tornerà?
Nei miei trenta anni di servizio sono stato spesso frustrato nel vedere credenti “tiepidi”. Ma il Signore ha più spesso riempito il mio bicchiere con la vita di credenti caldi, ferventi, che avevano capito quando il loro bicchiere sarebbe stato riempito da Cristo e hanno vissuto la loro vita in attesa di quel giorno del giorno in cui Cristo sarebbe tornato.
Preghiamo.
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Come è possibile che un leone divenga agnello? E perché dovrebbe farlo? Gesù l'ha fatto per noi, per lavarci col suo sangue... E per darci l'esempio di avere il coraggio di un leone e la mitezza di un agnello per parlare al mondo di lui.
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Predicatrice: Lucia Pedoto
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Cominciamo con questa immagine di un leone e un agnello assieme. Spero e penso che questo sia un fotomontaggio perché quel povero agnellino non credo che avrebbe fatto una bella fine lì davanti a questo bel leone maestoso.
In questa foto ci sono questi due animali così diversi fra loro; possiamo dire che in comune hanno solo le quattro zampe, e basta Se pensate al leone, che caratteristiche ha un leone? Grande, potente, feroce... Quali sono invece le caratteristiche dell'agnello? Come ve lo immaginate? Indifeso, piccolo rispetto al leone.
La nostra Bibbia parla di questi due animali:
“Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi oserà farlo alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, finché verrà colui al quale esso appartiene e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli.” ( Genesi 49:9-10)
Qui è Giacobbe che parla a Israele e sta benedicendo i suoi 12 figli che sono le12 tribù che poi conosciamo nella Bibbia; vengono nominate più volte e questa è la parte in cui benedice Giuda.
Gli dice:”Sei un leone, un leone che si stabile nessuno potrà smuoverlo, non sarà tolto lo scettro a Giuda né il bastone del comando.” Chi è che ha lo scettro? Un re, e da Davide in poi tutti i re che sono stati i re ufficiali che ci ha avuto Israele sono discesi tutti dalla tribù di Giuda.
Questo di cui parla Genesi poi si è riscontrato nei secoli a venire. È vero, nessuno più ha potuto togliere lo scettro a Giuda, fin quando poi arriverà colui al quale esso al appartiene, fin quando non arriverà Gesù; noi sappiamo che Gesù è discendente di Davide e di Giacobbe.
Quindi immaginiamoci questo leone fiero. Pensate di essere nella foresta e il leone è il nostro re; siamo al sicuro, lui è fiero, è potente, è coraggioso, tutti lo temono, possiamo stare tranquilli.
Questo è il nostro Gesù, un leone, un re che ci protegge... Però, se andiamo avanti a leggere nella Bibbia, troviamo anche queste parole:
“Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l’agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca.” (Isaia 53:7)
“…sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai vostri padri, ma con il prezioso Sangue di Cristo, come quello di un agnello senza difetto né macchia.” (1 Pietro 1:18-19)
Che è successo? Che è successo al leone? Immaginatevi un leone possente che si fa catturare, fermo silenzioso si fa legare, si fa frustare, si fa a uccidere senza muoversi. Qui non abbiamo più il leone... ma al suo posto abbiamo l'agnello.
Quanto sono diverse queste due figure? Vi immaginate l'agnello che va a dominare nella savana, che tutti lo rispettano, e quando passa lui tutti tremano, “Guai a voi, ha parlato l'agnello!”?
Parliamo sempre di Gesù come leone e come agnello ma non mi ero mai soffermata su queste due caratteristiche; come può una persona essere descritta allo stesso tempo come agnello e come leone? Come fa un leone a diventare agnello, e un agnello a diventare leone?
E allora dobbiamo fare un salto da Genesi e passare ad Apocalisse; lì ci viene spiegato perché.
Immaginiamoci Giovanni: vive in un'isola del Mar Egeo che sta portando la Parola. Viene rapito dallo Spirito del Signore e si trova davanti un trono che sta nel Cielo.
Immaginatevi la scena: su questo trono c'è Dio, intorno ventiquattro troni più piccoli dove sono seduti gli anziani, davanti a loro un mare di cristallo, e davanti a questo trono Giovanni timido, intimorito; io mi immagino la sua ansia.
E poi, quattro creature, con occhi avanti e dietro; un libro nella mano destra di Dio dove c'è scritto dentro e fuori con sette sigilli; una scena che neanche Hollywood avrebbe saputo disegnare meglio e immaginare meglio. E questi anziani e queste creature che lodano il Signore e che si inchinano; poi si cerca qualcuno, qualcuno che possa aprire questo libro perché nessuno lo può aprire, non si può neanche guardare, soltanto chi è senza macchia, senza peccato lo può fare.
E allora Giovanni si inginocchia e scoppia a piangere perché nessuno può aprire questo libro; tutta questa scena, tutta questa grande adorazione... E poi non si trova nessuno che apra questo libro. Giovanni è disperato, piange:
“Uno degli anziani mi disse:”Non non piangere; ecco, il leone della tribù di Giuda, il discendente di Davide, ha vinto per aprire il libro e i suoi sette sigilli” (Apocalisse 5:5)
Immaginatevi come si è rincuorato Giovanni: “Meno male, hanno trovato qualcuno, il leone!”. Io penso si sarà girato per vedere il leone che arriva; intanto i ventiquattro anziani che lodavano il Signore e le creature si inginocchiano per questo leone... e poi il leone è arrivato! Leggiamo il versetto successivo:
“Poi vidi, in mezzo al trono e alle quattro creature viventi e in mezzo agli anziani, un Agnello in piedi, come immolato, e aveva sette corna e sette occhi, che sono i sette spiriti di Dio, mandati per tutta la terra. Egli venne e prese il libro dalla destra di colui che sedeva sul trono. Quando ebbe preso il libro, le quattro creature viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all'Agnello, ciascuno con una cetra e delle coppe d'oro piene di profumi, che sono le preghiere dei santi. Essi cantavano un cantico nuovo, dicendo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e ne hai fatto per il nostro Dio un regno e dei sacerdoti; e regneranno sulla terra».” (Apocalisse 5: 6-10)
E' arrivato il leone! E invece, chi è arrivato? E' arrivato l'agnello! Ma come? Gli anziani gli hanno detto sarebbe arrivato un leone potente, che solo lui poteva aprire il libro? E invece arriva un agnello; e questo agnello come era? Candido, pulito, fresco, appena pettinato con tutti i ricciolini di lana? No, aveva i segni della morte, della sofferenza...però era vivo. Era vivo! Sì è morto, sì ha sofferto, ma era vivo!
Trovo che la Bibbia ha tanti passi meravigliosi, ma credo che questo sia uno di quei passi dove veramente ti fa dire:”Caspita che Dio che ho! Come si fa a non credere in un Dio così?” E lo sapete perché il leone è l'agnello o e l'agnello è il leone? Il leone si è conquistato il titolo di re perché si è abbassato ad essere un agnello, perché si è spogliato di tutta la sua maestosità, del suo potere della sua forza.
Noi a volte ci innalziamo perché chissà chi ci crediamo di essere; lui si è spogliato, e come un agnello mite, mansueto e indifeso si è fatto uccidere per noi; perciò Gesù è il leone e agnello, è primo e ultimo, è sangue intenso rosso ma che lava e pulisce e sbianca.
Gesù è morto ma è una morte che salva e dà la vita; se non è perfezione questa! E' perfetto in tutto, è l'alfa e l' omega,; in lui c'è tutto, possiamo trovare qualsiasi caratteristica.
E noi? Vi ricordate di Efesini 5: 1 lo diciamo spesso questo versetto:
“Siate dunque imitatori di Dio, come figli amati...” ( Efesini 5: 1 a)
Che facciamo noi, come ci posizioniamo in questa storia? Come possiamo essere leone e agnello in questa società? Se siamo nati in questo periodo e in questa società è perché noi qui dobbiamo essere devoti all'Agnello; qui potremmo parlare giorni e giorni, ore ed ore, ci sono tantissimi versetti nella Bibbia che ci dicono di come possiamo essere leoni e agnelli. Ne parleremo nel dettaglio un'altra volta, però adesso è giusto che ci riflettiamo qualche minuto, perché così possiamo mettere in pratica da subito, da quando usciamo da qui, quello che abbiamo imparato oggi sul nostro Signore:
“Ecco, vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe” (Matteo 10:16)
Non avevo mai fatto caso di quanti animali si parli nella Bibbia!
”Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.” (Matteo 28:19)
”Non ti prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.” ( Giovanni 17:15-16)
E qui è Gesù che parla! “Vi mando... Andate..” Non è un : “Ragazzi se fate quattro chiacchiere con la gente...”. Ma è :“Andate! Io vi mando, io, il Signore!” Qui Gesù dice ala Padre di non toglierci dal mondo ma di aiutarci perché il maligno ci attaccherà; più cerchiamo di farci forza e più ci succede di tutto. Il maligno ci attaccherà; ma che abbiamo noi? Abbiamo Gesù che sta pregando per noi e ha cominciato da tempo e tempo.
È così che dobbiamo essere; pecore, agnelli, dobbiamo stare nel mondo, dobbiamo stare in mezzo alla gente. Magari anche facendo due chiacchiere con la cassiera che ci sta passando il conto, oppure con chi è prima di noi nella fila al supermercato o magari con qualcuno al bancone dei surgelati. Una parola ai nostri amici, ai nostri parenti, ai nostri colleghi di lavoro. Certo Adesso ci sono anche i social, e perché no, magari si può parlare con la gente anche attraverso i social. Ma per stare nel mondo, per mischiarsi con il mondo, bisogna essere leoni per farlo.
Mettersi in gioco, amare gli altri; bisogna essere coraggiosi per farlo, perché spesso sappiamo che diamo il nostro amore agli altri, che diamo la nostra disponibilità, ma la maggior parte delle volte non ci viene dato niente in cambio. Quante volte siamo stati delusi e feriti da qualcuno, e ti viene da dire: “Io non faccio più niente per nessuno”; è lì che dobbiamo essere leoni ruggenti, con coraggio. Continuare a mischiarci a darci agli altri... però come agnelli, umili, pronti ad ascoltare.
Spesso le persone hanno solo bisogno di raccontarsi; perché abbiamo mille modi per comunicare, WhatsApp, Facebook Instagram, Skype Google Meet, i più giovani Tik Tok … Si può comunicare in mille modi, ma la maggior parte della gente è sola, non parla con nessuno.
Quindi siamo umili, ascoltiamo gli altri, confortiamoci con gli altri. Diamo sempre una parola positiva, lasciamo magari il nostro posto se serve a qualcun altro, che noi poi possiamo farne almeno. Cerchiamo di non averla sempre vinta, lasciamo anche correre; immoliamoci per gli altri per amore di Gesù, perché lui l'ha fatto per noi.
Riassumendo: andiamo nel mondo, stiamo con gli altri, troviamo sempre l'occasione per poter parlare con gli altri per poterci mettere a disposizione come coraggiosi leoni. Portiamo la parola
del Signore anche quando sappiamo già che ci snobberanno, non ci staranno a sentire. Quello non ci deve interessare; facciamolo.
E spogliamoci, come agnelli, sacrificando noi stessi per gli altri.
Amen.
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La chiesa non è qualcosa di statico, ma è qualcosa di dinamico, che cambia a seconda di come cambia la società, con il fine di continuare a fornire alla gente un ponte tramite cui raggiungere Dio. Ma il cambiamento sarà efficace in funzione di quanto noi saremo disposti a cambiare noi stessi per costruire quel nuovo ponte.
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Predicatore: Marco Delle Monache
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Questa mattina voglio iniziare il messaggio parlandovi di un ponte: questo.
Quale è la vostra reazione guardando questo ponte? Di sicuro vi starete chiedendo:“Chi è quell'idiota che ha costruito un ponte sulla sabbia e non sul fiume?”
Avete qualche idea perché abbiano costruito quel ponte che porta da un pezzo di deserto ad un altro pezzo di deserto identico al primo?
Il Ponte di Choluteca si trova in Honduras,e non è l'opera di un folle;era stato costruito per collegare le due sponde del fiume Choluteca e facilitare il trasporto delle persone e delle merci.
Nel 1998 l'uragano Mich devastò gran parte delle infrastrutture dell'Honduras...ma non il ponte Choluteca, che rimase quasi intatto.Il problema reale è che l'uragano aveva risparmiato si il ponte...ma aveva deviato il corso del fiume!
Gli ingegneri civili honduregni si trovarono davanti ad un problema:come collegare di nuovo i due lati del fiume. Avevano tre possibilità:
1. deviare nuovamente il fiume per farlo passare di nuovo sotto il ponte;
2. allungare il ponte fino a farlo arrivare dall'altra parte del fiume;
3. o più semplicemente lasciare il ponte dove stava e costruirne un altro da un'altra parte.
Indovinate quale scelsero? Ovviamente, la terza.
Era la scelta più semplice? No, perché bisognava fare un nuovo progetto per un nuovo ponte, trovare il posto giusto, i giusti materiali, eccetera.E non era nemmeno la scelta più economica, perché bisognava cominciare a ricostruire da zero.
Semplicemente, era la scelta più logica, quella che veniva incontro alle necessità delle persone:tornare a raggiungere l'altra sponda, essere connessi con il mondo al di là del fiume.
Tu mi dirai: “Che c'entra, Marco, questa lezione di ingegneria civile con la nostra chiesa?”
C'entra a pennello, perché è l'esatta situazione in cui ci troviamo noi, adesso.
Abbiamo detto tante volte che noi volevamo come chiesa essere un “ponte” attraverso cui le persone potessero raggiungere Cristo.
Allo stesso modo abbiamo detto che la nostra chiesa non è un “lago”, un posto dove i credenti arrivano e rimangono, rendendolo sempre più pieno, ma piuttosto un approdo su un fiume, dove le persone attraccano per un po',vengono dissetate e nutrite, prima di riprendere la navigazione.
Questo era il progetto originario, quello che nel 2000, ventitre anni fa, avevamo studiato Michele, Bernardino ed io ancor prima che la chiesa fosse fondata.
E all'epoca avevamo progettato diversi ponti per raggiungere le persone, diversi porti dove potessero attraccare. Solo che, ventitre anni dopo, il fiume si è spostato, e quei ponti e quei porti non sono più efficaci, perché il fiume non passa sotto o a lato.
Allo stesso modo degli ingegneri honduregni abbiamo tre possibilità per continuare ad adempiere il Grande Mandato.
La prima è cercare di riportare il fiume sotto, ovvero trascinare a forza le persone agli studi o in chiesa, anche se il mondo è cambiato.
Ventitre anni fa il mondo era differente. Qualche esempio? Non esistevano i “social”, le persone utilizzavano gli sms e non esistevano gli smartphone. Potei farvene molti altri, ma fermiamoci a questo, che è forse uno dei più evidenti.
La seconda strategia possibile, come per gli ingegneri, è quella di “allungare” il ponte, ovvero sforzarsi ancora di più a fare le cose che facciamo adesso come le facciamo adesso rincorrendo l'altro lato del fiume (le persone) nella speranza non si muova troppo velocemente altrimenti è finita.
Questo è il modello di cambiamento che molte chiese adottano: si intensificano gli incontri, più studi, più riunioni di chiesa, più evangelizzazioni in piazza.
Allo stesso modo dei saggi ingegneri, c'è da valutate se lo sforzo fisico, e quello economico, saranno ripagati da un risultato; le statistiche dicono di no.
Allora, non rimane che la terza possibilità: dimenticarsi del vecchio ponte, e costruirne uno nuovo.
Che significa questo? Significa, come chiesa, non avere paura del cambiamento. Per raggiungere le persone in modo efficace, è necessario essere disposti ad adattarsi e cambiare, mantenendo sempre l'essenza della fede cristiana, ma trovando nuovi e innovativi modi per comunicare e condividere il messaggio con il mondo.
E' quello che sta accadendo nella chiesa.Ve ne siete accorti già da qualche settimana. Il culto sta cambiando, le attività cambieranno anche quelle. Anche questo messaggio è “differente”dai miei soliti:vedrete che ci sono pochissimi versetti, così che possiate ricordarli meglio, meditarli, e lasciare che il Signore vi parli attraverso di essi.
Il primo versetto su cui voglio meditiate,è uno di quelli famosi,ma voglio pensiate a come si applichi a tutto quello che abbiamo detto fino ad adesso circa il cambiamento:
“La mèsse è grande, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il Signore della mèsse perché spinga degli operai nella sua mèsse.” (Luca 10:4)
Quando pensiamo alla parola “messe”dobbiamo pensarla nel suo significato di origine, ???????? - therismos; in greco, ma anche in italiano, non è "grano che sta sta nel campo", "raccolto" e basta, ma "grano pronto ad essere raccolto", già maturo, che non aspetta che di essere mietuto. Gesù ci chiama ad essere operai, perché, dice, non c'è che da raccogliere.
“Allora – potresti chiedermi – cosa c'è di sbagliato in noi che non cresciamo?” . Attenzione a valutare il raccolto con gli occhi.L'ha detto due domeniche fa Lucia:“Invece di guardare le sedie piene e quindi la montagna che Gesù ha spostato per farci venire fino a qui la domenica mattina, guardiamo quelle vuote”.Questa è la visualizzazione come “cloud” dei nomi delle persone che hanno frequentato la chiesa dalla sua fondazione nel 2004 ovvero negli ultimi 18 anni per almeno 4 mesi:sono 126. Se avessi compreso anche quelle prima della fondazione quando eravamo solo una “cellula di Monterosi”, ovvero dal 2000, saremmo a poco meno di 200.
Se avessi compreso anche quelli che hanno frequentato per almeno un mese saremmo intorno ai 240.
Questo è il grafico dell'andamento dall'inizio della nostra chiesa:vi salta all'occhio qualcosa? Siamo (più o meno) la stessa quantità di persone con cui abbiamo iniziato la chiesa: 15!E in vent'anni siamo stati capaci di nutrire, dissetare, accogliere 240 persone! Senza contare tutti quelli che hanno letto, ascoltato o visto i messaggi domenicali sul web!
Siamo stati un ponte per 240 e passa persone...in 15! La messe è pronta, ma il fiume si è spostato.
C'e stata una persona, tal Jodocus van Lodenstein, in Olanda, a metà del 1600 che disse questa frase: “Ecclesia semper reformanda est”, ovvero “La chiesa si deve rinnovare continuamente”. Su questa frase si basò Marin Lutero per la sua Riforma. Noi ci troviamo nella perfetta condizione di cambiare, di costruire nuovi ponti, nuovi approdi...se...
Se accettiamo di cambiare noi stessi: l'efficacia dei ponti che costruiremo sarà in base a quanto saremo capaci di cambiare ciascuno di noi singolarmente. Perché è vero che la chiesa “semper reformanda est”, ma il credente lo è anche di più: Paolo dice:
“Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà.” (Romani 12:2)
I ponti che la nostra chiesa costruirà saranno efficaci a seconda di quanto noi saremo in grado di cambiare noi stessi.
Avete tra le mani un foglio di carta, vi prego di scrivere in cima ad esso:“Io voglio che la mia mia chiesa sia più...” e sotto l'elenco delle cose che vorrete vedere cambiate, dei ponti che volete vedere costruiti,dei porti che volete che la vostra chiesa offra alla “messe”.
Vi farò due esempi completamente "a caso", che non riguardano né voi né questa chiesa, ma che sono possibili "più" che vorreste avere nella vostra comunità.
Per esempio: “Io voglio che la mia chiesa sia più ospitale”:ricordati che tu sei “la chiesa”, sei un pezzo della chiesa, na parte del corpo di Cristo. Per cui, se questo è il tuo desiderio, poniti la domanda: “Come posso essere io più ospitale?”
Oppure: “Io voglio che la chiesa aiuti di più le persone bisognose”come parte della chiesa,l a tua domanda sarà:“Come posso io aiutare i bisognosi?”
Lo sai perché ti incoraggio a fare questo? Perché è Gesù che te lo chiede... io faccio solamente eco a lui:
“Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro; perché questa è la legge e i profeti.” (Matteo 7:12)
Mi piace molto la parafrasi che fa di questo versetto la Bibbia “The Message”:
"Ecco una semplice regola di comportamento: Chiedetevi cosa volete che gli altri facciano per voi, poi prendete l'iniziativa e fatelo per loro". Sommando la Legge e i Profeti di Dio si ottiene questo risultato.” (Trad.- Matteo 7:12)
Conclusione
Paolo ha detto:
“...cerco di adattarmi ad ogni tipo di persona, purché possa parlargli di Cristo, e Cristo lo salvi. Tutto questo lo faccio per amore del Vangelo e per ricevere anch?io con gli altri le sue benedizioni.” (1 Corinzi 9:22-23 PV)
La Chiesa deve essere pronta a cambiare le sue strategie; ma per cambiare le strategie, per costruire nuovi ponti, per fornire nuovi approdi non servono gli “specialisti”.
Persino un nuovo pastore sarebbe inutile, se non avesse dinanzi persone disposte a essere loro stesse il cambiamento. Gesù non ha detto che il problema fosse la mancanza di predicatori, o di pastori, o di missionari, ma di OPERAI!
Come operaio nella chiesa, ciascuno deve essere pronto, ciascuna deve essere pronta a farsi carico di essere il mattone di un nuovo ponte, ognuno per parte sua, ognuno a prendere un po' di peso per formare i piloni che sostengono la via di Cristo offerta al mondo.
Sei pronto, sei pronta ad essere un pezzo del pilone su cui Gesù costruirà nuovi ponti?
Ma, soprattutto, sei pronto, sei pronta, a cambiare te stesso, te stessa per esserlo?
Preghiamo.
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Cosa è la chiesa? Un edificio, oppure un gruppo di persone chiamate? E quale è lo scopo della chiesa? Riunirsi, o andare a testimoniare di Cristo?---Predicatrice: Lucia Pedoto
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In questi ultimi mesi abbiamo dato parlato di questa chiesa di come sarebbe cambiata: questo non è un nuovo inizio, questo è semplicemente una fase di un passaggio.
Dove porterà il Signore questa chiesa? Cosa possiamo fare per la chiesa? Ma, veramente, dovremmo chiederci cosa voglia dire questa parola: chiesa. Quante volte l'abbiamo pronunciata senza forse soffermarci veramente su cosa significhi quando noi pensiamo alla chiesa?
Che cos'è la chiesa? E' un edificio? Di certo no! E allora ho cercato il significato: non il significato della parola in se stessa, perché, se voi cercate sulla Treccani, la chiesa è un locale religioso. Io ho cercato di trovare cosa sia una chiesa per Dio, per il Signore.
La parola chiesa viene dal greco “???????? - ekkl?sía:” e significa “assemblea di coloro chiamati fuori da...” Assemblea a sua volta deriva dall'ebraico e significa “adunanza”. Ecco che cos'è la chiesa: siamo tutti noi. La chiesa è l'insieme di quelli che hanno accettato la salvezza di Cristo.
Al capitolo 2 di Atti, dal versetto 46 al versetto 47, Luca scrive:
“E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo.” (Atti 46:47 a)
Il popolo vedeva: questo è anche un esempio, questo è anche dimostrare Gesù.
Paolo in Efesini ci dice così:
“Così dunque non siete più né stranieri né ospiti; ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio. Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore. In lui voi pure entrate a far parte dell’edificio che ha da servire come dimora a Dio per mezzo dello Spirito.” (Efesini 2:19-22)
Vi rendete conto che grande onore ? Noi siamo delle pietre che servono per completare l'edificio Santo a Dio; come fondamenta ci sono gli apostoli, i profeti, e come pietra angolare, la pietra che tiene tutto, c'è Gesù!
Questo è il nostro grande onore. Ci sembra adesso scontato: veniamo, sediamo, siamo in chiesa prendiamo insieme la Santa Cena … Siamo questo, né stranieri ne ospiti , siamo parte fondamentale di quello che Dio sta creando sulla Terra, siamo il luogo dove abita la sua potenza... siamo “tanta roba”!
Il mondo fuori ci fa sembrare strani: “ Ma che vanno a fare? Una chiesa in una stanza!” Ma c'è scritto: siamo qualcosa di importante! Noi siamo una pietra; ricordiamocelo quando ci troviamo nello sconforto. Lo dico a voi perché lo dico a me stessa: noi siamo una pietra di un edificio santo. Questa dovrebbe essere la cosa su cui ci dobbiamo concentrare.
Invece a volte ci facciamo distrarre dai numeri; invece di guardare le sedie piene e quindi la montagna che Gesù ha spostato per farci venire fino a qui la domenica mattina, guardiamo quelle vuote; quello non è il nostro compito!
Non siamo stati più o meno benedetti perché non siamo diventati quanti noi volevamo diventare; adesso siamo tanti ma poi, in realtà, se pensiamo a quelli che da vent'anni a questa parte sono passati in questa chiesa e non sono rimasti non siamo poi così numerosi. Al Signore non interessa; Egli ci dice: “Non è un problema vostro; voi pensate che siete un mattoncino del mio edificio, pensate che fate parte di qualcosa di importantissimo.”
Ho pensato una cosa: Dio è un dio preciso, non è casuale; se ci dice qualcosa nella Bibbia è perché sa che ci sarebbe servita. Lui ci dà tante indicazioni sui mariti, sulle mogli, sui credenti, sui figli, sui servitori e sui padroni... Ma non ci dice niente sulla sovrabbondanza delle chiese, su come gestire le chiese grandi, tipo : “Allora ragazzi se diventare duecento cominciate a fare culti alternati se no quelli giù in fondo non sentono. Mi raccomando, niente assembramenti.”
Il Signore non ci dà indicazioni di questo genere, perché lui sapeva che non sarebbe stato questo un problema, perché è più possibile che ci siano chiese vuote che chiese strapiene, perché proprio questa è la nostra battaglia.
Però fissa un tetto minimo; non c'è nessuno credente che non abbia mai letto questo versetto e nessun pastore che non abbia mai predicato almeno una volta su questo versetto; pure io, che non so niente, lo so a memoria.
Matteo 18:20: il Signore mette un tetto minimo dove dice: “Ragazzi fino a questo numero io vengo, ci sono in mezzo a voi.” Però bisogna vedere quant'è il numero: “Poiché dove sono circa una cinquantina io sono in mezzo...” Ah, no, una quarantina... Non è quaranta... allora trenta... venti...una quindicina... non mi dire che viene per meno di 10 persone! E allora significa che non me lo ricordo più; leggiamolo insieme:
“Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro.” (Matteo 18: 20)
Il Signore, lui già per due scende con la sua presenza; gli interessano i cuori. E se non interessa a lui se non c'è da lui indicazione qui dentro la Bibbia, perché ci dobbiamo occupare noi di numeri?
E' vero, all'inizio si convertivano duemila persone in un giorno, e mi immagino che macello ci fosse in quelle piazze! Ma se Paolo ha scritto 13 lettere per incoraggiare, esortare, ammonire le chiese per far sì che resistessero agli attacchi, allora non è che la nostra non è benedetta, ma è che sono proprio le chiese ad essere attaccate.
E' molto più facile scegliere di stare fuori da un gruppo chiesa che dentro; Paolo, pochi anni dopo gli apostoli, già scriveva lettere per incoraggiare tutti quei grandi convertiti a resistere.
Questa è la realtà, e il Signore lo sapeva; è per questo ci ha detto: “Non vi scoraggiate! Tutte le volte che pensate che siete poveri, io ci sono, io vengo. Il leone della Tribù di Giuda, quello che muove le montagne... io vengo. E mi scomodo anche per due soli di voi.”
Non è facile, perché noi non vediamo tanto in là come Dio; noi non ci dobbiamo occupare di questo, non è una nostra responsabilità. Quello su cui ci dobbiamo soffermare, quello che ci riguarda come chiesa è seguire l'insegnamento di Gesù, il suo esempio.
Paolo dice che è questa la cosa sulla quale ci dobbiamo concentrare:
“Siate dunque imitatori di Dio, come figli amati; e camminate nell’amore come anche Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave.” (Efesini 5:1-2)
E' questo che ci deve interessare: amiamo Dio, cerchiamo Dio, seguiamo gli insegnamenti di Gesù... tutto il resto verrà; tutto il resto se lui vorrà, verrà.
Non sappiamo che tassello siamo in questo piano infinito del Signore; io mi divertivo un po' a pensare e a ragionare coi miei ragazzi: "Chissà se magari Janet, Marco, Lucia e Claudio hanno fondato questa chiesa perché poi noi dovessimo apprendere l'insegnamento di Gesù per poi darlo ai nostri figli e i nostri figli magari ai loro figli che diventeranno, che so, magari ambasciatori di Dio chissà dove?"
Non aspettiamoci le risposte che vogliamo quando le vogliamo; noi siamo parte di un piano immenso. Tutte le cose cooperano alla fine per il piano di Dio. Preoccupiamoci di essere imitatori di Gesù.
Non avevo mai notato una cosa: in Matteo, Gesù, ancora prima di darci il Grande Comandamento e il Grande Mandato ( se volete lo trovate al capitolo 22 da 37 a 39), ancora prima , al capitolo 20 ci dà un altro mandato:
“... chiunque vorrà essere grande tra di voi, sarà vostro servitore; e chiunque tra di voi vorrà essere primo, sarà vostro servo; appunto come il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti.” (Matteo 20:26-28)
Ecco ciò che dobbiamo fare; Gesù poteva venire e comandare a tutti:” Allora tu questo, tu questo, tu questo...” Invece è stato il primo a servire; guariva, aiutava, ascoltava. A volte è più importante ascoltare; le persone hanno bisogno anche di questo tipo di aiuto.
Pensate se quel giorno avesse scelto qualcosa di eclatante, come far cadere il sole dentro l'acqua in un fiume: chi è che non avrebbe creduto a un evento del genere? E invece no; lui con molta umiltà, con il suo corpo da uomo ha deciso di morire. Ci ha servito, ha dato la sua vita per noi; una vita sola per il riscatto di tanti. Questo ci deve interessare; di questo ci dobbiamo preoccupare, questo deve essere il nostro pensiero. E noi possiamo fare qualcosa:
“Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli della sua destra: “Venite, voi, i benedetti del Padre mio; ereditate il regno che vi è stato preparato fin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?” E il re risponderà loro: “In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, lo avete fatto a me”. (Matteo 25:30-40)
Questa è l'unica cosa che possiamo fare; possiamo pregare, continuare a pregare per tutte le persone che conosciamo affinché convertano il loro cuore al Signore; e poi possiamo dare il nostro esempio. Possiamo essere imitatori di Gesù, possiamo fare come lui fece; per prima cosa servire: è stato detto“Vi riconosceranno dall'amore che avete gli uni per gli altri.”
La Bibbia parla tantissimo di questo servizio; e più era alto il grado di vicinanza a Gesù, più dovevano servire. Vogliamo essere i primi in questo, vogliamo essere vicini al nostro Signore per quando tornerà e sarà il nuovo mondo; ma fino ad allora dobbiamo servirlo. Non preoccupiamoci del resto.
Quindi abbiamo capito che cosa vuol dire quando diciamo che siamo la chiesa; abbiamo capito che la chiesa non è l'edificio ma siamo noi; abbiamo capito che come chiesa abbiamo il dovere di imitare Gesù e di servire.
Adesso è il momento di continuare quello che abbiamo fatto già, ma che forse abbiamo lasciato troppo tempo in sospeso. Dobbiamo servire; qui dove ci troviamo. Dobbiamo aiutare in tutti i modi possibili; come chiesa e singolarmente, perché noi siamo due volte chiesa.
Siamo due volte chiesa perché il nostro corpo è il tempio di Dio, e sapete che il tempio fin dall'Antico Testamento è luogo in cui Dio dimora; e poi siamo chiesa come assemblea di coloro che sono chiamati a testimoniare assieme. E' una responsabilità.
Adesso è il momento di servire: io ci sono. Se voi ci siete è il momento di servire questa comunità in tutti i modi in cui si possa; pregate Dio perché possa aprire le porte di chi si occupa di questo nella società e possa farci entrare a collaborare perché, sapete, non è così semplice.
Il Signore ha bisogno di sapere chi di voi c'è, su chi può contare per questa nuova missione che ci siamo posti come obiettivo; nel frattempo quello che è il compito di tutti, anche dei più piccoli di età, è di pregare affinché il Signore ci possa usare.
Da quello vedranno che stiamo credenti, da quello verrà la domanda spontanea del mondo: “Che fai qui in casa mia?” “Sono qui perché io devo essere qui per servirti”.
Tutto il resto viene dopo.
Preghiamo.
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Gesù è venuto, ma non solamente per coloro che già credevano in Dio, non solamente per coloro che già operavano il bene, ma per tutti. E' un Dio “misericordioso, lento all'ira e di gran bontà", quello che è realmente disceso. E noi siamo chiamati ad essere suoi testimoni.---CLICCA SUL TITOLO PER ASCOLTARE IL MESSAGGIO
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Questo è il giorno in cui accendiamo l'ultima delle candele della nostra Corona dell'Avvento, quella centrale, che ci rammenta che il Salvatore è venuto.
Giovanni ha scritto:
“La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l’ha conosciuto. È venuto in casa sua, e i suoi non l’hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome, i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre.” (Giovanni 1:9-14)
La misericordia di un Dio “compassionevole, lento all'ira e di gran bontà” era stata promessa dai profeti:
«Ma da te, o Betlemme, Efrata, piccola per essere tra le migliaia di Giuda, da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele, le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni. Perciò egli li darà in mano ai loro nemici, fino al tempo in cui colei che deve partorire partorirà; e il resto dei suoi fratelli tornerà a raggiungere i figli d’Israele». Egli starà là e pascolerà il suo gregge con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. E quelli abiteranno in pace, perché allora egli sarà grande fino all’estremità della terra. Sarà lui che porterà la pace. (Michea 5:1-4)
“Perciò il Signore stesso vi darà un segno: ecco, la giovane concepirà, partorirà un figlio, e lo chiamerà Emmanuele.” (Isaia 7:14)
Queste parole venivano scritte da Michea e da Isaia attorno al 736 avanti Cristo, circa trenta anni dopo che Giona era stato a Ninive: Dio prometteva misericordia a tutto il popolo. Ed era una misericordia inaspettata; piuttosto che punire la nostra ribellione, Dio decideva di venire in soccorso... esattamente come aveva fatto a Ninive.
Giona era stato chiamato a salvare un'intera città e, forse, l'intera nazione di cui Ninive era capitale, a dimostrare una misericordia che Dio avrebbe poi esteso a “tutto il popolo” Questo fece di Giona un "estensore della misericordia".
Come ci si comporta, o come ci si dovrebbe comportare dinanzi a un Dio che elargisce gratuitamente il suo perdono? Che manda nelle nostre vite speranza, fede, gioia, pace?
Leggiamo Giona 4:5-11
"Poi Giona uscì dalla città e si mise seduto a oriente della città; là si fece una capanna e si riparò alla sua ombra, per poter vedere quello che sarebbe successo alla città. Dio, il Signore, per calmarlo della sua irritazione, fece crescere un ricino che salì al di sopra di Giona per fare ombra sul suo capo. Giona provò una grandissima gioia a causa di quel ricino. L’indomani, allo spuntar dell’alba, Dio mandò un verme a rosicchiare il ricino e questo seccò. Dopo che il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un soffocante vento orientale e il sole picchiò sul capo di Giona così forte da farlo venir meno. Allora egli chiese di morire, dicendo: «È meglio per me morire che vivere». Dio disse a Giona: «Fai bene a irritarti così a causa del ricino?» Egli rispose: «Sì, faccio bene a irritarmi così, fino a desiderare la morte». Il Signore disse: «Tu hai pietà del ricino per il quale non ti sei affaticato, che tu non hai fatto crescere, che è nato in una notte e in una notte è perito; e io non avrei pietà di Ninive, la gran città, nella quale si trovano più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, e tanta quantità di bestiame?»” (Giona 4:5-11)
Non c'è speranza, né fede, né gioia, né pace in Giona; invece di essere in città a festeggiare con i Niniviti, Giona se ne va in preda alla frustrazione.
Il versetto 5 dice che “Giona uscì dalla città e si mise seduto a oriente della città... per poter vedere quello che sarebbe successo alla città”. Giona voleva vedere la punizione, e invece vede il perdono. Giona voleva vedere il fuoco dal cielo, e invece vede la benedizione che scende dal cielo. Giona era stato mandato per essere un “estensore di grazia”. Anche se riluttante, Giona aveva comunque adempiuto ai piani di salvezza di Dio.
Esattamente come aveva anticipato attraverso Isaia e Michea, Dio diceva avrebbe mandato un Salvatore. Il piano di Dio, da sempre, non è stato quello di giudicare, ma di salvare: Giovanni dirà:
“Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.” (Giovanni 3:17)
Notate l'ultima parte del versetto: “perché il mondo sia salvato”: gli angeli avevano parlato di una “grande gioia per tutto il popolo”. Il mondo, il popolo; Natale è il compimento dell'opera di un Dio “lento all'ira e di gran bontà” verso tutti, offerta per coloro che avrebbero riconosciuto in quel bimbo, nato da una giovane donna, il Salvatore.
E' facile per noi giudicare Giona: dire “Hai sbagliato!” Dovevi subito obbedire al tuo Signore! Non dovevi essere così riluttante!”. Facile, perché abbiamo il Natale, perché abbiamo visto la misericordia, inaspettata ma promessa, di Dio scendere e farsi uomo. Giona conosceva per “sentito dire” le caratteristiche di Dio, noi le abbiamo viste.
Dio ha mandato ben più di Giona a recare la
“... buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà” (Luca 2:10)”
E noi? Quale è il nostro compito a Natale? Noi che abbiamo visto la misericordia in azione? Essere il popolo che riceve, oppure essere un Giona migliore che annuncia? Paolo ha detto:
“Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno. (Romani 8:28)
Paolo dice che che tutte le cose cooperano al bene, ed è come dire che “Dio coopera al bene"; Dio non può e non vuole operare da solo per la salvezza del mondo e del popolo. Dio da sempre ha voluto coinvolgere “quelli che amano Dio” nella sua opera di salvezza per il popolo. Coloro che amano Dio non stanno fermi attendendo che il bene gli piova addosso, ma si muovono verso il bene, lo trasmettono agli altri, sono testimoni, non riluttanti come Giona; è solo allora che Dio aggiunge la sua benedizione.
Non limitiamoci a festeggiare il Natale “tra di noi”, tra “quelli che amano Dio” , ma testimoniamolo e operiamo sapendo che la salvezza è davvero discesa sulla Terra. Perché quando non lo facciamo, possiamo diventare un po' come Giona; testimoni riluttanti della misericordia di Dio.
E cosa ne sarà di quel missionario riluttante di Giona? Dio punirà il suo atteggiamento di riprovazione perché si dimostra nei fatti “lento all'ira e di gran bontà” con i Niniviti? Incredibilmente Dio, non punisce, ma insegna qualcosa a Giona attraverso una semplice pianta.
Una piccola parentesi: nell'originale in ebraico non dice che pianta fosse, e non so perché in Italia i traduttori abbiano deciso per un ricino, che è un albero si, ma che ci mette un bel pò a diventare adulto da dare ombra e che non fa tanta ombra. Era dunque una pianta che aveva foglie larghe da dare molta ombra.
Dio fa nascere una pianta per dare ristoro a Giona; lui ne prova piacere e pensa “Dio mi sta benedicendo”. Poi Dio gli toglie la pianta, e Giona è così avvilito che chiede di morire: “ Lo sapevo ; hai fatto quello che non volevo, salvare i Niniviti che odio, ora mi togli anche la pianta e l'ombra. Sei contro di me!”
Capita anche a noi, di avere periodi in cui vediamo i frutti della nostra testimonianza, e vediamo che la nostra vita “va bene”: la famiglia, il lavoro, il mondo che ci ruota attorno... tutto vè in sintonia: Ed associamo la benedizione al nostro testimoniare; il che, può essere.
Ma poi, quando la situazione si mette male, ed in famiglia, al lavoro, nella nostra vita sorgono problemi, pensiamo “Dio non si cura più di me! Dio è contro di me! Dio mi ha abbandonato!”.
Il pericolo, per chi ha creduto in quel primo Natale, è che il nostro impegno a testimoniare agli altri della Luce discesa in terra sia definito dalle circostanze della nostra vita, non dalla nostra relazione con l'Onnipotente.
Dio sta aiutando Giona ad acquisire una prospettiva differente, più alta; a smettere di pensare solo a se stesso, a smettere di pensare solo al momento. Ad avere una prospettiva più ampia, una visione per “tutto il popolo”, non solo per una parte del popolo.
Gesù è venuto, ma non solamente per coloro che già credevano in Dio, non solamente per coloro che già operano il bene, ma per tutti. Paolo afferma:
“Come dicono le Scritture: «Non c?è nessuno che sia giusto, nemmeno uno....Tutti, senza, distinzione, sono dei peccatori senza la gloria di Dio, ma possono essere resi giusti gratuitamente, per dono di Dio, mediante la redenzione, che troviamo soltanto in Gesù Cristo.” (Romani 3:10, 23-24 PV)
Nessun giusto; tutti hanno bisogno del Dio che scende in terra e nasce a Natale.
Il Libro di Giona si conclude in modo “anomalo” per un libro della Bibbia: con una domanda che Dio fa a Giona... e a ciascuno di noi:
“Dio disse a Giona: «Fai bene a irritarti così a causa del ricino?»... «Tu hai pietà del ricino per il quale non ti sei affaticato, che tu non hai fatto crescere, che è nato in una notte e in una notte è perito; e io non avrei pietà di Ninive, la gran città, nella quale si trovano più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, e tanta quantità di bestiame?»” (Giona 5:9-11)
Nel turbine della nostra vita, possiamo tendere a dimenticare il Natale; a dimenticare che Dio è sceso in terra ed è venuto a saldare il conto per l'intera umanità, non solo per coloro che sono “del suo partito”. La salvezza doveva essere accessibile a tutti, non ad una sola casta, ad un solo popolo, ma a “tutto il popolo”. Questa è la natura di un Dio “misericordioso, lento all'ira e di gran bontà”. Questa è la natura del Natale.
Non dobbiamo mai dimenticare che siamo tenuti a testimoniare di questa misericordia in qualsiasi modo e in qualsiasi momento della nostra vita, lieto o doloroso. Quando ci sposiamo, promettiamo all'altro di amarlo e essergli a fianco e di supporto “nella buona e nella cattiva sorte, in ricchezza o povertà, in salute o malattia”. Se promettiamo questo ad un altro essere umano, come figli e figlie di Dio, siamo tenuti a una promessa ben più solenne; essere testimoni della nascita di Gesù, indipendentemente da chi siamo, cosa facciamo, come viviamo. Fare quello che fecero i primi testimoni di quella nascita miracolosa:
“Quando gli angeli se ne furono andati verso il cielo, i pastori dicevano tra di loro: «Andiamo fino a Betlemme e vediamo ciò che è avvenuto e che il Signore ci ha fatto sapere». Andarono in fretta e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia; e, vedutolo, divulgarono quello che era stato loro detto di quel bambino. E tutti quelli che li udirono si meravigliarono delle cose dette loro dai pastori. (Luca 2:15-18)
La domanda di Dio a Giona è ancora valida ai giorni nostri: e merita una risposta. Se la risposta è “Si, sappiamo che sei un Dio “lento all'ira e di gran bontà” che hai misericordia di tutto il popolo”, allora quale deve essere il nostro atteggiamento verso i mondo?
Il Natale non è solo la gioia di vedere la misericordia inaspettata ma promessa di Dio all'opera, ma anche una sfida per ciascuno che vede, crede, accetta e segue quel bimbo che diverrà un uomo e salirà il Golgota al posto nostro.
Nel mezzo di tutte le emozioni che stiamo vivendo, usciti da una pandemia, con una guerra tremenda alle porte di casa, una crisi energetica ed economica che affligge ciascuno di noi, potremmo sentire frustrazione e rabbia; la domanda per Giona vale anche per noi: «Fai bene a irritarti così?».
Il Dio “misericordioso, lento all'ira e di gran bontà”, che non vuole che nessuno perisca, ma che tutti giungano al pentimento, è realmente disceso: anche se non il 25 dicembre, ma è disceso. E noi siamo chiamati ad essere suoi testimoni.
Buon Natale.
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Gesù è disceso a Natale per portare la Gioia a tutti: non solo ai "giusti", ma soprattutto a coloro che non conoscono un Dio "lento all'ira e di gran bontà". Scendiamo in strada, e festeggiamo assieme a loro la Gioia che viene.
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Oggi è la terza domenica di Avvento, e quella che ci rammenta la Gioia. L'angelo aveva detto ai pastori:
"Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo, il Signore.” (Luca 2 10:11)
Da dove proviene la gioia nella nostra vita? Quali eventi ci recano gioia, e quali ce la tolgono?
Parlando di Giona, penso che vedere una intera città di centoventimila persone convertirsi a Dio dovrebbe portare gioia, non è vero? Sotto ogni aspetto si tratta di una campagna evangelistica di successo; tutta la città ha risposto.
Se avessi la possibilità di predicare a 120.000 persone e dieci di queste venissero alla fede, proverei gioia. Lo faremmo tutti. Sarà cos' anche per Giona? Vediamo:
“Giona ne provò gran dispiacere e ne fu irritato. Allora pregò e disse: «O Signore, non era forse questo che io dicevo, mentre ero ancora nel mio paese? Perciò mi affrettai a fuggire a Tarsis. Sapevo infatti che tu sei un Dio misericordioso, pietoso, lento all’ira e di gran bontà e che ti penti del male minacciato. Perciò, Signore, ti prego, riprenditi la mia vita; poiché per me è meglio morire piuttosto che vivere». Il Signore gli disse: «Fai bene a irritarti così?»” (Giona 4:1-4)
Giona non prova gioia, ma rabbia. Che strano profeta è lui! Giona è un profeta che conosce bene come Dio sia incline dal recedere dalle punizioni promesse: basta leggere il libro di 'Esodo e quello di Numeri; Dio è tornato costantemente indietro dalle sue decisioni anche se il popolo si è dimostrato "un popolo dal collo duro" che non è mai stato grato per ciò che Dio stava facendo.
Giona sembra dimenticare che, anche verso di lui, Dio ha cambiato idea, altrimenti sarebbe morto in fondo al mare! Dio è coerente con il suo carattere... ma questo non porta gioia a Giona.
“Anche quando ero a casa, a Gat-Efer sapevo che sarebbe successo. Sapevo che sarei andato a Ninive a predicare e che la gente si sarebbe pentita e che tu avresti perdonato. Lo sapevo. Tu sei un Dio lento all'ira e e di gran bontà, un Dio che recede dal mandare calamità. È sbagliato che tu sia così. E' sbagliato che tu perdono quella schifezza di gente dei Niniviti! Loro si MERITANO la tua punizione, Dio!””
"Lento all'ira e di gran bontà": troverete questa frase 9 volte nella Bibbia; solo che le altre volte era per vantare la bontà di Dio. Questa volta invece e per fare una ramanzina a Dio: “Dio, non si fa! Non puoi e non devi cambiare idea con quelle persone! Anzi, lo sai che c'è? La tua decisione è così sbagliata che, piuttosto di vedere i Niniviti salvi, preferisco morire. Ammazzami e facciamola finita!”
Giona ha vinto il premio per l'evangelista di successo più ingrato di sempre. Pensate quando torna a casa dalla moglie: "Com'è andato il viaggio, caro?". "Beh, ho avuto una piccola deviazione, ma quando sono arrivato lì 120.000 persone si sono pentite in meno di tre giorni". "WOW! Stupendo!". "Ma che dici! E' stata la mia peggiore crociata evangelistica da sempre".
Persone come Giona ce ne sono a bizzeffe; sono quelli che chiamo gli "estintori della gioia", ovvero quelli che vogliono spegnere la gioia di scoprire un Dio che ha misericordia di noi, nonostante tutto. Quelli che vogliono un Dio clemente con me, che sono bravo e prego, e vado in chiesa, e do la decima, e spietato con l'altro, che bestemmia, ruba e non crede in Dio, figuriamoci andare in chiesa.
Vi ricordate la parabola del figliuol prodigo? Il figlio minore prende la sua eredità e la sperpera. Il padre aspetta e, quando il figlio ritorna, corre da lui e lo tratta con il meglio. L'estintore della gioia è il figlio maggiore:
"Ecco, da tanti anni ti servo e non ho mai trasgredito un tuo comando; a me però non hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici. Ma quando è venuto questo tuo figlio che ha sperperato i tuoi beni con le prostitute, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato”." (Luca 15:29-30)
Non c'è gioia per il ritorno del fratello perduto, o per una famiglia riunita. Tutto ciò che prova è la sensazione di essere rimasto “fregato”: “Io sono quello bravo, io sono quello che merita misericordia, non lui!” . La misericordia del padre gli sembra mal riposta, eccessiva, sbagliata. E la gioia, in questo modo, si estingue
Oppure nella parabola degli operai della vigna. Gli operai che erano riusciti a lavorare alle 6 del mattino, all'inizio della giornata, per tutto il giorno hanno assistito all'arrivo di un numero sempre maggiore di operai; alle 9, a mezzogiorno, alle tre del pomeriggio e un gruppo persino alle cinque del pomeriggio. In pratica all'ultimo gruppo assunto non era rimasto che mettere a posto gli attrezzi e innaffiare le viti. Ma quando arriva l'ora della paga, tutti ricevono la stessa somma: un denaro per un giorno di lavoro, come era stato concordato tra tutti.
“Perciò, nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa dicendo: “Questi ultimi hanno fatto un’ora sola e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso della giornata e sofferto il caldo”.” (Matteo 20:11-12)
E così, negli operai delle sei di mattina, scatta il giudizio verso Dio e verso gli operai delle cinque di pomeriggio: “Non è giusto che il padrone abbia misericordia e dia a tutti la stessa paga! Noi abbiamo lavorato. Noi abbiamo sudato, noi meritiamo tutti i soldi!” E la gioia di avere una paga abbondante (pensate che con due denari il Buon Samaritano aveva offerto tre giorni di vitto e alloggio gratis al malcapitato picchiato per strada e derubato) se ne va... E non c'è gioia nel vedere che tutti hanno ricevuto un premio, anche se sono arrivati tardi.
Mostrare misericordia è sbagliato. La gioia non deve essere per tutti. La gioia deve essere riservata a pochi.
La gioia deve essere meritata, sudata , faticata... Dio non deve portare gioia a tutti, ma solo a quelli che sono giusti davanti a lui: quelli che si comportano bene, che vanno nella chiesa giusta, che pregano le preghiere giuste...
E invece, scopriamo che la misericordia, inaspettata ma promessa di Dio, ha un piano differente. Ricordate? In quel primo Natale gli angeli avevano detto:
“Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà...” (Luca 2:10)
In quel primo Natale Dio ha mostrato che egli vuole la gioia per “tutto il popolo”; per tutti quelli che ascolteranno, vedranno, capiranno, e accetteranno il dono del Natale che è in Gesù. Non per i giusti,
ma per coloro che possono divenire giusti attraverso l'accettazione del Natale, l'accettazione di un Dio che scende per salvarci. Isaia l'aveva detto:
“...per la sua conoscenza, il mio servo, il giusto, renderà giusti i molti, si caricherà egli stesso delle loro iniquità.” (Isaia 53:11)
Non siate estintori di gioia
Sapete, anche senza volerlo, ognuno di noi può divenire un “estintore di gioia”, Sappiamo di aver un Dio “lento all'ira e di gran bontà". Ma poi, quando lo vediamo in azione, e quell'azione non è come ce la aspettiamo, e non è verso chi diciamo noi... diventiamo tutti un po' Giona.
“Sapevo che tu sei un Dio benevolo e compassionevole, lento all'ira e ricco d'amore, un Dio che si trattiene dal mandare calamità. Ma quella famiglia che abita in fondo alla via, che lascia sempre la macchina in mezzo alla strada, che alza la voce quando glie lo fai notare, che tiene a tutto volume la TV alle tre di notte... Quelli che non vanno mai in chiesa.. Quelli non meritano nulla! E' bene che nessuno parli loro di Gesù. E' bene che non siano salvati. Non per loro deve arrivare il Natale!”
E lo stesso vale per tutte le varie gradazioni di “male”: da chi non rispetta lo stop, a chi scatena una guerra tra nazioni: non per loro deve giungere la gioia! Per loro ci deve essere solo giudizio!
Talvolta siamo un po' come Gobbe; Giobbe odiava i Niniviti. Li odiava a ragione. Non conoscevano Dio, il dio vero; si prostravano davanti agli idoli; uccidevano, e stupravano... La loro punizione era giusta, dovuta, richiesta. E invece, Dio li vedeva... ed aveva compassione di loro.
Tutto questo ha un solo nome: egoismo, Quando pensiamo a noi stessi come i migliori, quando reputiamo gli altri inferiori di molto a noi, siamo “estintori di gioia”, siamo egoisti. Paolo invece ha detto:
“Non fate niente per motivi egoistici, non fate niente per esaltare voi stessi. Siate invece umili, considerando gli altri con riguardo, come se fossero migliori di voi.” (Filippesi 2:3 PV)
Dio aveva continuato a vedere; Dio vede ancora quel po' o quel tanto di Ninive nel mondo, in chi governa, in chi agisce contro il prossimo, (che equivale ad agire contro di lui). Dio vede quel po' di Ninive che c'è in ciascuno di noi... e, nonostante tutto, manda la sua soluzione finale... e si pente del male che avrebbe a ragione potuto farci, se lo accettiamo.
La manda tra i peccatori, non tra i santi, perché i santi non hanno bisogno della misericordia inaspettata di Dio, ma i peccatori si! E chi più pecca, di più misericordia ha bisogno, affinché possa provare la gioia di essere compreso accettato, salvato. Gesù stesso ha detto:
“Vi dico che, allo stesso modo, ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento.” (Luca 15:7)
Non dobbiamo essere “estintori di gioia”, se vediamo Dio all'opera: Dio è alla ricerca di coloro che vivono a Ninive, perché vuole portarli dalla morte alla vita, dalla tristezza alla gioia.
Giona pensava di averne il diritto; Dio gli chiede: "Hai il diritto di esserlo?". Ma Giona che fa?
“Poi Giona uscì dalla città e si mise seduto a oriente della città; là si fece una capanna e si riparò alla sua ombra, per poter vedere quello che sarebbe successo alla città.” (Giona 4:5).
Giona si siede per controllare cosa sarebbe successo alla città; in cuor suo forse si attendeva scendesse il fuoco dal cielo a bruciare Ninive... E invece...
Invece tutti in città festeggiano; la gioia del Signore è la loro forza. Festeggiano il perdono e la meraviglia di conoscere un Dio che manda la salvezza, che cambia idea. Celebrano il Dio Il Dio benevolo e compassionevole, ”lento all’ira e di gran bontà e che si pente del male minacciato.”
Questo Dio è venuto a loro nel bel mezzo del loro male e della loro violenza, della discordia, della paura e del dubbio e di tutto ciò che sono stati. Questo Dio è venuto da loro! Giona avrebbe dovuto essere lì, nella città, a festeggiare con loro! Invece è fuori dalla città a spegnere la gioia e la misericordia di Dio, arrabbiandosi sempre di più. E, incredibilmente, Dio non punisce neanche Giona per quella sua durezza di cuore, ma lo fa riflettere: “Hai il diritto di arrabbiarti, Giona? Pensaci su!”
Abbiamo il diritto di spegnere la gioia di Dio che deriva dalla sua misericordia? A volte pensiamo che Dio dovrebbe punire, e basta. Punire chi scatena una guerra, chi uccide, chi opprime... chi sta nel buio.
Ma è Dio che decide, e talvolta decide di non farlo; non lo ha fatto con Ninive... e ha deciso di non farlo mai più, scendendo una notte di tanto tempo fa.
Dio è venuto nel mezzo del male del mondo, nel mezzo della violenza di un mondo che lo negava, della discordia tra uomo e uomo, tra popolo e popolo tra nazione e nazione. La luce è giunta, come afferma Isaia:
“Il popolo che camminava nelle tenebre vede una gran luce; su quelli che abitavano il paese dell’ombra della morte la luce risplende.” (Isaia 9:1)
E' questo che ci rammenta il Natale: della Gioia discesa dal Cielo grazie a un Padre “misericordioso, pietoso, lento all’ira e di gran bontà e che si pente del male minacciato.”
Non estinguiamo la gioia di essere perdonati, di avere un Padre così, che vuole mostrare misericordia a tutti, non solo a quelli del “suo partito”. Non sediamoci mai su una collina aspettando di vedere il il giudizio, ma piuttosto scendiamo in città e festeggiamo la misericordia sul mondo.
“Il Signore ha revocato la tua condanna e ha disperso i tuoi nemici. Il Signore, re d'Israele, è con te: non devi temere più nulla di male. Viene il momento quando si dirà a Gerusalemme: 'Non aver paura, città di Sion, non ti scoraggiare! Il Signore tuo Dio è con te; è forte e ti salva! Esulta di gioia per te, nel suo amore ti dà nuova vita. Egli si rallegra per te con canti di gioia..” (Sofonia 3:15-17 TILC)
Il Natale ci porta la Gioia; scendi in città esulta assieme al resto del mondo per un Padre che si rallegra di te, con canti di Gioia.
Preghiamo.
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Gesù è venuto a cambiare il mondo attraverso una Vergine; non perché Maria ne aveva fatto richiesta, non perché aveva fatto un “casting” per diventare la Madonna... Ma perché aveva fede... anche se non sapeva come sarebbe successo. La fede è la chiave di cosa accadrà nella tua vita... e in quella di chi ti scorre a fianco.
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Oggi è la seconda domenica di Avvento, e tradizionalmente accendiamo la seconda delle candele della corona dell'Avvento, quella che ci rammenta la Fede. L'angelo aveva detto a Maria:
“«Come avverrà questo, dal momento che non conosco uomo?» L’angelo le rispose: «Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra sua; perciò, anche colui che nascerà sarà chiamato Santo, Figlio di Dio.... Maria disse: «Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola».” (Luca 1:34-35, 38)
Ci sono alcune cose nella vita verso le quali non è possibile rispondere in maniera razionale, capire prima cosa e come accadrà. Vi ricordate la prima volta che avete provato ad andare in bicicletta? Non avete dovuto capire prima come sareste restati in equilibrio su due ruote, quale legge fisica avrebbe fatto si che non sareste caduti, o cadute , non avete dovuto studiare prima la “tenacia dell'asse giroscopico” (questa è la formula matematica).Semplicemente, siete saliti, siete caduti, siete risaliti... e alla fine ce l'avete fatta... Perché a fianco c'erano persona (probabilmente mamma e papà) che vi dicevano che ce la potevate fare... e voi gli avete creduto... per fede.
È quello che succede quando si impara ad andare in bicicletta. Ma è anche quello che succede quando si impara a servire Dio. E' quello che è successo a Maria all'annuncio dell'angelo. Ed è anche quello che accade nel libro di Giona al capitolo 3:
“La parola del Signore fu rivolta a Giona, per la seconda volta, in questi termini: «Àlzati, va’ a Ninive, la gran città, e proclama loro quello che io ti comando». Giona partì e andò a Ninive, come il Signore aveva ordinato. Ninive era una città grande davanti a Dio; ci volevano tre giorni di cammino per attraversarla. Giona cominciò a inoltrarsi nella città per una giornata di cammino e proclamava: «Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta!» I Niniviti credettero a Dio, proclamarono un digiuno e si vestirono di sacchi, tutti, dal più grande al più piccolo. E poiché la notizia era giunta al re di Ninive, questi si alzò dal trono, si tolse il mantello di dosso, si coprì di sacco e si mise seduto sulla cenere. Poi, per decreto del re e dei suoi grandi, fu reso noto in Ninive un ordine di questo tipo: «Uomini e animali, armenti e greggi, non assaggino nulla; non vadano al pascolo e non bevano acqua. Uomini e animali si coprano di sacco e gridino a Dio con forza; ognuno si converta dalla sua malvagità e dalla violenza compiuta dalle sue mani. Forse Dio si ricrederà, si pentirà e spegnerà la sua ira ardente, così che noi non periamo». Dio vide ciò che facevano, vide che si convertivano dalla loro malvagità e si pentì del male che aveva minacciato di fare loro; e non lo fece.” (Giona 3:1-10)
Quando Dio aveva messo in sella Giona sulla bicicletta della sua misericordia per Ninive, Giona era caduto rovinosamente... ed era fuggito. La seconda volta Dio aveva rimesso Giona in sella, dandogli l'opportunità di testimoniare nella tempesta, rivolgendosi a lui in preghiera... Ed era caduto una seconda volta, facendosi buttare in mare pur di non adempiere a ciò che Dio gli chiedeva. Ma ora Giona è in piedi sulla spiaggia, dopo essere stato vomitato sulla terraferma. E Dio che fa?
Senza menzionare gli errori, senza fargli una ramanzina, senza commenti sarcastici, Dio lo mette di nuovo sulla bici:
“La parola del Signore fu rivolta a Giona, per la seconda volta, in questi termini: «Àlzati, va’ a Ninive, la gran città, e proclama loro quello che io ti comando»” (Giona 3:1-2)
Sono le stesse parole con cui si era aperto il libro
“La parola del Signore fu rivolta a Giona, figlio di Amittai, in questi termini: «Àlzati, va’ a Ninive, la gran città, e proclama contro di lei che la loro malvagità è salita fino a me».” (Giona 1:1-2)
È quello che si chiama un déjà vu: Giona ha fallito. Lui lo sa... e Dio lo sa ancora di più.
Altri profeti, come Geremia e Aggeo, hanno ricevuto più volte il comando da Dio di andare e parlare; ma per essi era un'aggiunta, di un chiarimento o di un'estensione di una rivelazione precedente.
Solo a Giona è data una seconda e una terza possibilità. È il Signore che, nella sua misericordia, manda di nuovo Giona. E Giona si rialza, si lava di dosso il vomito del pesce, e “pedala”:
“Giona partì e andò a Ninive, come il Signore aveva ordinato.” (Giona 3:3 a)
Giona non sa come, ma ora pedala con successo nella giusta direzione. E' una fede traballante... ma è una fede. E questa è la misericordia inaspettata di Dio, di dare una seconda, una terza, una “n” chance a chi ha fallito. La misericordia imprevista di Dio significa che il fallimento non porta al licenziamento.
Si racconta che un responsabile di un progetto dell'IBM che aveva perso 10 milioni di dollari prima di essere abbandonato fu convocato in una riunione presso la sede aziendale. "Suppongo che vogliate le mie dimissioni", chiese. “Senta- rispose il suo capo - Abbiamo appena speso 10 milioni di dollari per insegnarle cosa non fare, e vuole pure che la licenziamo?"
Nella Bibbia ci sono persone che scappano da Dio, tentano il suicidio, commettono adulterio, uccidono, creano falsi idoli, disobbediscono a Dio, mentono, rubano, e in generale fanno ogni sorta di male. Eppure Dio si è servito di loro per realizzare i suoi piani del regno, in base ad una sola caratteristica: la fede.
Abraamo
Nonostante Dio gli avesse promesso che avrebbe avuto un figlio da sua moglie Sara, egli seguì comunque un cattivo consiglio e generò un figlio attraverso Agar, la serva di sua moglie. Ma Dio non lo abbandonò. Dopo che Abraamo tornato a Dio, divenne ancora il "Padre di molte nazioni". Di lui Paolo ha detto:
“Abraamo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia” (Romani 4:3)
Abraamo aveva fede in Dio.
Davide
Nonostante Davide abbia commesso omicidi e adulteri, dopo essere tornato a Dio Dio dirà di lui che era è diventato "un uomo secondo il mio cuore" (Atti 13:22 c). Perché un giorno aveva detto queste parole, dinanzi al gigante Golia:
“Tu vieni verso di me con la spada, con la lancia e con il giavellotto; ma io vengo verso di te nel nome del Signore degli eserciti, del Dio delle schiere d’Israele che tu hai insultate.” (1 Samuele 17:45)
Davide aveva fede in Dio.
Pietro
Nonostante Pietro abbia negato di aver conosciuto Gesù in presenza di molte persone, quando è tornato a Dio è stato utilizzato per essere uno dei più grandi leader della Chiesa primitiva. Anzi, diede la sua vita per Gesù, e scrisse:
“Queste prove servono a verificare se la vostra fede è forte e genuina. Essa viene messa alla prova come l?oro è messo alla prova dal fuoco, che lo rende puro. Per il Signore la vostra fede è ben più preziosa dell?oro...” (1 Pietro 1:7 a PV)
Pietro aveva fede in Dio.
Tutti questi giganti della Bibbia, dinanzi ai quali ci sentiamo minuscole formiche e molti altri, hanno fallito... miseramente fallito. Eppure tutti loro furono ancora utilizzati da Dio per gli scopi del suo regno, a motivo della loro fede.
E Giona? Giona è il più epico fallimento di successo della Bibbia! Avvenuto attraverso una fede traballante, instabile, che fugge... ma c'è!
Pensate: quando Pietro predicò il primo sermone del giorno di Pentecoste, "in quel giorno furono aggiunte a loro (ai discepoli) circa 3.000 persone “ (Atti 2:41 b)" dice Atti: guardiamo a questo dato e ci stupiamo.
Ma la predicazione di Giona vide più di 120.000 persone credere in Dio! Dal più grande al più piccolo, tutti credettero in Dio! È il più grande risveglio mai registrato nelle Scritture. Giona, grazie alla misericordia, inaspettata ma promessa, di Dio, continua a essere usato per gli scopi del regno di Dio. Dio, tramite la piccola fede di Giona salva un'intera città.
Ninive, la città dannata, dove uno dei re scrisse che aveva fotto questo un suo nemico:"Gli ho trafitto il mento con il pugnale della mia mano affilata. Attraverso la sua mascella... gli feci passare una corda, gli misi una catena da cane e gli feci occupare... una cuccia". Ninive, TUTTA Ninive CREDE in Dio!
Giona inizia cadendo dalla bici, Dio lo rimette in sella, e tramite la sua piccola fede condivide lo stesso la Parola di Dio. E non lo farà da distante, da un'altura, ma attraversando in lunghezza la città in mezzo alla loro vita e alle loro attività, dicendo: "«Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta!».
Giona non aveva tutte le risposte; Maria non aveva tutte le risposte:
“Come avverrà questo, dal momento che non conosco uomo?” (Luca 1:34 a)
Noi non abbiamo tutte le risposte: ma Giona, Maria... e noi non sapevamo neanche perché la bicicletta stava su... Ma ci siamo fidati: abbiamo avuto FEDE! E ciò che Dio aveva stabilito accadesse, è accaduto: Ninive si è convertita, Gesù è nato, la misericordia promessa di Dio è giunta... attraverso persone che talvolta avevano fallito.
Nell'economia di Dio il fallimento non è mai un risultato determinante, perché Dio non si arrende mai con nessuno, quindi dobbiamo sempre aspettarci che avvenga il miracolo della trasformazione.
Immaginate e Maria avesse detto all'angelo “ No, guarda, io non sono proprio convinta di essere capace di portare in me il figlio di Dio... non penso sia possibile”. Ma Maria aveva fede: non nelle parole dell'angelo, ma nelle promesse di Dio:
“Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola” (Luca 1:38)
Anche quando pensiamo che l'impresa sia troppo grande per noi, la misericordia di Dio supera il nostro scetticismo in ogni sorta di modo inaspettato. E questo chi insegna tre lezioni.
Lezione 1
In ogni momento dobbiamo avere compassione per tutti coloro che nella nostra comunità hanno fallito. La vita di Ninive era fatta di violenza domestica, abusi coniugali, bambini sfruttati, pornografia,, stupri, rapine, truffe, scandali corruzione... Proprio come il mondo in cui nascerà Gesù... Proprio come il NOSTRO mondo!
Cosa fece la differenza per Ninive? La piccola fede di Giona. Cosa ha fatto la differenza per il mondo? La fede di Maria. Senza sapere come sarebbe accaduto. Cosa può fare la differenza per la tua città, i tuoi amici, la tua famiglia, te stesso? Risponditi! La domanda è facile!
Lezione 2
Non abbiamo bisogno di vivere una vita perfetta per avere un impatto significativo per Dio. Raccontare il Vangelo è davvero molto simile a un mendicante che dice a un altro mendicante dove trovare il cibo.
Se il criterio per testimoniare di Cristo fosse la purezza, allora il cristianesimo sarebbe morto e nel giro di una generazione. Ma non è questo il criterio. Il criterio è comprendere l'incredibile misericordia che ci è stata data attraverso Gesù. Non meritarla, ma riceverla comunque.
Ciò significa che non è necessario essere perfetti per essere un o una testimone; basta essere una persona che ha compreso la misericordia inaspettata ma promessa di Dio nella propria vita.
Una misericordia che ci permette di continuare a essere efficaci anche dopo aver fallito.
Lezione 3
Se vogliamo vedere una trasformazione, dobbiamo avere fede. Fede in Dio. Fede che Dio sia in grado di fare una vera differenza nella vita delle persone.
Se Giona, per quanto riluttante, può vedere Dio fare cose sorprendenti attraverso un semplice messaggio predicato, allora non c'è motivo per cui non possiamo aspettarci che Dio sia altrettanto misericordioso oggi.
Ninive fu messa in ginocchio dal pentimento. Non perché Giona avesse un desiderio ardente e feroce di vederli cambiare. Non perché avesse raccolto un enorme gruppo di guerrieri della preghiera. Non perché avesse preparato un sermone eloquente.
Si pentirono... 120.000 persone... perché Giona aveva obbedito a Dio; perché Dio attraverso la sua piccola fede aveva potuto operare.
Gesù è venuto a cambiare il mondo attraverso una Vergine; non perché Maria ne aveva fatto richiesta non perché aveva fatto un “casting” per diventare la Madonna... Ma perché aveva fede... anche se non sapeva come sarebbe successo.
Camminavamo con il nostro Creatore, ma ci eravamo ribellati a Lui. Il Creatore avrebbe avuto tutto il diritto di punirci, ma, invece, ha voluto mostrarci misericordia. Per mostrarci misericordia ha mandato un bambino attraverso una Vergine:
“Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato, e il dominio riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace...” (Isaia 9:5)
Quel bambino è stato mandato per morire al nostro posto. Se vogliamo evitare la separazione eterna, dobbiamo riporre la nostra fede in Gesù. Senza fede, anche una piccola come quella di Giona, anche una che non sa cosa e come accadrà come quella di Maria, Dio non potrà usarci, e nulla accadrà attraverso di noi.
Questo è il messaggio del Vangelo. Questo è il messaggio del Natale. Non c'è motivo per cui l'impatto che il messaggio di quel primo Natale non possa ancora essere efficace; Giona ebbe impatto sui Niniviti, e non aveva ancora l'esempio di Gesù da mostrare. Noi abbiamo il Natale, abbiamo Cristo, abbiamo la Salvezza che è discesa sulla terra!
Dobbiamo solo avere fede, e credere che Dio sia disposto a usare persone come noi, con tutti i nostri difetti, con tutte le nostre cadute, ancora ed ancora, per portare il messaggio.
Dobbiamo anche avere fede, e credere che Dio sia in grado di cambiare i cuori più duri.
Dopotutto, chi di noi aveva davvero previsto quanta misericordia Dio fosse disposto a mostrare a ciascuno di noi prima del primo Natale?
Chi avrebbe potuto immaginare che Dio sarebbe sceso sulla terra per mettere le cose apposto?
Il Natale viene per mostrare che ciascuno può essere oggetto della misericordia di Dio; quella misericordia deve essere mostrata a chiunque. La nostra parte è avere fede, non capire come avverrà.
Preghiamo.
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Oggi è la prima domenica in cui per tradizione accendiamo la prima delle candele della Corona dell'Avvento, quella che ci ricorda la Speranza. Paolo ha detto:
“Questa speranza poi non ci porta alla delusione, perché, accada quel che accada, sappiamo che Dio ci ama e sentiamo dentro di noi il calore del suo amore che, per mezzo dello Spirito Santo, ci ha riempito il cuore.” (Romani 5:5 PV)
E forse avrete notato anche che il titolo della serie di messaggi è cambiato: non è più una misericordia inaspettata,
ma una misericordia promessa. Dio aveva promesso che avrebbe mandato qualcuno a riscattarci... ma nessuno si sarebbe aspettato che avrebbe mandato il Figlio a farlo.
Ma questa è la natura di Dio: Dio è amore. Se qualcuno ti ama, lui ti ascolta; è per quello che la speranza è indissolubilmente legata alla preghiera: ecco cosa dice Dio nei Salmi, a proposito della preghiera.
“...poi invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai.” (Salmo 50:15)
“Benedetto sia Dio, che non ha respinto la mia preghiera e non mi ha negato la sua grazia.” (Salmo 66:20) “Egli ascolterà la preghiera dei desolati e non disprezzerà la loro supplica.” (Salmo 102:17)
“Perciò ogni uomo pio t’invochi mentre puoi essere trovato; e qualora straripino le grandi acque, esse, per certo, non giungeranno fino a lui.” (Salmo 32:6)
Possiamo rivolgerci a Dio in qualsiasi occasione, in qualsiasi circostanza. Non importa cosa abbiamo fatto. Non importa in quale stato emotivo ci troviamo. Nulla dovrebbe impedirci di rivolgerci a Dio.
Eppure... spesso ci fermiamo. E quando lo facciamo, ci troviamo in una lunga fila di persone che hanno fatto lo stesso. Non a caso Giona fa parte di queste. Soprattutto alla luce dell'ultimo versetto.“Perciò ogni uomo pio t’invochi mentre puoi essere trovato; e qualora straripino le grandi acque, esse, per certo, non giungeranno fino a lui.” (Salmo 32:6) Leggiamo la situazione in cui si trova Giona:
“Il Signore fece venire un gran pesce per inghiottire Giona. Giona rimase nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore, il suo Dio, e disse: «Io ho gridato al Signore, dal fondo della mia angoscia, ed egli mi ha risposto; dalla profondità del soggiorno dei morti ho gridato e tu hai udito la mia voce. Tu mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare; la corrente mi ha circondato, tutte le tue onde e tutti i tuoi flutti mi hanno travolto. Io dicevo: “Sono cacciato lontano dal tuo sguardo! Come potrei vedere ancora il tuo tempio santo?” Le acque mi hanno sommerso, l’abisso mi ha inghiottito; le alghe si sono attorcigliate alla mia testa. Sono sprofondato fino alle radici dei monti, la terra ha chiuso le sue sbarre su di me per sempre; ma tu mi hai fatto risalire dalla fossa, o Signore, mio Dio! Quando la vita veniva meno in me, io mi sono ricordato del Signore e la mia preghiera è giunta fino a te, nel tuo tempio santo. Quelli che onorano gli idoli vani allontanano da sé la grazia; ma io ti offrirò sacrifici con canti di lode, adempirò i voti che ho fatto. La salvezza viene dal Signore». E il Signore diede ordine al pesce, e il pesce vomitò Giona sulla terraferma.” (Giona 2:1-11)
Ciò che ha pregato Giona nel ventre del pesce,sono le medesime parole (parola più parola meno) che il Signore aveva messo in cuore a Davide, Asaf e agli altri che hanno scritto i Salmi:
"Io ho gridato al Signore, dal fondo della mia angoscia, ed egli mi ha risposto." (Giona 2:3).
“Nella mia angoscia ho invocato il Signore, ed egli mi ha risposto.” (Salmo 120:1).
“...ma tu mi hai fatto risalire dalla fossa, o Signore, mio Dio!” (Giona 2:7 b).
“Benedici, anima mia, il Signore e non dimenticare nessuno dei suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, risana tutte le tue infermità; salva la tua vita dalla fossa, ti corona di bontà e compassioni...”(Salmo 103:2-4).
“Quelli che onorano gli idoli vani allontanano da sé la grazia...” (Giona 2:9)
“Detesto quelli che si affidano alle vanità ingannatrici; ma io confido nel Signore.”(Salmo 31:6).
La Bibbia è un unico lungo piano, di libro in libro, di generazione in generazione, di evento in evento, che parla di Speranza, di una misericordia promessa, e che ci esorta a parlare con Dio.
La scorsa volta avevamo detto che lo Spirito Santo ci aiuta quando non sappiamo cosa pregare. Ma la stessa cosa vale per la Bibbia. Quante volte vi è capitato che in una situazione vi venga in mente una Scrittura che parla proprio di quella situazione? Oppure state valutando cosa fare in una situazione di vita e vi viene in mente una parola della Scrittura e riconoscete che quella è la risposta che cercavate?
La Bibbia, la Parola di Dio, è un “serbatoio” da cui potete attingere... ma solo se la leggete, la studiate, la memorizzate.
Giona evidentemente lo aveva fatto. Ma che tipo di preghiera è? Potrebbe sembrare una preghiera di pentimento, in cui Giona torna in sé e confessa umilmente al Signore di aver peccato. Giona vede che Dio vuole avere misericordia di Ninive e che ha scelto Giona come suo strumento.
Ho detto “potrebbe sembrare”... perché al capitolo 4 leggiamo:
“Giona ne provò gran dispiacere e ne fu irritato. Allora pregò e disse: «O Signore, non era forse questo che io dicevo, mentre ero ancora nel mio paese? Perciò mi affrettai a fuggire a Tarsis. Sapevo infatti che tu sei un Dio misericordioso, pietoso, lento all’ira e di gran bontà e che ti penti del male minacciato. 3 Perciò, Signore, ti prego, riprenditi la mia vita; poiché per me è meglio morire piuttosto che vivere».” (Giona 4:1-3)
Al capitolo 4 Giona è di nuovo sulla terraferma, è vivo e salvo, e non accetta la misericordia di Dio per Ninive; così, prega con rabbia.
Ma al capitolo 2, invece, lui sta pregando quella che si definisce la "preghiera della trincea"; era quella che pregavano i soldati nella 1° Guerra Mondiale, dove gli eserciti si affrontavano l'uno di fronte all'altro e scavavano trincee per conquistare il terreno.
Ogni giorno i soldati entravano nella trincea, e non sapevano se ne sarebbero usciti vivi; e così pregavano: "Dio, se mi tiri fuori da questa situazione, farò tutto quello che vuoi".
Giona sta recitando una preghiera da trincea. Osservate i tempi della preghiera
"Dal ventre del pesce Giona pregò il Signore..." (Giona 2:2).
"Io ho gridato al Signore, dal fondo della mia angoscia..." (Giona 2:3)
"Io dicevo: “Sono cacciato lontano dal tuo sguardo!" (Giona 2: 4).
“...ma tu mi hai fatto risalire dalla fossa, o Signore, mio Dio! Quando la vita veniva meno in me, io mi sono ricordato del Signore e la mia preghiera è giunta fino a te, nel tuo tempio santo. (Giona 2:7-8)
Giona non spera... è semplicemente disperato. Pensava di voler solo essere gettato in mare e farla finita. Ma adesso realizza che è ancora vivo … o forse è morto (non lo sappiamo), ma comunque ancora pensa, riflette... e finalmente prega!. È una preghiera da trincea.
Guardate l'atteggiamento di Giona nella preghiera:
"Tu mi hai gettato nell’abisso, nel cuore del mare..." (Giona 2: 4)
Mica è vero! E' stato lui a dire ai marinai di gettarlo come zavorra dalla nave per far placare i venti!
E adesso invece dice che è Dio ad averlo buttato a mare! Dio è il colpevole!
“Quando la vita veniva meno in me, io mi sono ricordato del Signore” (Giona 2:8).
C'è voluto un bel po' per far decidere Giona di parlare con Dio! E adesso, nel ventre del pesce, pensa: “Bisogna che succeda qualcosa prima che parta della digestione del pesce”. E si ricorda solo allora di pregare! Ma non ricorda che forse dovrebbe confessare il suo peccato, e magari chiedere scusa... anzi!
“IO ho gridato al Signore... IO mi sono ricordato...la mia preghiera è giunta...” “Io l'ho fatto! La mia pietà. La mia spiritualità. I miei sforzi.”
"Quelli che onorano gli idoli vani allontanano da sé la grazia; ma io ti offrirò sacrifici con canti di lode, adempirò i voti che ho fatto. La salvezza viene dal Signore».”. (Giona 2:9-10)
"Guardami Dio. Non sono come quei pagani che non ti adorano. Sono molto meglio. Ti seguirò. Sarò fedele!”
A dirla tutta, proprio in questo momento in superficie, su un mare calmo, quei cosiddetti marinai senza valore, adoratori di idoli, invocano il nome del Signore. E il loro timore di Dio è diventato timore., stupore, meraviglia, riverenza... per il Signore!
Capita, quando ci troviamo nella trincea, di ricordare a Dio perché dovrebbe salvarci... evitando accuratamente di ricordare perché dovrebbe non farlo. Per i nostri peccati, per le nostre mancanze, per i nostri rifiuti... Se fossimo onesti, Dio dovrebbe girarsi dall'altra parte... e non guardare Giona... e nemmeno noi!
Ma non lo fa! Giona viene salvato dalla misericordia inaspettata di Dio. Le preghiere di Giona possono essere pronunciate nella più completa disperazione, ma Dio le ascolta comunque. E Dio risponde ancora ad esse. Risponde a Giona... e anche a noi!
Non perché ci siamo umiliati. Non perché abbiamo detto le parole giuste. Non perché abbiamo l'atteggiamento giusto. E certamente non perché in qualche modo siamo migliori degli altri. Ma solo perché il suo carattere è la misericordia.
Giona non aveva visto la misericordia promessa da Dio all'opera, noi si, in quel primo Natale... senza che avessimo chiesto scusa, senza che ci fossimo pentiti... solo perché Dio aveva promesso che avrebbe avuto misericordia di noi.
Per Giona aveva scelto un pesce per portare la Salvezza; per tutti noi ha scelto una Vergine Ha mandato un bambino, attraverso una giovane donna:
“Perciò il Signore stesso vi darà un segno: ecco, la giovane concepirà, partorirà un figlio, e lo chiamerà Emmanuele.” (Isaia 7:14) "...che tradotto vuol dire 'Dio con noi'". (Matteo 1:23 b)
È un momento che racchiude pienamente la misericordia inaspettata di Dio che ci da Speranza.
Anni dopo, a quel figlio, nato da una Vergine, qualcuno avrebbe chiesto un altro segno:
“Allora alcuni scribi e farisei presero a dirgli: «Maestro, noi vorremmo vedere da te un segno». Ma egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera chiede un segno; segno non le sarà dato, se non il segno del profeta Giona. Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell’uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti.” (Matteo 12:38-40)
Qual è il segno? Un luogo che dovrebbe essere un luogo di morte definitiva, dopo tre giorni si rivela un luogo di vita. Il ventre di un pesce gigante. E il cuore della terra, che è una tomba.
Non si va deliberatamente in questi luoghi e non ci si aspetta di tornare. Ma Giona lo fece. E Gesù dice ai farisei che lo farà anche lui. Sappiamo che è esattamente quello che è successo. È successo perché un Dio misericordioso ha voluto salvare un popolo peccatore che si trovava in una situazione disperata.
Dio ha fatto questo in quel primo Natale, ancor prima che coloro che fuggono da Lui si rendessero conto che Egli sta attivamente creando una strada, una via, una salvezza.
Gesù viene a Natale per aprirla: dalla morte certa alla vita eterna. Dal ventre della morte, che sia un grande pesce, una tomba, o una vita lontana dal Padre, alla speranza di un altro giorno, di un'altra vita, di una vita nuova in Cristo. Rinati!
Il segno di Giona è la Speranza! La speranza per noi peccatori che pregano nella trincea, che affondano disperatamente, che mangiano le alghe, che vivono nella trincea. E' la misericordia inattesa di Dio, ma che Dio aveva promesso... e Dio è fedele! La misericordia che salverà.
Il segno di Cristo è la Speranza... quella con la esse maiuscola, giunta sulla terra attraverso una Vergine che partorisce colui che sarà la misericordia inattesa ma promessa, di Dio che ci trae fuori dalla morte del peccato e ci proietta verso una vita vissuta assieme al nostro Padre. Nascerà Emmanuele, Dio con noi!
Preghiamo.
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Nella tempesta, come credenti abbiamo due possibilità: tacere, ed essere zavorra inutile, o proclamare Dio, e portare conforto e salvezza. Anche quando la tempesta è dentro di noi.
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La settimana scorsa abbiamo concluso con Giona nella città di Iafo che pagava il biglietto per salpare verso Tarsis.
Abbiamo detto che Giona lo faceva per due ragioni: il timore di andare in una città di omicidi e perché trovava troppo inquietante la misericordia che Dio stava estendendo alla città di Ninive.
Un breve riassunto visivo delle azioni di Giona può essere visto guardando una mappa. La città natale di Giona è Gat-Efer. Ninive è il luogo in cui Dio ha chiamato Giona a fare l'annuncio. La città portuale di Iafo (l'attuale Giaffa) è il luogo in cui Giona si reca a prendere la barca. La località dove Giona era diretto è Tarsis, probabilmente in Spagna. Giona sta letteralmente andando nella direzione opposta... il più lontano possibile.
Che cosa fa il Signore a questo proposito? Il Signore manda una tempesta. Leggiamo Giona 1:4-16
"Il Signore scatenò un gran vento sul mare, e vi fu sul mare una tempesta così forte che la nave era sul punto di sfasciarsi. I marinai ebbero paura e invocarono ciascuno il proprio dio e gettarono a mare il carico di bordo, per alleggerire la nave. Giona, invece, era sceso in fondo alla nave, si era coricato e dormiva profondamente. Il capitano gli si avvicinò e gli disse: «Che fai qui? Dormi? Àlzati, invoca il tuo dio! Forse egli si darà pensiero di noi e non periremo». Poi si dissero l’un l’altro: «Venite, tiriamo a sorte e sapremo per causa di chi ci capita questa disgrazia». Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. Allora gli dissero: «Spiegaci dunque per causa di chi ci capita questa disgrazia! Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?»Egli rispose loro: «Sono Ebreo e temo il Signore, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terraferma». Allora quegli uomini furono presi da grande spavento e gli domandarono: «Perché hai fatto questo?» Quegli uomini infatti sapevano che egli fuggiva lontano dalla presenza del Signore, perché egli li aveva messi al corrente della cosa. Poi gli dissero: «Che dobbiamo fare di te perché il mare si calmi per noi?» Il mare infatti si faceva sempre più tempestoso. Egli rispose: «Prendetemi e gettatemi in mare, e il mare si calmerà per voi; perché io so che questa gran tempesta vi piomba addosso per causa mia». Tuttavia quegli uomini remavano con forza per raggiungere la riva; ma non riuscivano, perché il mare si faceva sempre più tempestoso e minaccioso. Allora gridarono al Signore e dissero: «Signore, non lasciarci perire per risparmiare la vita di quest’uomo e non accusarci del sangue innocente; poiché tu, Signore, hai fatto come ti è piaciuto». Poi presero Giona, lo gettarono in mare e la furia del mare si calmò. Allora quegli uomini furono presi da un grande timore del Signore; offrirono un sacrificio al Signore e fecero dei voti." (Giona 1:4-17)
Quando si scatena la tempesta Giona sa perfettamente perché. Non è la prima tempesta che vediamo nelle Scritture; anzi, la Bibbia ne è piena. Il profeta Geremia ne aveva annunciata una:
“Ecco, la tempesta del Signore! Il furore scoppia, la tempesta imperversa, scroscia sul capo degli empi. L’ira del Signore non si placherà, finché non abbia eseguito, compiuto i disegni del suo cuore; negli ultimi giorni lo capirete appieno.” (Geremia 23:19-20)
I marinai sono esperti di quel tratto di mare, e subito capiscono che non si tratta di una tempesta “normale”; nessuna nuvola, nessun vento, nessun temporale l'ha preceduta ed annunciata; è scoppiata così, all'improvviso.
E' per questo che, invece di remare, di lascare la randa, o di fare altro per governare la nave, si mettono tutti a pregare.
Si, ma quale dio pregare? Provenendo probabilmente da più parti del medio oriente ognuno ne aveva uno o più: quale era quello che si era adirato, e perché? “ È il dio del mare che è stato offeso? O il dio dei marinai? O il dio dei venti? Era il tuo dio o il mio?” Alla fine, tanto vale pregarli tutti!
Ma una cosa la fanno per governare la nave: gettano il carico in mare: era una mossa disperata, perché in pratica stavano gettando in mare il motivo per cui sarebbero stati pagati una volta a Tarsis. Ma dovevano alleggerire la nave, innalzare la linea di galleggiamento per farla stare un po' più in alto nell'acqua, in modo da avere meno possibilità che le onde la sommergessero.
E Giona dove è? Dov'è il profeta che sente la voce di Dio? Quello che sa esattamente qual è il Dio da pregare? Dove si trova? Cosa sta facendo? Semplicemente, dorme beato! Agli occhi del capitano che Giona non ci provi nemmeno. è un atto di assoluto egoismo e di totale disprezzo per tutti gli altri sulla nave
Avrebbe dovuto essere sul ponte a pregare assieme a tutti gli altri... pregare il suo dio, non dormire beato!
Guardate questi due versetti:
“La parola del SIGNORE fu rivolta a Giona, figlio di Amittai, in questi termini: «Àlzati, va' a Ninive, la gran città, e proclama contro di lei che la loro malvagità è salita fino a me».” ( Giona 1:2)
“Il capitano gli si avvicinò e gli disse: «Che fai qui? Dormi? Àlzati, invoca il tuo dio! Forse egli si darà pensiero di noi e non periremo». (Giona 1:6)
In cosa si somigliano? Nella frase “ALZATI!” Capiamo che Giona è uno di quelli che preferisce NON fare... evitare, lasciare ad altri... Paolo parla di quelli come lui in Romani:
“Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c'è chi lo annunci?” (Romani 10:14)
Giona avrebbe potuto salire sul ponte, dire a tutti :”Un attimo, è inutile che preghiate a questi dei inesistenti: ora pregherò io il vero Dio, colui che può placare la tempesta!” Che testimonianza sarebbe stata? Quanti si sarebbero convertiti? Quanti avrebbero rinunciato ai falsi dei? Perché è vero, offrono un sacrificio a Dio... ma quale Dio? Un Dio che non conoscono, perché Giona, ancora una volta, fugge.
Due applicazioni per noi. La prima.
Quando vediamo altri nel pericolo che invocano altri dei, preghiamo assieme a loro, indicandogli il vero Dio, oppure dormiamo? Attenzione, perché nei momenti di pericolo, noi abbiamo sì Dio... ma spesso anche noi abbiamo una serie infinita di altri piccoli dei accessori... Il danaro, la fama, il sesso, l'amico potente... tutte cose che pensiamo possano “aiutare”, se non sostituire il vero Dio.
Come credenti siamo tenuti a salire sul ponte dove tutti ci vedono, e ci guardano, e a dare testimonianza di quale Dio sia in controllo di tutto.
La seconda. Ve la spiego con il versetto di Romani che viene prima di quello che abbiamo letto:
“...perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato...” (Romani 10:9)
Se abbiamo confessato con la bocca, e creduto col cuore, allora abbiamo libero accesso all'aiuto del Padre; si chiama: preghiera. Paolo afferma:
“Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti.” (Filippesi 4:6)
Ed ecco, Giona affronta una situazione che ha bisogno di preghiera. Giona si alza e va sul ponte... Ma mentre gli altri pregano...lui no. Non c'è traccia di Giona che parla a Dio.
Non cambia nulla quando non parliamo con Dio. Giona tace. La tempesta continua. Viene quindi attuata una nuova strategia. Opinabile. Tirare a sorte. Ma Dio la usa per puntare il dito su Giona
E inizia l'interrogatorio dei marinai per capire perché Dio ce l'ha con Giona: “Che tipo di lavoro fai? Da dove vieni? Qual è il tuo Paese? Di quale popolo sei?". Io me l'immagino come se a Giona piovessero addosso tutte le domande assieme, urlate nella tempesta. E Giona risponde a fatica:
“Sono un ebreo. Sono nato nella famiglia dell'alleanza di Dio e godo della speranza di essere adottato come figlio di Dio. Ho la legge, il culto del tempio e promesse che non sono state date a nessun'altra nazione. La mia terra è Israele, la terra promessa da Dio come suo luogo. Adoro l'Eterno, il Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terra.”
I marinai erano contenti di prendere i soldi di Giona che stava scappando dal suo Dio... Ma adesso capiscono che Giona stava fuggendo da qualcosa di veramente importante, e anche se non conoscono quel suo Dio, lo temono, e lo incolpano: “Perché hai fatto questo?” gli dicono.
E' la stessa frase con cui Dio si rivolge ad Eva: (letteralmente la stessa nell'originale in ebraico):
“Il Signore Dio disse alla donna: «Che hai fatto?». Rispose la donna: «Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato»” (Genesi 3:13 CEI)
Eva credeva forse che Dio non avrebbe vista? Giona credeva forse che Dio non lo avrebbe seguito? Assurdo! Irrealizzabile! Ma anche noi, talvolta... spesso... facciamo lo stesso!
Se vi è di conforto (per me lo è) sappiate che siamo in buona compagnia... il grande re Davide è un nostro sodale:
“Davanti a te ho ammesso il mio peccato, non ho taciuto la mia iniquità. Ho detto: «Confesserò le mie trasgressioni al SIGNORE», e tu hai perdonato l'iniquità del mio peccato.” (Salmo 32:5)
Basterebbe che Giona si pentisse, ammettesse la colpa, pregasse chiedesse perdono, e tornasse al Signore... ma non lo fa... Nel capitolo 4 leggeremo queste parole:
"O SIGNORE, non era forse questo che io dicevo, mentre ero ancora nel mio paese? Perciò mi affrettai a fuggire a Tarsis. Sapevo infatti che tu sei un Dio misericordioso, pietoso, lento all'ira e di gran bontà e che ti penti del male minacciato.".(Giona 4:2)
Giona aveva capito il piano di Dio; salvare Ninive... e non gli piaceva! trovava troppo inquietante il pensiero della misericordia inattesa di Dio verso i Niniviti; non la voleva, non la accettava. quindi fugge, quindi rimane in silenzio.
E Giona, da credente, da figlio di Dio ribellandosi tacendo, diventa “altro”.
“I marinai ebbero paura e invocarono ciascuno il proprio dio e gettarono a mare il carico di bordo, per alleggerire la nave. Giona, invece, era sceso in fondo alla nave, si era coricato e dormiva profondamente.” (Giona 1:5).
"«Prendetemi e gettatemi in mare, e il mare si calmerà per voi; perché io so che questa gran tempesta vi piomba addosso per causa mia».". (Giona 1:12)
“Poi presero Giona, lo gettarono in mare e la furia del mare si calmò.” (Giona 1:15).
I marinai avevano gettato la merce che ormai era zavorra per alleggerire la nave; Giona in questo momento non è più un figlio di Dio... è “zavorra”, un peso inutile, un peso di cui ci si può disfare...
Mi chiedo quante volte sono stato solo zavorra perché non ho parlato con Dio, perché non ho parlato di Dio e perché ho disobbedito a Dio, e perché mi sono ostinato a non ammettere il mio errore.
Credere in Cristo, si va bene, ma seduto al posto di pilotaggio, vivendo a modo mio, facendo le mie scelte, seguendo i miei desideri e non cercando il Signore in queste decisioni. Sono un cittadino del cielo. Ma mi affido al mio denaro, alla mia carriera, al mio status, al mio lavoro, alla mia conoscenza, alla mia abilità e alla mia attenzione molto mondana. Non ho parlato con Dio di tutto questo.
Se faccio così, posso diventare “zavorra”. Zavorra che appesantisce la nave mia e degli altri, piuttosto che salvarla dalle onde.
E questo spesso succede perché non accettiamo che la misericordia imprevista di Dio è anche per noi, quando capisco di aver smesso di parlare con Dio e di affidarmi a lui.
E sarebbe bastato un “Perdonami! Ho sbagliato, avevi ragione tu, ritorno ad ascoltare e a parlare con te” e non sarei più stato zavorra.
Qual è la nostra identità? Non è quella di essere un peso; anche quando attraversiamo momenti di ribellione, di interrogativi irrisolti, di dubbio.
Forse è una crisi di fede. Forse siamo sopraffatti dagli eventi. Forse ci sentiamo come se le nostre parole rimbalzassero sul soffitto, e Dio ci avesse dimenticato.
E non riusciamo ad accettare che la misericordia inaspettata di Dio sia anche per noi, nei dubbi, nella ribellione, nel fuggire lontano...
Se, anzi, quando ci troviamo lì, continuiamo a parlare con Dio. Forse non sappiamo nemmeno cosa dobbiamo dire. Anche lì Dio, nella sua misericordia, ha coperto quella situazione.
“Nello stesso modo, anche lo Spirito Santo ci aiuta giorno per giorno nei nostri problemi e nelle nostre preghiere. Perché, in realtà, noi non sappiamo neppure per che cosa pregare, né pregare nel modo giusto, ma lo Spirito Santo prega per noi con tale sentimento, che non si può esprimere a parole.” (Romani 8:26 PV)
“Dio, eccomi... vorrei parlare... ma non ho le parole.” Lo Spirito di Dio dentro di noi dice: "Stai tranquillo, ci penso io".
Questa è la misericordia inattesa di Dio. Questa è l'identità di essere figli... amati, ricercati, compresi, aiutati, perdonati.
Giona non riuscì ad accettarla... ma noi non siamo Giona... e non vogliamo essere zavorra.
E non dobbiamo fare nulla di più che parlare al nostro Dio.
Preghiamo.
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La misericordia da parte di Dio è talvolta inattesa; invece di punire chi non opera per il bene altrui, li cerca affinché cambino vita. Troviamo inquietante la grazia inattesa di Dio verso chi non sembra meritarlo? E quanta misericordia ha verso noi, quando ci chiama, imperfetti, ad agire per Lui?
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La storia di Giona è ben nota a tutti, credenti e non credenti, tanto da ispirare scrittori come Collodi che fa fare a Pinocchio la stessa fine di Giona, inghiottito da una balena.
Ma quale è l'obiettivo principale di Dio attraverso il libro di Giona, oltre quello di raccontarci una storia bizzarra di un uomo che vive dentro la pancia di un pesce? Vedremo che l'obiettivo principale del libro è mostrare che Dio ha misericordia di tutti... anche quando non ce lo aspettiamo. Leggiamo Giona 1:
“La parola del Signore fu rivolta a Giona, figlio di Amittai, in questi termini: «Àlzati, va’ a Ninive, la gran città, e proclama contro di lei che la loro malvagità è salita fino a me». Ma Giona si mise in viaggio per fuggire a Tarsis, lontano dalla presenza del Signore. Scese a Iafo, dove trovò una nave diretta a Tarsis e, pagato il prezzo del suo viaggio, si imbarcò per andare con loro a Tarsis, lontano dalla presenza del Signore.” (Giona 1:1-3)
Al di fuori di questo libro, l'unica altra volta che Giona viene menzionato nelle Scritture è in 2 Re 14:23-25:
“Nel quindicesimo anno di Amasia, figlio di Ioas, re di Giuda, cominciò a regnare a Samaria Geroboamo, figlio di Ioas, re d’Israele, e regnò quarantun anni. Egli fece quello che è male agli occhi del Signore; non si allontanò da nessuno dei peccati con i quali Geroboamo, figlio di Nebat, aveva fatto peccare Israele. Egli ristabilì i confini d’Israele dall’ingresso di Camat al mare della pianura, come il Signore, Dio d’Israele, aveva detto per mezzo del suo servitore il profeta Giona, figlio di Amittai, che era di Gat-Efer.” (2 Re 14:23-25)
Prima del governo di Geroboamo, Israele era un piccolo territorio che pagava pesanti tributi alle nazioni circostanti. Ma poi, dal 780 al 740 a.C. circa, pur essendo malvagio, Geroboamo riuscì a raggiungere la prosperità, l'influenza e l'espansione e a riportare i confini a quelli che erano ai tempi del re Davide.
E la Bibbia afferma che tutto ciò avvenne grazie a qualcuno che stava scappando verso Tarsis pur di non obbedire alla chiamata di Dio! Attraverso un profeta riluttante. Si, proprio Giona!
Ninive è una città importante dell'Assiria: Genesi 10 descrive le nazioni che si stabilirono dopo il diluvio:“Cus generò Nimrod, che cominciò a essere potente sulla terra. Egli fu un potente cacciatore davanti al Signore; perciò si dice: «Come Nimrod, potente cacciatore davanti al Signore».Il principio del suo regno fu Babel, Erec, Accad e Calne nel paese di Scinear. Da quel paese andò in Assiria e costruì Ninive, Recobot-Ir e Cala; e tra Ninive e Cala, Resen, la grande città.” (Genesi 10:88-12)
Ninive fu una delle città fondatrici dell'Assiria. Alla fine divenne la capitale nel 700 a.C., un po' dopo il tempo di Giona. È una città con una lunga storia.
È anche una città con una reputazione... e non era affatto buona! Nimrod era un potente cacciatore e guerriero. La città di Ninive rifletteva il suo carattere. Parlando di Ninive, Naum dice:
“Oracolo su Ninive; libro della visione di Naum l’Elcosita....Guai alla città sanguinaria, piena di menzogna e di violenza, che non cessa di depredare! Si ode rumore di fruste, frastuono di ruote, galoppo di cavalli, sobbalzare di carri. I cavalieri danno la carica, fiammeggiano le spade, sfolgorano le lance, abbondano i feriti, si ammucchiano i cadaveri, sono infiniti i morti, si inciampa nei cadaveri.” (Naum 1:1, 3:1-3)
La città di Ninive amava la caccia... si, delle persone! Un esercito potente e crudele era la loro arma. Ai tempi di Giona il loro potere era in aumento.
Un giorno Giona se ne stava tranquillo nella sua città natale, Gat-Efer, ed ecco che Dio gli dice:
"«Àlzati, va’ a Ninive, la gran città, e proclama contro di lei che la loro malvagità è salita fino a me». Ma Giona si mise in viaggio per fuggire a Tarsis, lontano dalla presenza del Signore” (Giona 1:2-3)
Non c'è accordo tra gli studiosi su dove si trovi Tarsis. Ma se leggiamo 2 Cronache ci facciamo un'idea. Il tempo è quello del regno di re Salomone.
“Infatti il re aveva delle navi che andavano a Tarsis con la gente di Curam; e una volta ogni tre anni venivano le navi da Tarsis, portando oro, argento, avorio, scimmie e pavoni.” (2 Cronache 9:21)
Una nave mercantile impiegava due anni per fare un viaggio di andata e ritorno a Tarsis, più uno per caricare le merci. Quindi l'ipotesi che Tarsis sia nella Spagna moderna, è probabilmente la più accurata.
Il piano di Giona era di andare il più lontano possibile... e probabilmente restare là... magari in attesa che Dio trovasse qualcun altro da mandare a Ninive... e si dimenticasse di Giona.
E per fare questo va a Iafo (l'attuale Giaffa) aspetta una barca per Tarsis (e non erano frequenti come i treni della metro a Roma) e ci sale; egli sta quasi letteralmente andando il più lontano possibile nella direzione opposta.
So cosa state pensando: “Che credente da nulla è Giona!" Ma Giona aveva le sue ragioni.
Vedete, altri profeti sono stati chiamati a parlare contro le nazioni. Abdia predica contro Edom. Naum predica contro l'Assiria. Isaia contro Babilonia, Assiria ed Egitto, Geremia fa lo stesso.
Sapete quale è la differenza tra tutti questi profeti e Giona? Che quelli predicavano contro altre nazioni o da Israele o da altri posti dove erano stati deportati a forza. A Giona Dio chiede di lasciare deliberatamente Israele e di andare di sua volontà in una città pagana dove si fanno sacrifici umani.
Vedete che la situazione è differente?Riusciamo ad essere un minimo empatici con questo profeta riluttante, e a comprendere la sua fuga? Che cosa avrei fatto io nella sua stessa situazione?
E Giona reagisce. Reagisce per due motivi: il primo è la preoccupazione per se stesso. Il secondo è più grave: l'indignazione per un Dio che mostra misericordia verso un popolo pagano, peccatore e omicida (lo vedremo più avanti nel libro).
La visione che Giona ha di Dio non prevede la misericordia per il popolo di Ninive; trova questa misericordia inattesa troppo inquietante e decide di andare nella direzione opposta.
Ecco quindi la domanda di applicazione per oggi: troviamo la misericordia inattesa di Dio troppo inquietante?
È troppo inquietante pensare che Dio abbia pietà di un uomo che tradisce la moglie o ha una vita sessuale promiscua?
Abbiamo difficoltà a pensare che Dio avrebbe pietà di coloro che trovano nei soldi, o nella fama il loro idolo da venerare?
È troppo sconvolgente per noi riconoscere che verso uomini e donne che praticano l'omosessualità, o lottano con l'identità di genere, o promuovono il matrimonio tra persone dello stesso sesso, Dio sia disposto ad essere misericordioso?
Possiamo immaginare che Dio abbia misericordia di chi è entrato in casa nostra e ha rubato i nostri telefoni, i nostri i-pad, i nostri gioielli e la nostra TV e se ne è andato con la nostra auto usando le chiavi che erano sul tavolo?
Abbiamo difficoltà a pensare che i truffatori, o i padroni che schiavizzano i lavoratori sottopagandoli trovino un Dio che è disposto ad avere misericordia per loro?
Abbiamo previsto che l'alcolizzato, o il drogato, che ha rovinato la vita della sua famiglia, che ha perso tutti i suoi soldi e che guida sulle strade con alcool e droga nel sangue e uccide un passante perché non lo ha visto, potrà trovare un Dio che abbia misericordia di lui?
Troviamo inquietante che per coloro che negano Dio, che si scagliano contro il cristianesimo e fanno del tutto per opprimere chi crede Dio abbia un progetto di misericordia?
E, attenzione, non ho usato esempi a caso, ma li ho tratti dalla Scrittura:
“Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v’illudete: né fornicatori, né idolatri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio..” (1 Corinzi 6:9-11)
Paolo usa tre verbi al passato, pesanti come pietre; qualcosa è accaduto... ed è irreversibile.
Lavati
In greco è ??????? apolouo?; che è composto da ???? louo? , ovvero "lavato" più il prefisso ??? apo, "via". Il sangue di Gesù ha lavato via i peccati: tutti.
Santificati
In greco è ?????? hagiazo?; che significa “purificati per un'offerta”. Gesù ci ha resi degni di essere presentati al Padre, ci ha collocati in una situazione spirituale di santità davanti a Dio.
Giustificati
In grco è ??????? dikaioo?; che significa “far ritornare diritti” Gesù ci ha raddrizzati, come se non avessimo mai peccato e non fossimo mai stati un peccatori.
Chi è che ha ricevuto tutto ciò da Gesù? Tutti nell'elenco di Paolo. Non gli integri, non quelli che vanno ogni giorno al tempio, non chi fa elemosina abbondante...
Ma ogni categoria di peccatori. Nessuno escluso. Questo ci disturba? Ci fa arrabbiare una misericordia così inaspettata? C'è forse un po' di Giona in tutti noi?
A Giona Dio aveva detto “Alzati e vai a parlare alla città di Ninive perché il suo male ha la mia attenzione.”; a ciascuno di noi Gesù ha detto questo:
"E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo...". (Matteo 28:18-19)
"Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra».". (Atti 1:8)
Lo faccio io ? Sono disposto ad andare? E se non vado è perché non credo che Dio possa portare alla trasformazione e al pentimento? Oppure sono effettivamente turbato dal fatto che sia possibile una misericordia così inattesa e non mi sta bene, perché non la ritengo giusta e vorrei vedere friggere i nemici miei e di Gesù?
La misericordia inattesa di Dio ci costringe a fermarci e a riflettere. Perché vediamo le opere di Dio da una prospettiva diversa, una prospettiva che ci mette alla prova; mette alla prova na nostra logica causa-effetto: tu pecchi, per cui vieni punito. E' giusto, è dovuto.
Ma invece Dio è paziente e misericordioso; manda una barca a soccorrere i peggiori peccatoti dal naufragio delle loro vite, da loro una seconda, una terza, una ennesima chance per salvarsi...
Ma Dio è paziente e misericordioso anche con noi; lo dimostra da come ha trattato Giona.
Ci vogliono almeno quattro giorni per camminare da Gat-Efer a Iafo. E non è che a Iafo parta una barca per Tarsis ogni giorno. Forse Giona avrà atteso una settimana, anche due.
La disobbedienza di Giona non è andare a Iafo. Non c'è nemmeno bisogno di uscire dalla porta di casa per disobbedire a Dio; avrebbe potuto, semplicemente, dire “NO!”. Quante volte lo faccio io all'anno... o al mese... o alla settimana... o al giorno?
Giona lo sa, che Dio governa la sua vita, tanto che dopo dirà:
"Sono Ebreo e temo il Signore, Dio del cielo, che ha fatto il mare e la terraferma.". (Giona 1:9)
Il Dio che ha creato il mare è dove si trova il mare. Giona sa che non può scappare da Dio; e non è questo che Giona sta facendo.
La strategia di Giona consiste nel cercare di andare in un posto dove possa evitare la chiamata di Dio sulla sua vita: “Se sono abbastanza distante da Ninive, allora Dio non lo chiederà più a me.”
Giona cerca di fuggire dalla sua identità. L'identità di essere un agente, un predicatore, un testimone della Misericordia imprevista di Dio. Ma Dio mostra pazienza, in modo che Giona possa riscoprire cosa Lui fa, chi Lui è.
Così, anche Giona è il destinatario della Grazia inattesa di Dio; non c'è punizione per la disobbedienza, ma misericordia, e attesa di un cuore che cambi.
Al momento è una grazia che Giona trova inquietante. E forse anche noi.
Davanti a tanta misericordia da parte di Dio ciò che devo chiedermi e che suggerisco anche a te di chiederti, è: "Trovo inquietante la grazia inattesa di Dio?". E, ancora: “Trovo inquietante che un Dio misericordioso chiami me ad agire per lui?".
Preghiamo.
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A fianco di chi siede Gesù? A fianco di coloro che sono accettati dalla società... o a fianco di coloro che sono visti come reietti? A fianco di chi non ha pensieri per la testa, o di chi soffre? E per cosa gioisce Gesù? Per le sue novantanove pecore nell'ovile, o per quella ritrovata?
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Predicatore: Michele Carlson
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"Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova? E trovatala, tutto allegro se la mette sulle spalle; e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta”. Vi dico che, allo stesso modo, ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento. " (Luca 15:2-7)
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La chiesa è chiamata ad andare oltre il riunirsi in un luogo la domenica. La chiesa non è mai un qualcosa di statico, ma cambia nel tempo, con lo scopo di adempiere al Grande Mandato di Gesù. Ed ogni cambiamento non è una "malattia" da curare, ma una opportunità da cogliere... per essere più efficaci nel testimoniare di Cristo al mondo.
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Predicatrice: Jean Guest
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Nel romanzo “1984” di George Orwell, la stanza delle torture è denominata Stanza 101 e nel Regno Unito l'abbiamo trasformata in un programma televisivo umoristico in cui personaggi famosi dicono le tre cose che li torturano e che meritano di entrare in una immaginaria Stanza 101.
Due cose che io metterei hanno a che fare con l'uso che alcuni cristiani fanno della nostra fede: la prima è quella delle canzoni d'azione (non ho bisogno di fare questo per sapere che il mio Dio è grande, forte e potente) e la seconda è quella di trasformare le Scritture in simpatici poster.
Non voglio offendere nessuno se queste due cose sono di vostro gusto, a ciascuno il suo, ma se volete sapere perché ne sono contro, è perché rendono banale e sentimentale proprio ciò che amo del mio Dio e della mia fede: nessuno dei due si sottrae dal vedere le cose come sono realmente ed entrambi sono felici di sporcarsi le mani.
La vita è disordinata, le persone sono disordinate e noi abbiamo un Dio che ha lasciato il Cielo per camminare in mezzo al disordine, affinché un giorno potessimo avere a pieno la sua nuova creazione.
Forse ricorderete che qualche settimana fa ho detto che la chiesa dovrebbe essere il luogo più sicuro sulla Terra; ma dovrebbe anche essere il luogo più convincente sulla Terra dove si vive il Vangelo. Dove si affronta la confusione. Ne abbiamo un esempio in Filemone:
“...ti prego per mio figlio che ho generato mentre ero in catene, per Onesimo, un tempo inutile a te, ma che ora è utile a te e a me. Te lo rimando, lui, che amo come il mio cuore. Avrei voluto tenerlo con me, perché in vece tua mi servisse nelle catene che porto a motivo del vangelo; ma non ho voluto fare nulla senza il tuo consenso, perché la tua buona azione non fosse forzata, ma volontaria. Forse proprio per questo egli è stato lontano da te per un po’ di tempo, perché tu lo riavessi per sempre; non più come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello caro specialmente a me, ma ora molto più a te, sia sul piano umano sia nel Signore! Se dunque tu mi consideri in comunione con te, accoglilo come me stesso. Se ti ha fatto qualche torto o ti deve qualcosa, addebitalo a me. IO PAOLO, LO SCRIVO DI MIA PROPRIA MANO: PAGHERO’ IO.” (Filemone:10-19 a)
Ecco i retroscena: Onesimo (che significa Utile) era uno schiavo di Filemone. La nuova chiesa di Colosse si riuniva nella casa di Filemone dove, come abbiamo visto la volta scorsa, si dedicava all'insegnamento e all'apprendimento, al culto, alla preghiera e alla Cena del Signore.
È molto probabile che Onesimo abbia ascoltato tutto questo e che sia diventato un credente. Quello che sappiamo per certo è che fa qualcosa di molto sbagliato e scappa ( scappa da Paolo che è in prigione a Efeso).
Il significato è che Onesimo sta rubando qualche cosa a Filemone, perché Paolo dice che ripagherà Filemone per intero. È qui a Efeso che Onesimo diventa sicuramente un credente e, all'altezza del suo nome, si rende utile a Paolo che lo vede come un figlio.
Qui il discorso si fa interessante: Onesimo, in quanto schiavo fuggito, avrà una taglia sulla testa e Colosse sarebbe un posto pericoloso dove essere rimandato. Ma Paolo fa questo: lo rimanda da Filemone come portatore della sua lettera in cui chiede a Filemone di fare l'impensabile e di riaccettare Onesimo nella sua famiglia.
E non solo, ma di accettarlo come fratello; Paolo non gli dice di liberarlo, ma di riconciliarsi con lui. Come dice NT Wright, "...è il nuovo ordine mondiale del Vangelo, come sperimentato dalla Chiesa". Quando ci riuniamo come Chiesa, siamo la casa della riconciliazione. Riconciliazione tra le persone, ma soprattutto tra Dio e le persone.
“...e se anche abbiamo conosciuto Cristo da un punto di vista umano, ora però non lo conosciamo più così. Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, [tutte le cose] sono diventate nuove. E tutto questo viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé per mezzo di [Gesù] Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione.” (2 Corinzi 5:16b-18)
È per questo che siamo stati salvati, per far conoscere il messaggio della riconciliazione. Lo ha detto il grande arcivescovo Desmond Tutu:
“L'atto di riconciliazione è la grazia con cui permettiamo all'altra persona di rialzarsi, e di rialzarsi con dignità, per ricominciare. Nell'atto di perdono dichiariamo la nostra fede nel futuro di una relazione e nella capacità del malfattore di cambiare.” Desmond Tutu - Arcivescovo città del Capo - Sud Africa
Il nostro messaggio è che puoi essere perdonato, redento, restaurato e riconciliato, indipendentemente da ciò che hai fatto o pensi di essere, e noi, la Chiesa, siamo qui per accoglierti nella famiglia, proprio come Filemone e Onesimo. Ma non possiamo farlo seduti qui, lo facciamo là fuori.
La missione di Dio comporta sempre il mandare e il servire. Prima il mandare. Lo conosciamo come il Grande Mandato, con l'enfasi di solito sulla parola “Andate!”, punto esclamativo. Ma mi piace il modo in cui la traduzione The Message in inglese della Bibbia lo traduce. Mi piace perché troppo spesso interpretiamo l "Andate" come un andare il più lontano possibile, ma qui è “Uscite!” e tutti noi ne siamo capaci.
“Gesù, imperterrito, andò avanti e diede il suo incarico: "Dio mi ha dato autorità e comandato di mandarvi: uscite dunque e ammaestrate tutti quelli che incontrate, lontani e vicini, su questo modo di vivere, segnandoli con il battesimo nel triplice nome: Padre, Figlio e Spirito Santo. Poi istruiteli nel praticare tutto ciò che vi ho comandato. Sarò con voi mentre fate questo, giorno dopo giorno, sino alla fine dei tempi". (Matteo 28,18-20 - trad. The Message)
Mi piace anche perché, messa in questi termini, la chiesa sembra più un movimento che una religione, e questo è esattamente ciò che la chiesa primitiva era: un catalizzatore per il cambiamento sociale e per la salvezza.
Nel suo libro Dominion, lo storico Tom Holland parla così dell'effetto del cristianesimo:
“Un Dio sofferente su una croce è stata la bomba che ha fatto esplodere l'ordine mondiale Greco-Romano. Il cristianesimo come storia del potere speso volontariamente a favore dei vulnerabili; della forza impiegata per proteggere i deboli. La storia del forte che sceglie di fare la vittima per conto degli oppressi, per risparmiare loro l'ignominia e la vergogna... è la storia di come il dominio sacrificale di Cristo, mediato attraverso il dominio sacrificale della Chiesa, ha liberato e sta liberando il mondo occidentale.” (Tom Holland – Dominion: come il cristianesimo ha modellato l'Occidente)
Come dice il pastore americano Rich Villodas, "...a molti non importa nulla della nostra buona notizia se non è anche una buona notizia che porta a un mondo migliore e più giusto". I movimenti cambiano il mondo, le funzioni religiose complessivamente no.
Quindi forse è arrivato il momento di pensare a come ci organizziamo, a come ci incontriamo e a dove ci incontriamo. Il nostro "andare" ha forse bisogno di essere rivitalizzato.
Ma da chi andiamo? In due parole: dagli smarriti. Mi è stato recentemente ricordato (anche se ho predicato su questo tema solo poche settimane fa) che questo è il linguaggio di Gesù ed è pieno di compassione; gli smarriti non sono persone in difetto, ma coloro che cercano di tornare a casa.
E come possiamo andare? Quando a Gesù è stato chiesto quale fosse il comandamento più grande, ha dato la risposta attesa di "amare Dio con tutto il cuore, la mente, l'anima e la forza", ma poi ha aggiunto un altro "e ama il tuo prossimo". L'amore per Dio si accompagna a un mandato missionario: andiamo a servire con amore e, per Gesù, non si può fare l'uno senza l'altro.
Questo mi riporta a ciò che abbiamo analizzato qualche settimana fa, ovvero a come la Chiesa primitiva rispondesse ai bisogni che la circondavano e a ricordarvi che viviamo nel bel mezzo di un'epidemia di solitudine.
Se mettiamo insieme queste due cose, forse vediamo dove si trova la nostra opportunità di amare, servire e condividere. Come possiamo essere ansiosi di andare avanti mentre ignoriamo il campo di missione alle porte?
Vi fornisco alcuni esempi da considerare.
Negli Stati Uniti esiste un movimento di chiese chiamato Dinner Church: “Chiesa della Cena”. È nato a Seattle, quando un pastore, sconcertato per la diminuzione della sua congregazione, ha fatto una passeggiata di preghiera intorno alla sua chiesa ed è rimasto sorpreso nel sentire Dio dirgli di abbandonare l'edificio della chiesa e di iniziare a dare da mangiare ai senzatetto e ai bisognosi. Dieci anni dopo ci sono Chiese della Cena in tutti gli Stati dove le persone vengono per un pasto gratuito, fanno amicizia, possono chiedere preghiera e ascoltare un brevissimo messaggio su Gesù. Non è che Dio voleva che la chiesa chiudesse, ma voleva immaginarla in un modo diverso e riaprirla.
La chiesa da cui provengo nel Regno Unito fa qualcosa di simile ogni primo giovedì del mese: offre un pranzo leggero a base di zuppa e pane e, dato che sono inglesi, una tazza di tè; inoltre c'è un breve messaggio e la possibilità di chiedere una preghiera.
Quando vivevo a Londra, facevo parte di un gruppo di diverse chiese e denominazioni che offrivano colazioni per le persone che stavano andando al lavoro; era un'occasione per iniziare bene la giornata e sapere che qualcuno pensava a te e pregava per te mentre andavi a una riunione difficile o affrontavi un capo difficile.
Tutti e tre questi esempi riguardano la fornitura di un servizio, e la rottura della solitudine e la condivisione della vita e dell'amore di Gesù.
Non so cosa si adatterebbe a un contesto italiano, non so con certezza se questo è ciò che Dio sta chiamando a fare questo gruppo di credenti, ma credo che ci siano una serie di cose che la nostra chiesa deve considerare alla luce delle nostre circostanze e di questo insegnamento.
Vorrei suggerire umilmente che il cambiamento non significa che Dio ci abbia abbandonato o che ciò che è stato in passato debba essere considerato un fallimento; c'è una stagione per ogni cosa e dobbiamo accettarlo, come ci dice l'Ecclesiaste 3:1.
In secondo luogo, la chiesa, qualsiasi chiesa, può essere ugualmente potente ed efficace indipendentemente dal luogo in cui si riunisce, perché è il dedicarsi all’adorazione, alla preghiera e all'apprendimento che ci rende efficaci, e i numeri non contano.
"Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro." (Matteo 18:20)
Essere chiesa riguarda il modo in cui viviamo, il modo in cui preghiamo e il modo in cui condividiamo la nostra vita usando i doni che Dio ci ha dato.
“La fine di tutte le cose è vicina; siate dunque moderati e sobri per dedicarvi alla preghiera. Soprattutto, abbiate amore intenso gli uni per gli altri, perché l’amore copre una gran quantità di peccati. Siate ospitali gli uni verso gli altri senza mormorare. Come buoni amministratori della svariata grazia di Dio, ciascuno, secondo il dono che ha ricevuto, lo metta a servizio degli altri. Se uno parla, lo faccia come si annunciano gli oracoli di Dio; se uno compie un servizio, lo faccia come si compie un servizio mediante la forza che Dio fornisce, affinché in ogni cosa sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.” (1 Pietro 4:7-11)
Amen.
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La chiesa, che sia grande o piccola, è il luogo dove si impara a correre assieme, a supportarsi, ad ammonirsi ed incoraggiarsi. Gesù non ha mai mandato i suoi discepoli da soli in una missione; se vuoi essere efficace nella tua vita di credente, devi avere una chiesa reale, fatta di uomini e donne come te.
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Vi ricordate cosa è successo dal 15 marzo 2020 al 31 maggio 2020? Era il periodo più difficile della pandemia, e in tutto il paese sono state sospese qualsiasi tipo di riunione... anche quelle di chiesa... vi ricordare?
Nonostante tutto abbiamo in qualche modo trovato maniere alternative di riunione, attraverso Zoom, attraverso le dirette su Facebook e su Youtube, attraverso i messaggi su Whatsapp.
Non era ideale, ma ciascuno di noi proprio in quella situazione di estremo disagio sentiva la necessità di essere più stretto all'altro; cercava il sostegno e sentiva la necessità di una comunità.
Forse sbaglio, ma penso che la chiesa è stata più unita in quel periodo che in quelli dove questa sala era piena di persone che dovevamo mettere giù tutte le sedie disponibili.
E' stato quello uno dei momenti in cui come pastore, sono stati più fiero dell'opera che il Signore aveva piantato e che mi aveva chiamato, non so neppure io perché, a condurre.
Ho visto in quel periodo gran parte degli insegnamenti domenicali cadere nel posto giusto: l'incoraggiamento, la compassione, la preghiera per gli altri.
Ma, soprattutto, ho visto nella mia chiesa la consapevolezza che non si può nutrire la propria fede, non si può crescere al di fuori del “corpo di Cristo”, la chiesa. UNA chiesa specifica, con persone reali, mani, piedi, occhi, sorrisi e braccia.
Paolo dice:
“Così, sotto ogni aspetto ci avvicineremo sempre più a Cristo, che è il capo [del suo corpo, la chiesa]. Sotto la sua guida, tutto il corpo, ben collegato e tenuto unito dalle giunture, grazie al contributo di ogni singola parte, riceverà da lui quella forza che lo fa crescere nell'amore.” (Efesini 4:11-16)
La chiesa è un “corpo”, il corpo di Cristo, e la sua forza è proporzionale a quanto ciascuna delle sue parti è collegata all'altra.
La chiesa è anche una “famiglia”. Da gennaio saremo chiamati ad essere forse un po' meno ordinati, un po' meno “strutturati” e a prendere le cose così come vengono, con qualche problema di audio delle basi dei canti magari meno “serie di messaggi” magari più brevi, o forse solo lettura e commento assieme di brani la Bibbia.
Ma la chiesa è una famiglia, e in una famiglia non c''è sempre uno che parla; dovremo riscoprire cosa significhi essere “famiglia in Cristo” anche la domenica a guardarci negli occhi, a parlare assieme incrociando le opinioni... proprio come si fa in una famiglia sana.
Nei miei trenta anno di servizio al Signore, ho incontrato spessissimo persone che magari venivano in chiesa per una o due mesi, poi sparivano... inspiegabilmente, senza un motivo apparente.
E quando magari le incontravi per caso, ti raccontavano o che avevano scelto un'altra chiesa perché quella era una chiesa “giusta”, ovvero una chiesa online...
Per molti anni il podcast legato alla nostra chiesa è stato stabilmente tra i primi dieci podcast cristiani in in Italia; perché eravamo una delle pochissime chiese evangeliche in Italia ad utilizzare i podcast come mezzo per diffondere l'evangelo. Poi la pandemia ha spinto quasi tutti sul web... e ci sono chiese molto più efficaci della nostra e con molti più mezzi.
Tramite essi noi come atri riusciamo a nutrire persone al di là della nostra collocazione geografica. Ma mai nessun podcast, mai nessuno streaming on-line, mai nessun programma satellitare potrà mai sostituire la chiesa “fisica”, reale, fatta di uomini e donne che si incontrano assieme.
Non ci sono chiese “perfette”; le chiese sono fatte da peccatori, come me che ne guido una per la Grazia di Dio soltanto, non per merito, ma è quello il posto dove cercare le risposte, dove attingere l'aiuto che serve a ciascun credente per mezzo di pastori, insegnanti ma anche da semplici membri di chiesa.
Ormai viviamo nell'epoca dove i media hanno sostituito gran parte delle relazioni umane; dove crediamo di vedere la “vita vera” attraverso i “reality” anche se sappiamo bene che le situazioni sono finte e che le persone stanno interpretando una parte.
E, purtroppo, molto credenti sono portati a pensare che non gli serve una chiesa, ma che basta quella via web. Intendetemi, si può ricevere suggerimenti, dei consigli, Dio può servirsi di Marco (o di quant'altri) per edificare, ammonire, illuminare, toccare il cuore... ma non è un sostituto alla chiesa!
Continuo a ripeterlo: nel Nuovo Testamento ci sono 58 comandamenti che non possono essere adempiuti se non si fa parte di una chiesa, e che sono connessi alla frase “gli uni gli altri”: amatevi, esortatevi, ammonitevi, accoglietevi... e tutto questo non lo si può fare senza una chiesa. Né io né altri possono farlo per tramite di un mezzo elettronico!
Perché ho bisogno di una famiglia spirituale?
I) Ho bisogno di altri con cui camminare
Paolo dice:
“Come dunque avete ricevuto Cristo Gesù, il Signore, così camminate in lui” (Colossesi 2:6)
La Bibbia paragona spesso la vita spirituale ad un cammino: ci sono almeno due benefici a non essere da soli quando stai facendo il cammino.
1) E' più sicuro
Camminare a soli di notte non è stata mai una buona idea: la vita che fa il mondo rassomiglia molto alla notte; una notte spirituale, ovviamente, ma come in quella fisica è meglio non essere da soli: Salomone afferma:
“Se uno tenta di sopraffare chi è solo, due gli terranno testa; una corda a tre capi non si rompe così presto” (Ecclesiaste 4:12)
2) C'è più supporto
Jean ne ha parlato la settimana scorsa: ha detto:
“La fedeltà è dura, è una fatica, richiede lavoro e intenzionalità. Si sa che i maratoneti di solito si allenano in gruppo perché è più facile continuare a percorrere la lunga distanza quando ci sono altri che ti incoraggiano. Gesù ha detto "rimanete in me", in altre parole, "rimanete fedeli" e questo è più facile da fare nella comunità dei credenti.”
C'è un proverbio dello Zambia che dice: “Quando corri da solo corri più veloce, quando corri assieme ad altri corri più a lungo” ; la salvezza, la chiesa, proclamare Cristo, non è una gara di velocità, ma di durata. E se sei in compagnia duri di più.
In Ebrei è scritto:
“Non trascuriamo le nostre riunioni di chiesa, come fanno certuni regolarmente; incoraggiamole invece, esortandoci a vicenda” (Ebrei 10:25 PV)
In una chiesa, anche se piccola, si impara la fedeltà; perché ognuno è una parte indispensabile. Pensate a una chiesa di due (perché Gesù ha detto che dove sono due tre riuniti nel suo nome, lui è là) dove uno manca! In una chiesa, forse anche meglio se piccola, ci si incoraggia a vicenda; è la conseguenza naturale del rapporto che si crea.
E' per questo che quando la chiesa si fa “piccola” come in questo momento, ogni persona è importante per incoraggiare l'altro e per essere incoraggiato personalmente.
Se non hai una chiesa, con chi cammini insieme? Sei da solo, da sola, oppure hai una famiglia che cammina con te?
II) Ho bisogno di altri con cui lavorare
E' il motto della nostra chiesa: “Amare non è un sentimento, amare è un'azione.” e per agire ho bisogno di altri per adempiere ai comandamenti di Gesù. Paolo dice:
“È Dio stesso che ci ha fatto così e ci ha dato nuova vita in Gesù Cristo, per farci compiere quelle buone opere che egli aveva preparato per noi fin da principio.” (Efesini 2:10 PV)
Dio ha dato a ciascuno di noi doni e talenti particolari, ma molti di questi posso utilizzarli solo se ho relazioni con gli altri; doni di incoraggiamento, doni di discernimento, ecc.
1) Lavorare (anche se per il Signore) è stancante
Se lavoro da solo sarò esausto: sempre Salomone ha detto:
“Due valgono più di uno solo, perché sono ben ricompensati della loro fatica. Infatti, se l’uno cade, l’altro rialza il suo compagno; ma guai a chi è solo e cade senza avere un altro che lo rialzi!” (Ecclesiaste 4:9-10)“
Gesù non mandava mai i suoi discepoli da soli:
“Quindi riunì i dodici discepoli e li mandò fuori a due a due” (Marco 6:7a PV)
Molti, sia tra i credenti che tra i non credenti, vengono colti dalla sindrome “faso todo mi”, faccio tutto io. Così facendo in breve tempo sarai bruciato (o bruciata), andrai in depressione, e non riuscirai a fare neppure la metà di quello che avresti fatto assieme ad altri. Neppure Madre Teresa faceva tutto da sola, ma aveva centinaia se non migliaia di persone che la aiutavano.
In una chiesa di grandi dimensioni questo è impossibile; in una chiesa delle nostre dimensioni attuali è parzialmente possibile; ma è comunque meglio avere anche incontri al di fuori. Di chiesa: probabilmente da gennaio saranno più importanti quelli che le domeniche.
In che fase ti trovi Sei nella fase “faso todo mi”, oppure hai una famiglia che ti aiuta? La chiesa è la famiglia che Dio ha creato per i suoi figli:
Il fatto che io sarò defilato dal dirigere in prima persona la chiesa secondo me porterà col tempo più frutti che problemi: i pastori (specialmente quelli come me... faso todo mi...) talvolta sono “ingombranti”: e questo libererà voi nel fare di più in famiglia.
III) Ho bisogno di altri che veglino su me
Quando parti per le vacanze, chiedi ai vicini se danno una controllata alla tua casa? Dovresti chiederlo anche per la tua anima Ma visto che non lo puoi chiedere a uno qualsiasi, ti serve un piccolo gruppo dove sei amato, sei amata. Paolo afferma:
“Non pensate soltanto al vostro interesse, ma preoccupatevi piuttosto di quello degli altri.” (Filippesi 2:4)
1) Altri che mi amano
Spesso esco da casa senza essermi pettinato; mi serve mia moglie che mi dica “Caro, ti sei pettinato?”. Perché lo fa? Perché mi vuole bene, perché non vuole che appaia come uno sciocco agli altri. Non ne trae nessun vantaggio, non c'è un beneficio imminente o futuro. E' un semplice atto d'amore (“hai la zip lasciata giù...” mi toglie dall'imbarazzo).
Spesso nella mia vita di credente ci sono cose che non ho “pettinato”, e non ci faccio nemmeno più caso, ma che mi farebbero apparire sciocco (o peggio) davanti alle persone e a Dio; un peccato ricorrente ed evidente, una decisione sbagliata, un comportamento da correggere.
Ma uno che mi vuole bene e non lo fa per vantaggio personale può salvarmi dall'imbarazzo verso Dio e gli uomini.
Sei sicuro da solo di uscire la mattina pettinato e con la zip alzata? Dio ha previsto un posto sicuro dove altri possano dirtelo prima che sarai di fronte ad un grande imbarazzo, e quel posto è la chiesa.
Conclusione
La chiesa è un imparare a camminare assieme, a lavorare assieme, a vegliare sull'altro assieme.
“E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva al loro numero ogni giorno quelli che venivano salvati.” (Atti 2:46-47)
La chiesa è fatta per accogliere altre persone che vivono attorno, che camminano da sole, l
che lavorano da soli, e non hanno nessuno che vegli su di loro: è queste persone che Gesù sta cercando attraverso la nostra chiesa.
Cosa farai? Accetterai di nuovo la sfida di continuare a crescere, anche se la forma della tua chiesa sarà cambiata, anche se il luogo potrebbe non rimanere lo stesso?
Gesù ha in serbo per te, se accetti ancora un mare di avventure da vivere assieme nella tua chiesa.
Preghiamo.
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Una delle maniere più potenti che abbiamo come credenti per testimoniare Cristo al mondo è il riunirsi; non visitando un edificio una volta alla settimana, ma essendo coinvolti gli uni con gli altri. Sia che ci troviamo in una grande chiesa sia in una piccola comunità, il risultato sarà quello di mostrare la gioia della salvezza al mondo.
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Predicatrice: Jean Guest
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Quando le guerre erano basate più sul corpo a corpo che sulla tecnologia a distanza, era difficile sapere in mezzo al caos dove si trovasse il proprio schieramento; così si usava esporre uno stendardo, o una bandiera, per segnalare "qui è dove si trova la tua gente, qui è dove ci stiamo radunando". Era anche il luogo in cui si trovava il comandante e da lì partivano gli ordini. C'è un esempio di questo nell'Esodo...
“E Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci a combattere contro Amalec; domani io starò sulla vetta del colle con il bastone di Dio in mano». Giosuè fece come Mosè gli aveva detto e combatté contro Amalec; e Mosè, Aaronne e Cur salirono sulla vetta del colle. E quando Mosè teneva le mani alzate, Israele vinceva; e quando le abbassava, vinceva Amalec. Ma le mani di Mosè si facevano pesanti. Allora essi presero una pietra, gliela posero sotto ed egli si sedette; Aaronne e Cur gli tenevano le mani alzate, uno da una parte e l’altro dall’altra. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. E Giosuè sconfisse Amalec e la sua gente passandoli a fil di spada.” (Esodo 17:9-13)
Lo stendardo qui era il bastone sorretto da Mosè. È lo stesso bastone a cui si riferisce Gesù in Giovanni 3:
“E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui [non perisca, ma] abbia vita eterna.” (Giovanni 3:14-15)
In Giovanni 12 dice anche questo
“...e io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me...” (Giovanni 12:32)
Gesù si riferisce chiaramente alla sua morte sulla croce, ma ci sono implicazioni per noi come Chiesa. In che modo Gesù viene innalzato oggi? In che modo le persone vengono attirate a Lui nel 2022?
Succede quando ricordiamo che siamo i suoi portabandiera riuniti per far conoscere la sua presenza e tenere alto il suo vessillo d'amore. Come dice Tyler Staton, pastore della chiesa di Bridgetown:
"Il compito della chiesa non è comprovare la narrazione biblica, ma incarnarla in modo tale che le persone sappiano senza alcun dubbio che questa è la dimora di Dio".
Quindi la prima cosa che siamo come popolo riunito di Dio è un indicatore della sua presenza viva nel mondo.
La seconda cosa che siamo secondo Gesù è questa...
“E insegnava, dicendo loro: «Non è scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti”?».” (Marco 11:17 a)
Gesù sta citando Isaia 56:7 ed è nel contesto in cui sgombera il tempio dagli usurai e da coloro che traggono profitto dalla vendita delle offerte sacrificali; dice che hanno trasformato il tempio in un "covo di ladri".
Stanno rubando ai fedeli e a Dio perché hanno eretto delle false barriere: solo chi ha abbastanza denaro può permettersi di entrare, mettendo Dio fuori dalla portata della maggior parte delle persone. Guardate cosa succede subito dopo:
“E disse loro: «È scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”, ma voi ne fate un covo di ladri». Allora vennero a lui, nel tempio, dei ciechi e degli zoppi, ed egli li guarì.” (Matteo 21:13-14)
Coloro che erano rimasti fuori hanno improvvisamente accesso alla presenza di Dio, sono accolti e guariti.
L'idea che il tempio sia una casa di preghiera ad accesso libero può essere fatta risalire al momento in cui Davide prese finalmente il suo posto di re. Davide aveva trascorso sette anni dopo l'unzione da parte di Samuele, impedito di occupare il posto che gli spettava sul trono; si potrebbe pensare che in tutti questi sette anni avrebbe pianificato un'incoronazione fantasmagorica. Ma questo è ciò che accadde.
“Davide era cinto di un efod di lino e danzava a tutta forza davanti al Signore. Così Davide e tutta la casa d’Israele trasportarono su l’arca del Signore con gioia e a suon di tromba, Portarono dunque l’arca del Signore e la collocarono al suo posto, in mezzo alla tenda che Davide le aveva montato; e Davide offrì olocausti e sacrifici di riconoscenza davanti al Signore. Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di riconoscenza, Davide benedisse il popolo nel nome del Signore degli eserciti e distribuì a tutto il popolo, a tutta la moltitudine d’Israele, uomini e donne, un pane per uno, una porzione di carne e un grappolo di uva passa. Poi tutto il popolo se ne andò, ciascuno a casa sua.” (2 Samuele 6:14-15, 17-19)
Davide non è al centro dell'attenzione, entra come sacerdote e non come re; al centro dell'attenzione c'è l'arca del Signore. Davide aveva recuperato l'arca da dove Saul l'aveva abbandonata e stava riportando la rappresentazione fisica della presenza di Dio nel cuore della comunità. La colloca in una tenda (o tabernacolo) a cui tutto il popolo ha accesso e da cui benedice tutto il popolo.
Per citare ancora Tyler Staton:
"Quando diamo priorità alla preghiera e all'adorazione nella chiesa, si ottiene il Regno nella città e la gente viene benedetta".
Essere chiesa riguarda il modo in cui viviamo e il modo in cui preghiamo. La Chiesa primitiva lo sapeva.
I credenti formano una comunità
“Ed erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli. Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le proprietà e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva al loro numero ogni giorno quelli che venivano salvati.” (Atti 2:42-47)
Vediamo cosa possiamo imparare, ma prima di farlo, notate il titolo I credenti formano una comunità. La nostra salvezza è personale, ma il modo in cui viene vissuta è in comunità, non visitando un edificio una volta alla settimana, ma essendo coinvolti gli uni con gli altri.
La parola "perseveranti" significa "continuamente saldi". Significa abbracciare completamente qualcosa, essere immersi in qualcosa, essere totalmente fedeli.
La fedeltà è dura, è una fatica, richiede lavoro e intenzionalità. Si sa che i maratoneti di solito si allenano in gruppo perché è più facile continuare a percorrere la lunga distanza quando ci sono altri che ti incoraggiano. Gesù ha detto "rimanete in me", in altre parole, "rimanete fedeli" e questo è più facile da fare nella comunità dei credenti.
Notate le cose a cui si dedicavano: l'insegnamento/ apprendimento, la comunione fraterna, il mangiare insieme e la preghiera - non necessariamente attività di gruppo, ma più facili da praticare se praticate in compagnia. Questo mi porta alla prossima frase evidenziata: la condivisione.
Nel brano è menzionata più di una volta. I credenti condividevano i pasti, il tempo, i beni, il denaro. Ciò significava che nessuno rimaneva senza, nessuno rimaneva con un bisogno non soddisfatto, nessuno si sentiva solo.
Voglio dare un contesto a questo particolare modo di condividere. All'improvviso c'era un gran numero di visitatori stranieri che erano diventati credenti - probabilmente non avevano avuto nessuna intenzione di rimanere a Gerusalemme più di qualche giorno, ma erano qui e avevano bisogno di cose basilari.
Ora, non lo dico per creare una giustificazione, "allora era così, oggi è cosà", ma per dimostrare che la chiesa era flessibile, adattabile e rispondeva ai bisogni immediati delle persone intorno a loro (tenete a mente questo pensiero per la terza parte di questa serie).
È una reazione che è caratteristica di quella "generosità gioiosa" che Paolo dice essere il modo in cui la chiesa dovrebbe essere in 2 Corinzi 9. Sia che ci troviamo in una grande chiesa continuamente inondata di nuovi convertiti, sia che ci presentiamo fedelmente per incontrare solo alcuni, il risultato sarà lo stesso: condividere chi siamo e ciò che abbiamo con generosità produrrà gioia, (vedi Atti 2:46 “prendevano il loro cibo insieme, con gioia”).
E adoravano. Notate che continuano a frequentare il tempio ogni giorno: è qui che andavano a pregare ed è probabilmente il modo in cui potevano riunirsi in un gruppo numeroso (chi ha spazio per 3000 persone nella propria casa)? Ma si riunivano anche nelle case per condividere la Cena del Signore.
Al centro del loro culto c'era l'Eucaristia, la Cena del Signore, la Messa, la Comunione, in qualsiasi modo vogliamo chiamarla oggi nelle nostre tradizioni; lo scopo di celebrarla non è cambiato in 2000 anni.
"Nel pane e nel vino dell'Eucaristia il passato e il futuro si incontrano nel presente. Attraverso l'Eucaristia veniamo rafforzati dalla presenza e dalla vita di Gesù, non solo per sconfiggere il male nella nostra vita, ma anche per far risplendere la luce di Dio nel mondo. ... abbiamo bisogno che la sua vita trasformante sia la nostra vita per trasformarci per la sua missione nel mondo." N.T. Wright
E come dice Paolo in 1 Corinzi 10:17, parla della nostra unità in lui:
“Siccome vi è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell’unico pane.” (1 Corinzi 10:17)
Torniamo al capitolo 2 di Atti:
“E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio.” (Atti 2:46-47 a)
C'era sia un luogo di culto formale che uno informale - notate "lodando Dio" (si parla di "mentre andate per i vostri affari quotidiani, lodatelo").
Trovo davvero interessante che Paolo, nel bel mezzo di un lunghissimo elenco di ciò che sembra essere la vita giusta, e ciò che certamente non dovrebbe esserla, inserisca questa piccola frase:
“...parlandovi con salmi, inni e cantici spirituali, cantando e salmeggiando con il vostro cuore al Signore...” (Efesini 5:19)
Nel suo senso più elementare, l'adorazione è praticare la presenza di Dio; se lo facciamo, i nostri cuori, i nostri occhi e le nostre motivazioni hanno maggiori possibilità di rimanere fedeli e santi. L'adorazione mette sia Dio che noi al nostro giusto posto.
“… lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva al loro numero ogni giorno quelli che venivano salvati.” (Atti 2:47)
Inoltre, ci indirizza verso la missione; l'adorazione è un ricevere e un dare, un ritmo di vita del regno di Dio che viene.
“Liberamente riceviamo, liberamente diamo” suggerisce Gesù. Non è una coincidenza o un caso che la chiesa primitiva, grazie alla sua adorazione e generosità verso la missione, si sia arricchita ogni giorno di credenti nuovi.
Ed è qui che ci dirigeremo la prossima volta.
Amen.
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Cosa fa " amore”? Cosa lo crea? Cosa lo dimostra? Quali sono le condizioni che rendono possibile l'amore? E, soprattutto, dove troviamo un modello a cui ispirarci? Tutto ruota attorno al nuovo comandamento di Gesù: "Amatevi gli uni gli altri".
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Due settimane fa abbiamo parlato di che cos'è l'amore leggendo 1 Corinzi 13:4-7, ed abbiamo terminato dicendo, se vi ricordate, che l'amore è FARE.
Che cos' è allora che “fa amore”? Nel senso di cosa lo crea? Cosa lo dimostra? Quali sono le condizioni che rendono possibile l'amore? E, soprattutto, dove troviamo un modello a cui ispirarci?
Cosa fa "amore"?
Leggiamo assieme l'ultimo insegnamento di Gesù, quello fatto a poche ore dalla crocifissione, nella sala dell'ultima cena, quando già Giuda era uscito per andarlo a tradire:
"Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ha amore più grande di quello di dar la sua vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio. Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri. (Giovanni 15:12-17)
Pensa di essere un membro della protezione civile chiamato per una missione pericolosissima di salvare qualcuno prigioniero in una grotta sottoterra e invasa dall'acqua: una missione da cui potresti non tornare vivo, o viva. Sei sulla porta di casa, e dai un ultimo abbraccio alle persone che ami: il tuo sposo, la tua sposa, i tuoi figli... Cosa gli dici?
Non penso che gli dici di ricordarsi ad annaffiare il limone, o a dare il cibo al gatto... Probabilmente cerchi di dargli le ultime istruzioni affinché capiscano che li ami... e che li spingano ad amare a loro volta... anche se non ci sarai più.
Gesù sta parlando per l'ultima volta ai suoi: è l'ultimo insegnamento prima della Croce. Ed userà nei capitoli da 12 a 17 la parola “amore” 31 volte.
Gesù dice: “l'amore è la cosa più importante.” Perché è importante l'amore?
Un nuovo comandamento e sette modi per obbedire
Il Comandamento
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. (Giovanni 15: 12)
Gesù usa la parola ?????? entole?, comandamento per la prima volta non per illustrare uno di quelli del Padre, uno di quelli scritti sulle Tavole portate da Mosè giù dal Sinai e non sta citando un comandamento contenuto nella Legge.
Gesù aveva sempre insegnato, mai “comandato”; per la prima volta lo fa... parlando di amore! Ne parla, e lo sottolinea in rosso: "Questo è il mio comandamento."
I discepoli sapevano che, per fare la volontà di Dio ogni comandamento andava eseguito, senza discutere, senza trovare alternative; obbedire, pena essere impuro e lontano da Dio.
I comandamenti erano scritti su tavole di pietra venivano conservati nell'arca del patto erano posti al centro del tempio.
Che fine ha fatto il Tempio di Dio? Distrutto dall'imperatore Tito nel 70 D.C. Non serviva più, era solo un pezzo di archeologia; perché, dal giorno di Pentecoste, il Tempio era divenuto qualcosa di vivo, di mobile, di ovunque... Io e te!
Eccolo il luogo dove conservare quel comandamento, eccolo il mezzo con cui obbedire a quel comandamento; porlo all'interno del tempio che ciascun credente rappresenta. Come?
Sette modi per obbedire
I. Metti l'altro per primo
Nessuno ha amore più grande di quello di dar la sua vita per i suoi amici. (v. 13)
Vi ricordate cosa aveva detto Gesù proprio all'ingresso della sala dell'ultima cena quando aveva lavato i piedi agli apostoli?
“Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io.” (Giovanni 13:15)
E l'esempio è: “Se vuoi amare devi dare la tua vita agli altri”. Tu vieni dopo; l'altro viene prima. E questo è l'esatto opposto della cultura di tutto il modo.
Se Paolo aveva detto che “L’amore è benevolo … {l’amore} non si vanta, non si gonfia, non cerca il proprio interesse, sopporta ogni cosa", Gesù dice che è “dare la vita”.
Se stai pensando “Allora dobbiamo allora morire anche noi?” ti rispondo con una domanda (come avrebbe fatto Gesù): perché moriva Gesù? Per venirci in aiuto, servirci. Dare la vita per noi significa venire in aiuto dell'altro, servirlo.
II. Servi l'altro
Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. (v. 14)
Quando hai conosciuto Gesù, eri suo amico? Facevi quello che ti comandava di fare? Eri “amabile”? Domanda retorica: Gesù ci ha amati per primo, quando non eravamo amabili. E' un esempio. Io devo fare lo stesso: io devo amare gli altri per primo, senza attendere che si facciano amare.
III. Scegli di amare
Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo signore (v. 15 a)
Gesù non ti chiede di obbedire, come farebbe un servo ma di scegliere di obbedire. Non devi amare per “obbligo”, ma per amore del tuo amico Gesù, che ti ha amato per primo, dandoti l'esempio da seguire.
IV. Agisci con gioia
ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio (v. 15 b)
Un amico non fa le cose “per obbligo”, ma con gioia, un amico ascolta e comprende prima di agire. E se stai ascoltando le “istruzioni”di Gesù esse sono le stesse di nostro Padre; e questo ti porta a d agire con gioia, perché stai obbedendo a colui che ti ama più di ogni altro.
V. Comprendi che non è merito tuo
Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi (v. 16 a)
Se sei capace di amare, mettendo l'altro per primo, servendo con gioia ricorda che non è nulla di cui tu ti possa vantare. Sei stato, sei stata scelta. E non per quanto eri bravo, brava o buono, buona, o religioso, religiosa, ma per quanto lui ti ama.
Ah, attento, attenta, perché non sei “predestinato/ predestinata”: Gesù “sceglie” ma sta a te comportarti da “amico” da “amica” di Gesù”
VI. Porta frutto
e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga (v. 16 b)
Abbiamo già detto che non sei stato scelto o scelta perché eri la migliore scelta e nemmeno perché eri indispensabile.
Il fine del perché sei stato scelto, sei stata scelta, è perché tu “porti frutto”; non temporaneo, non stagionale, ma frutto “perenne”.
In che modo? Testimoniando dell'amore che ti ha amato portando altri come te a conoscere Cristo, portando altri alla salvezza, ed amando gli altri come Gesù ti ha amato.
VII. Non dubitare dell'amore di Dio
affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia (v. 16 c)
Se rispondi all'amore con l'amore il risultato di tutto ciò il servire, l'ascoltare il Padre, il portare altri alla salvezza, avrai un rapporto intimo con mio Padre; e quando hai un rapporto con un padre cha ti ama quel padre farà di tutto per vederti felice e realizzato.
Non farti venire in testa però che basti fare del bene per avere un simile rapporto col Padre: non puoi passare nella “stanza del Padre” se prima non sei passato per la “porta Gesù”:
“Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.” (Giovanni 14:6)
L'amore è il traguardo : Gesù è la via
“Gesù è paziente, è benevolo; Gesù non invidia; Gesù non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa.”
Gesù è il modello dell'amore, ha avuto pazienza e benevolenza con ciascuno di noi, senza vantarsi o gonfiarsi di essere il Figlio di Dio senza cercare il proprio interesse, ma è disceso per cercare il mio e il tuo. Gesù non diventa aspro quando sbagliamo, ed è sceso perché sa che, dentro di noi, c'è una parte capace di fare il bene. Gesù è al nostro fianco quando ci trattano ingiustamente, e salta assieme a noi quando la verità vince.
Gesù ha sofferto ogni cosa, peccati passati, presenti e futuri, sulla croce. Gesù ha creduto che ci fosse una soluzione alla morte, morendo sulla croce. Gesù spera che ciascuno raggiunga il Padre attraverso la sua croce. Gesù ha sopportato la croce, perché lui è amore!
E la cosa che gli preme maggiormente, più delle mie predicazioni e di quelle di tutti i pastori nel mondo, più di tutta la beneficenza raccolta per i bisognosi, più di tutte le campagne evangelistiche mai organizzate, è quel comandamento nuovo, che ribadisce alla fine della frase:
Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri (v. 17)
Preghiamo.
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La prima volta che Dio dice: "Non è buono" di qualcosa non è per un peccato... ma per la solitudine. Siamo stati creati con il bisogno di essere in contatto con altri. Se questo bisogno scompare, mancherà qualcosa nella vita. La chiesa esiste affinché le persone possano incontrarsi e vivere in supporto l'uno dell'alto.
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Predicatrice: Jean Guest
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All'inizio di quest'anno mio figlio minore e la sua compagna sono andati in vacanza a fare escursionismo nel parco nazionale di Yosemite, negli Stati Uniti. Mentre erano lì, continuavo a ricevere messaggi da parte loro di quanto fosse meraviglioso il paesaggio, del fatto che il tempo fosse bello, ma non troppo caldo, e un messaggio su quanto fossero simpatiche le persone con cui si erano ritrovati al campeggio.
Dopo una dura giornata di cammino, loro e gli altri giovani si riunivano intorno al falò, condividevano il cibo e i racconti delle loro vite - Tom dice che è stato incredibile incontrare così tante persone interessanti provenienti da tutto il mondo, che ti hanno fatto "sentire parte di qualcosa di più grande".
C'era però una tenda in cui le persone non partecipavano e non parlavano mai. All'inizio tutti pensavano che forse non parlassero inglese o che fossero timidi, ma quando la coppia ha continuato a respingere tutte le avances, alla fine si è trasformato in un piccolo gioco su chi potesse spiegare la freddezza della coppia, perché sembrava davvero strano. Credo che la supposizione favorita sia stata che fossero in fuga dall'FBI.
Quando gli esseri umani non cercano la compagnia di altri esseri umani sembra un po' strano. Nella nostra cultura pop il serial killer sembra sempre essere un solitario; il nostro linguaggio quotidiano è pieno di modi di dire per descrivere le persone che non si uniscono; "il lupo solitario"; i solitari spirituali sono eremiti.
Non unirsi non sembra essere "normale". Non parlo di coloro che sono timidi per natura o degli introversi tra noi, siamo quello che siamo, ma parlo del caso estremo quando le persone si allontanano attivamente dagli altri e rifiutano di far parte di una comunità. E c'è una ragione per cui sembriamo avere questa reazione.
Ricordate la prima volta che Dio dice: "Non è buono"? Non parla di peccato, ma di solitudine.
“Poi Dio il Signore disse: «Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a lui».” (Genesi 2:18)
È il momento di una piccola tangente e di un altro dei rapidi smontaggi del patriarcato da parte di Jean.
La prima cosa in tutta la creazione che Dio definisce "non buona" è il bisogno disperato di donne. Questo è il primo accenno al fatto che l'"aiutante adatto" che Dio crea non è subordinato, ma assolutamente necessario. Prima che il peccato corrompesse il rapporto tra i sessi, Dio sembra considerare la donna necessaria quanto l'uomo.
L'espressione ebraica per "aiutante adatto" è "ezer knegdow". La parola "knegdow" viene tradotta per lo più come "adatto" e si riferisce a una controparte esattamente corrispondente.
Letteralmente, si riferisce a "stare di fronte a". Qui sembra implicare che entrambi i generi sono incompleti senza l'altro.
Ognuno di essi ha qualità e caratteristiche generali intrinseche che mancano all'altro e dipende dal contributo dell'altro.
La parola "ezer" viene spesso tradotta con "aiuto" o "aiutante". Quando vediamo la parola "aiutante", spesso pensiamo a una persona inferiore che potrebbe rendere più facile un compito, ma non è assolutamente necessaria per la sua realizzazione. Ma ovunque nella Bibbia, al di fuori di questo secondo capitolo della Genesi, questa frase descrive esclusivamente il modo in cui Dio stesso aiuta il suo popolo. Non si tratta di un aiuto a caso. È il tipo di aiuto senza il quale non si può funzionare.
Torniamo al motivo per cui è umano avere bisogno di legami con gli altri.
Vi ho già mostrato questa icona in passato. Ma non mi scuso per mostrarvela di nuovo, perché dimostra in modo eccellente che Dio è tre persone in una e che noi siamo fatti a sua immagine e somiglianza. Se Dio ha bisogno di comunità, allora noi portiamo questa caratteristica nel nostro DNA. E pensateci: perché Dio ci ha creati?
“Camminerò tra di voi, sarò vostro Dio e voi sarete mio popolo” (Levitico 26:12)
Siamo stati creati per essere in comunità con Dio. Quanto è bello questo? E da quando abbiamo scelto diversamente, Dio sta lavorando nella storia perché questo sia di nuovo vero.
Dio e gli esseri umani sono fatti l'uno per l'altro e gli esseri umani per funzionare bene hanno bisogno di altri esseri umani. Cosa canta Barbara Streisand nella canzone "Peolple"? "Le persone…. le persone che hanno bisogno delle persone sono le persone più fortunate del mondo".
Ed ecco un'altra cosa incredibile su come siamo stati creati. Le lacrime emotive hanno un contenuto proteico più elevato rispetto alle lacrime dovute ad una situazione frustrante, il che fa sì che cadano più lentamente lungo le nostre guance, aumentando così la possibilità di essere notate e di ricevere conforto e cure. In modi fisiche e letterali, il nostro corpo è costruito per incoraggiare l’essere in comunità.
Ecco cosa dice l'ultima relazione scientifica dell'Unione Europea sugli effetti della solitudine:
Le ricerche dimostrano che la solitudine e l'isolamento sociale hanno ripercussioni dannose sulla salute mentale e fisica, nonché conseguenze significative sulla coesione sociale e sulla fiducia nella comunità. Sia la solitudine che l'isolamento sociale sono quindi sempre più riconosciuti come problemi critici di salute pubblica che meritano attenzione e devono essere affrontati con strategie di intervento efficaci.
Negli Stati Uniti il 45% degli adulti si sente solo e isolato. Nel Regno Unito i giovani adulti di età compresa tra i 18 e i 24 anni sono il gruppo che dichiara di sentirsi solo "spesso o quasi sempre". L'Italia, e forse vi sorprenderà saperlo, registra una delle più alte percentuali di persone che si sentono sole in tutto il mondo - l'Italia è al 5° posto nel mondo per quanto riguarda la solitudine autoriferita.
"L'idea che l'italia abbia una "cultura comunitaria" è un mito", ha dichiarato Marco Trabucchi al giornale The European. "Forse esisteva 20 o 25 anni fa, ma certamente non oggi".
La solitudine è un fenomeno globale. Mi spingerei oltre e lo definirei quello che la fondazione Jo Cox ha etichettato come "il male gigante".
Ma perché è importante e cosa ha a che fare con la Chiesa? Penso che sia importante per due motivi, ma oggi ne tratterò solo uno; il secondo motivo verrà presentato nella terza parte, quando esamineremo il ministero ecclesiastico.
Penso che sia importante perché non è da Dio. Abbiamo già visto che non è così che siamo stati creati, né rispecchia il Creatore e questo lo addolora.
Dobbiamo anche stare attenti, come cristiani, a non cadere nell'individualismo che può portare all'isolamento. Ho sentito persone dire: "Posso essere cristiano senza andare in chiesa". Tecnicamente è vero. Per molte delle nostre sorelle e dei nostri fratelli nel mondo non possono letteralmente andare in chiesa perché è contro la legge, non hanno altra scelta che essere cristiani che non vanno in chiesa. Ma pensate davvero che quegli stessi cristiani, se ne avessero la possibilità, resterebbero nella loro cella di prigione, o a casa, piuttosto che andare in chiesa?
Ecco cosa ha detto Iktimal, un cristiano iraniano, dopo essere stato rilasciato, all'organizzazione cristiana Porre Aperte:
"Hanno pregato con noi, hanno ascoltato la nostra storia, sono stati al nostro fianco", dice Iktimal. "Dio era con noi. Ha mandato quelle persone a starci accanto, erano come angeli. Il loro amore ci ha avvicinato a Gesù; ci hanno dimostrato l'amore di Dio".
E ascoltate cosa intende fare Paolo nel momento in cui viene rilasciato dalla prigione di Efeso.
“Al tempo stesso preparami un alloggio, perché spero, grazie alle vostre preghiere, di esservi restituito.” (Filemone 22)
Si incontrerà con questa cosa meravigliosa chiamata chiesa di Colosse che si riunisce nella casa di Filemone; di lui e di loro si parlerà ancora la prossima settimana.
So che Marco l'ha già detto, ma lo ripeterò: non possiamo fare chiesa in modo isolato. Ed ecco perché.
L'istruzione che Gesù diede ai primi discepoli al momento dell'incontro non fu "credi in me", e nemmeno "ascoltami", ma "seguimi!". Ed essere seguaci di Gesù significa stare con Gesù. Diamo uno sguardo a Marco capitolo 3
“Poi Gesù salì sul monte e chiamò a sé quelli che egli volle, ed essi andarono da lui. Ne costituì dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli, perché stessero con lui, per mandarli a predicare e perché avessero il potere di [guarire le malattie e di] scacciare i demòni.” (Marco 3:13-15)
Chiamò quelli che voleva andassero con lui, dovevano accompagnarlo. Prima che a loro, o a noi, venga affidato un ministero, dobbiamo prima essere con Gesù, dobbiamo accettare l'invito a entrare in relazione con lui.
E guardate lo schema: chiamò i dodici da un gruppo più grande. Sappiamo che mandò i settantadue (Luca 10) e gli scrittori del Vangelo parlano spesso delle folle che lo seguivano. Non si trattava di persone che si presentavano solo per ascoltare il nuovo rabbino; lo seguivano.
Se ripensiamo alla serie sulle parabole, il punto della moneta perduta e della pecora smarrita non è semplicemente che sono state trovate, ma che sono state trovate e restituite alla cassa e al gregge. Essere ritrovati significava entrare a far parte di qualcosa di più grande.
Essere con Gesù significa essere con gli altri, che ci piaccia o no. Sapete che Gesù poteva avere molto da ridire su ciò che accadeva nel tempio e con i responsabili del tempio, ma ci andò lo stesso. Si presentava comunque nella sinagoga.
“Si recò a Nazaret, dov’era stato allevato e, com’era solito, entrò in giorno di sabato nella sinagoga e si alzò per leggere.” (Luca 4:16)
Andava “come era solito", era un habitué.
Come al solito, ci sono le dovute eccezioni a tutto ciò, perché nulla è mai solo bianco o nero. La pandemia ha lasciato alcune persone fragili che hanno timore di mescolarsi alla folla; dobbiamo dare loro il permesso di elaborare il trauma; un giorno saranno di nuovo pronte a partecipare.
Molte persone che lottano con la salute mentale non riescono ad affrontare l'allegro e propositivo "Alleluia! Amen!" della chiesa; dobbiamo sostenerle, facendo loro sapere che a volte va bene non sentire che tutto va bene.
Nella mia chiesa nel Regno Unito, c'era una donna stupenda che conviveva con la più angosciante delle malattie mentali. Quando la sua vita era al massimo della disperazione, aveva l'abitudine di venire a sedersi in fondo alla chiesa, senza partecipare, spesso con la testa china come se non potesse sopportare la luce. In quei momenti della sua vita diceva: "Non riesco a lodare Dio, ma gli altri che lo fanno mi tolgono un po' di oscurità".
La chiesa dovrebbe essere il luogo più sicuro sulla terra dove le persone possono venire così come sono. Ci riuniamo come chiesa non perché è un dovere, e nemmeno perché ci fa bene, ma perché è l'unico modo per crescere bene ed essere il movimento per l'amore e la giustizia che Gesù ci chiama ad essere è riunirci.
“È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo, (...) ma, seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell’amore.” (Efesini 4:11-12, 15-16)
Gli occhi hanno bisogno delle mani e dei piedi, altrimenti stanno solo a guardare; le mani e i piedi hanno bisogno degli occhi, altrimenti non sanno dove andare. Ci riuniamo perché per essere Chiesa abbiamo bisogno gli uni degli altri.
Amen.
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Quale è la tua definizione ideale di amore? Quella dove dai amore per riceverne, o quella dove ami con tutto ciò che ha, senza attendere nulla in cambio, perché soffri, speri, credi e sopporti ogni cosa per amore del tuo prossimo?
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Come definiresti l'amore? Cosa è l'amore per te? Vediamo se sei d'accordo o meno con questa definizione:
”Sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia. Dedizione appassionata ed esclusiva, istintiva ed intuitiva fra persone, volta ad assicurare reciproca felicità, o la soddisfazione sul piano sessuale”
La definizione che vi ho letto, è quella che compare sul dizionario Treccani... ed è soltanto una minima parte... perché la definizione completa è ben più ampia e copre due pagine di dizionario.
Perché, quando parliamo di amore, bisogna a distinguere tra le svariate categorie di amore possibili. In italiano tendiamo a semplificare, e abbiamo una sola parola: amore.
Forse proviene dal sanscrito “kama” = passione, attrazione. Altri dicono dal greco mao (poi in latino in amao, e poi amor) = desiderio, Una teoria affascinante dice che venga dal latino a-mors: mors=morte + alfa privativo = senza morte, che non muore mai.
Per gli ebrei, invece, le parole per ogni singolo tipo di more erano diverse, almeno sei: quelle che sono più usate nel Nuovo Testamento sono “phileo” e “agape”.
L'amore phileo indica una profonda stima, intima e autentica. E poi c'è l'amore “agape”... ne parleremo tra poco.
Un gruppo di psicologi ha posto la domanda "Cosa vuol dire amore?" a bambini dai 4 agli 8 anni. Queste le risposte:
1. L’amore è quando esci a mangiare e dai un sacco di patatine fritte a qualcuno senza volere che l’altro le dia a te. (Gianluca, 6 anni).
2. Quando nonna aveva l’artrite e non poteva mettersi più lo smalto, nonno lo faceva per lei anche se aveva l’artrite pure lui. Questo è l’amore. (Rebecca, 8 anni).
3. L’amore è quando la ragazza si mette il profumo, il ragazzo il dopobarba, poi escono insieme per annusarsi. (Martina, 5 anni).
4. L’amore è la prima cosa che si sente, prima che arrivi la cattiveria. (Carlo, 5 anni).
5. L’amore è quando qualcuno ti fa del male e tu sei molto arrabbiato, ma non strilli per non farlo piangere. (Susanna, 5 anni).
6. L’amore è quella cosa che ci fa sorridere quando siamo stanchi. (Tommaso, 4 anni).
7. L’amore è quando mamma fa il caffè per papà e lo assaggia prima per assicurarsi che sia buono. (Daniele, 7 anni).
8. L’amore è quando mamma dà a papà il pezzo più buono del pollo. (Elena, 5 anni).
9. L’amore è quando il mio cane mi lecca la faccia, anche se l’ho lasciato solo tutta la giornata. (Anna Maria, 4 anni).
10. Non bisogna mai dire “Ti amo” se non è vero. Ma se è vero bisogna dirlo tante volte. Le persone dimenticano. (Jessica, 8 anni).
Vedete come il dizionario puntava verso un amore dove l'importante è la reciproca soddisfazione; infatti dice: “Dedizione appassionata ed esclusiva, istintiva ed intuitiva fra persone, volta ad assicurare reciproca felicità”. Si ama per essere amati a nostra volta.
I bambini dicono l'opposto :”L'amore è assaggiare un caffè per sentire se è abbastanza buono per la persona con cui vivi, è chinarsi nonostante il dolore dell'artrite per non far sentire quel dolore all'altra, è non urlare anche quando avresti la voglia, o il diritto, di urlare per non far piangere qualcun altro."
Quale versione dell'amore preferisci? Quale versione dell'amore pratichi? E, soprattutto, quale è l'amore che vuole Dio da te e per te? Leggiamo 1 Corinzi:
“L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; {l’amore} non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa.” (1 Corinzi 13:4-7)
Non vi citerò le parole originali greche, ma vi dirò cosa significano, cosa significava per Paolo scegliere quelle parole. E forse avremo una prospettiva un po' differente
Per prima cosa, Paolo parla dell'amore “agape”, l'amore totale, quello che coinvolge tutto, anima, cuore, sentimento... tutto; che caratteristiche ha?
E' paziente
L'amore paziente, anche quando ha in mano il potere, decide di non esercitare quel potere. Quando hai diritto ti applicare la legge di “urlare”” come diceva la bimba, urli... o eviti di farlo per non far piangere chi ti sta a fianco?
E' benevolo
L'amore è bene-volo, è “volere il bene” dell'altro (o degli altri); è dare il pezzo più buono del pollo all'altro, come diceva Elena. Qualche volta è più facile volere il bene di quelli che non conosci, come le famiglie in Ucraina ma siamo chiamati a volere il bene di tutti.
Non invidia
L'amore non invidia, l'amore non è bollente, se lo tocchi non scotta, non ustiona l'altro. Non augura al vicino di casa che ha fatto la macchina nuova di incontrare un tir. L'amore, quando sei in basso, non tira sassi a chi è più in alto. L'amore è dare all'altro anche le tue patatine , come diceva Gianluca.
L'invidia è un sentimento che fai da solo, da sola e che l'altro non solo non sfiora, ma non si immagina nemmeno. Sono sassi che tiri, ma ti cadono in testa. e non sfioreranno neppure il destinatario.
Non si vanta
L'amore non si vanta, non attribuisce alle cose o alle storie maggiore significato di quello che hanno. Quello che hai, quello che sei, quello che la tua famiglia era non servono a renderti migliore o peggiore: sono quello che sono, e tu vali per chi sei, non per ciò che hai (danaro, posizione sociale, antenati).
Chi si vanta è l'obiettivo prediletto di chi invidia... Paolo non li ha messi uno di seguito all'altro per caso! E un incitamento al reato di tirare sassi!
Se per l'invidia basti te da solo, da sola, per il vantarsi serve almeno un'altro, o un'altra... da spingere verso il peccato e rendere invidiosi! Quante volte hai incitato gli altri a tirarti i sassi, per gustare la scena dei sassi che finivano sulle loro teste?
Non si gonfia
L'amore non si gonfia. Una delle tecniche usate in natura per difendersi è sembrare più grandi: gonfiarsi. Lo fa il rospo, lo fa il pesce palla, lo suggeriscono le guide se incontri un orso sui monti (apri un cappotto... fai vedere all'orso che sei più grande).
Ma ricordati; è solo aria che gonfia... basta un ago... e BUM!
Non si comporta in modo sconveniente
L'amore non si comporta in modo sconveniente, l'amore ha una forma precisa, è come la tessera di un puzzle che deve entrare in uno spazio preciso.
Quante volte tentiamo di riempire il puzzle della nostra vita, con una tessera di forma differente.
Non ci và, ma noi ce la mettiamo a forza. E succedono due cose, la nostra tessera soffre, si piega, si rompe, e allo stesso modo le tessere a fianco soffrono, si piegano, si rompono.
Non cerca il proprio interesse
L'amore non cerca il proprio interesse, non cerca di adorare se stesso. L'amore è come dice Gianluca. sei anni, dare tante patatine a qualcuno senza volerle indietro. Quante patatine vuoi, per la patatina che dai? Quale è il tuo tasso di interesse?
Non si inasprisce
L'amore non si inasprisce, l'amore non tende a diventare acido. Le cose aspre, come il limone, sono sempre dei prodotto che in chimica si definiscono “acidi” E un acido sulla pelle crea dei danni talvolta irreparabili.
Se tendi a diventare “acido”, o “acida”, a seconda del tasso di acidità che raggiungi, puoi creare danni permanenti sia a te sia a quelli che ti passano vicino.
Non addebita il male
L'amore non addebita il male, l'amore non fa una lista delle cose che secondo te, l'altro sta facendo male. Il vero amore è come il cane di Anna Maria, quattro anni, che non pensa che la padrona abbia fatto a posta a lasciarlo da solo ma la lecca perché la rivede.
Se da qualche parte hai un taccuino dove tieni conto del male subito, è ora di dare alle fiamme quel taccuino. Anche. anzi, soprattutto, se è all'interno del tuo cuore.
Non gode dell'ingiustizia
L'amore non gode dell'ingiustizia, l'amore non espone bandiere per festeggiare gli sbagli contro gli altri. L'amore, piuttosto, è solidale con gli altri. Hai festeggiato l'accertamento fiscale che hanno fatto al tuo vicino antipatico, anche se sai che è a posto con le tasse? Riarrotola la tua bandiera, e bruciala.
Paolo per spiegarci cosa sia l'amore fa un processo aritmetico: prima di spiegarci cosa è l'amore, sottrae dal nostro cuore cosa non lo è.
Ce ne vorrà per “riempire” di roba, perché siamo a -8! Cosa è l'amore, per Paolo, dunque?
Gioisce con la verità
L'amore gioisce con la verità, l'amore fa salti per salutare l'arrivo del vero. E' così che festeggi quando vedi che la verità trionfa vero? se no, dovresti!
Ma forse non basta a riempire il -8! Paolo lo sa, ed è pronto a riempire fino a far traboccare il vaso del nostro cuore. E chiude con quatto affermazioni “totali” che in se racchiudono tutte le precedenti.
Soffre ogni cosa
L'amore soffre ogni cosa, letteralmente, l'amore mette un tetto a TUTTO. Quello che è stato tradotto con “ogni cosa” in greco è “pas” o “pan”. Avete presente la parola “panorama”? pan=tutto orama = vedere Tutto: niente rimane escluso, visione a 360 gradi.
Il tuo amore, mette un tetto, copre ogni cosa? Ma se la misura non fosse colma...
Crede ogni cosa
L'amore crede ogni cosa (sempre “pas”) l'amore ha fiducia di tutto. Cosa c'è in questo “tutto” di cui parla Paolo? Ci sono anche i politici, o le riviste di “gossip”? Paolo ce lo spiega in Filippesi cosa c'è dentro questo “tutto”
“Quindi, fratelli, tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri.” (Filippesi 4:8)
Se politici, o riviste di gossip dicono tali cose si... altrimenti..
Spera ogni cosa
L'amore spera ogni cosa, l'amore vive nell'aspettativa che giunga il meglio. Molti di noi si alzano, invece, dicendo “Chissà che cosa mi succederà di brutto oggi!” Se è questo il tuo pensiero la mattina, quando ti alzi dal letto, sappi che non viene da Dio, ma da quell'altro.
Sopporta ogni cosa
L'amore sopporta ogni cosa, l'amore sa reggere il peso di tutto questo, è la fondazione su cui poggia la vita di colui che ama davvero.
Quello che la nostra chiesa ha fatto negli anni è stato rincorrere questo tipo di amore: vi ricordate le raccolte di cibo per le persone che non ne avevano? Le raccolte per i terremotati? Ultimamente, i saponi ed i rasoi mandati in Ucraina? E anche, i vari concerti per avere fondi per costruire case per i terremotati, o mandare bambini profughi per la guerra in vacanza?
E' l'applicazione (non perfetta ma valida) di molti dei principi che Paolo ci ha trasmesso.
Abbiamo agito in amore, perché vogliamo il bene per chi ha perso tutto, e nessuno ha avuto invidia per quello che stava facendo l'altro per aiutare; ognuno ha avuto un compito, chi di andare tra i terremotati, chi di allestire la sala per i concerti, chi di stampare le locandine, chi di scrivere articoli, chi di cucinare, chi di suonare, chi di recitare, chi di cantare.
Nessuno è stato la primadonna, nessuno si è vantato e nessuno si è gonfiato per quello che ha fatto, e abbiamo cercato di riempire con la tessera della giusta forma la casella del puzzle che si chiama Montefiascone.
Nel fare questo molti sono andati contro il proprio interesse, mettendoci soldi, benzina, tempo. Sia noi di chiesa, sia gli amici fuori della chiesa che ci hanno dato una mano i musicisti, le attrici... pur di portare un sorriso a chi lo ha perso.
Alcuni potrebbero stupirsi, o rimanere amareggiati del perché non siamo “cresciuti numericamente” dopo aver applicato quello che Paolo dice.
Paolo dice che l'amore E' così... ma non dice che verremo premiati dal mondo... Il mondo è abituato a distruggere chi ama: vi ricordate Gesù?
“Nessuno ha amore più grande di quello di dare la sua vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando.” (Giovanni 15:13-14)
Il mondo non ha premiato Gesù... lo ha ucciso... ma egli è risuscitato! E ci chiede di continuare a FARE! Fare l'amore, costruirlo, indipendentemente se siamo cento, o dieci, o uno.
Fare, continuare a costruire il regno di Dio, perché noi siamo il suo corpo, che siamo in mille, in cento, in dieci, o in due.
Se FATE le cose che io vi comando: L'amore non è un sentimento, l'amore è una azione! E va fatto comunque, non importa in quanti siamo a farlo!
Preghiamo.
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Come reagisci ai momenti bui della tua vita? E cosa puoi apprendere da essi. Spesso i fallimenti più amari sono la scuola per i suoi successi più grandi, i momenti di solitudine e di abbandono quelli forgiato di più, per arrivare a capire che senza Dio la prosperità è ben poca cosa.
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Molti hanno descritto la vita come un luna park; pieno di giochi e di attrazioni, alcuni emozionanti, altri rilassanti, altri paurosi. L'emozione delle montagne russe, o il rilassamento della ruota panoramica, o la paura del tunnel degli orrori.
Ma, alla fine, il luna park è solo un gioco, e le emozioni, belle o brutte, durano l'arco di un pomeriggio, dopo di che si torna a casa, e tutto riprende come prima.
La vita vera, invece, è un luna park dove ogni emozione è vera e spesso eccitazione, rilassamento o paura non vanno via in un pomeriggio ma restano per molto.
Non sempre facciamo vedere agli altri cosa sta succedendo dentro di noi; ci sono momenti di frustrazione, di rabbia per l'ingiustizia, di dubbio, di depressione spirituale, di dolore. Ci sono momenti di euforica gioia, di pace che non trova parole.
Non sempre, anzi, quasi mai, li facciamo vedere fuori; talvolta lo facciamo con le persone più intime un familiare, un amico o un'amica, talvolta, ma non sempre, con Dio.
Nella Bibbia invece, troviamo spessissimo scritti di persone che scrivono e condividono con Dio, e perciò con noi, le loro emozioni più profonde, specialmente nei Salmi.
Molti sono scritti da Davide, il 2° re d'Israele, la cui vita è stata molto simile alle montagne russe di un luna park, con alti e bassi a non finire; da pastore a guerriero, da cantante a re, da uomo di lode ad assassino.
Nei suoi salmi troviamo una gamma incredibile di esperienze: la gioia, la rabbia, la paura, la fiducia, la riconoscenza, la confusione, il pentimento. Il salmo 30 è un salmo di lode per una di queste esperienze.
1 Io ti esalto, o SIGNORE, perché m'hai portato in alto e non hai permesso che i miei nemici si rallegrassero di me. 2 O SIGNORE, Dio mio, io ho gridato a te e tu m'hai guarito. 3 O SIGNORE, tu hai fatto risalir l'anima mia dal soggiorno dei morti, tu m'hai ridato la vita perché io non scendessi nella tomba. 4 Salmeggiate al SIGNORE, voi suoi fedeli, celebrate la sua santità. 5 Poiché l'ira sua è solo per un momento, ma la sua benevolenza è per tutta una vita. La sera ci accompagna il pianto; ma la mattina viene la gioia. 6 Quanto a me, nella mia prosperità, dicevo: «Non sarò mai smosso». 7 O SIGNORE, per la tua benevolenza avevi reso forte il mio monte; tu nascondesti il tuo volto, e io rimasi smarrito. 8 Ho gridato a te, o SIGNORE; ho supplicato il SIGNORE dicendo: 9 «Che profitto avrai dal mio sangue s'io scendo nella tomba? Potrebbe la polvere celebrarti, predicare la tua verità?» 10 Ascolta, o SIGNORE, e abbi pietà di me; o SIGNORE, sii tu il mio aiuto! 11 Tu hai mutato il mio dolore in danza; hai sciolto il mio cilicio e mi hai rivestito di gioia, 12 perché io possa salmeggiare a te, senza mai tacere. O SIGNORE, Dio mio, io ti celebrerò per sempre. (Salmo 30:1-12)
Come in una montagna russa l'esperienza di Davide è stata quella di essere stato in basso ed portato in alto prima in preda ai nemici e poi salvato da essi in balìa dei nemici (vers. 1), poi malato (vers. 2), e persino quasi morto (vers.3)
Se sei stato, se sei stata anche tu su una montagna russa simile a quella di Davide (e chi non lo è stato?) forse possono ritornarti utili le cose che Davide ha scoperto su Dio nel frattempo che si teneva saldo al seggiolino del suo cart sulla montagna russa della vita.
1° lezione - La realtà dell'ira di Dio
"Poiché l'ira sua è solo per un momento, ma la sua benevolenza è per tutta una vita. La sera ci accompagna il pianto; ma la mattina viene la gioia." (v. 5)
Abbiamo spesso difficoltà a parlare dell'ira di Dio; è un attributo scomodo che spesso vogliamo escludere, portati come siamo a parlare solo della bontà di Dio verso noi, ma… E' possibile che Dio possa essere irato verso di te?
Perché, vedi, l'ira di Dio non si applica solo ai suoi nemici o ai nemici dei suoi figli, ma anche a chi crede in lui, ai credenti. Sappiamo di essere nella grazia, sappiamo che Cristo a espiato i nostri peccati sappiamo di essere scritti nel libro della vita... però capita!
Davide, di cui Dio diceva essere “un uomo secondo il suo cuore” (1 Sam. 13:14) la sperimentò, e ne parla spesso, ma dice anche che “è solo per un momento”: non è un “cartellino rosso”, e neppure un un giallo. E' l’arbitro che chiama il giocatore e ci parla: quando si comporta male e fuori dalle regole.
Ed è limitata ad un brevissimo spazio di tempo; una notte appena, dice Davide, si piange la sera e si ride la mattina seguente.
Sei nella sera del pianto? Credi in lui ma tutto sembra buio intorno? Forse non lo è, ma potrebbe essere quell'invito bonario dell'arbitro, che ti richiama a giocare bene.
Non ti scandalizzare e non la prendere male, anche se Dio sa che lo ami capita di deviare, Davide lo fece più volte: fu adultero, fu omicida, si ritirò dal combattere per il Signore.
Cosa puoi fare tu per diventare oggetto di questa ira disciplinatoria di Dio? Non andare in battaglia quando sai che dovresti stare là, a fianco dei tuoi soldati. Affacciarti alla finestra dove sai che ci sarà Batseeba che fa il bagno nuda per farsi vedere da te. Insomma fare quello che sei di non dover fare, o non fare quello che sai di dover fare.
2° lezione - Il laccio della prosperità
"Quanto a me, nella mia prosperità, dicevo: «Non sarò mai smosso». O SIGNORE, per la tua benevolenza avevi reso forte il mio monte; tu nascondesti il tuo volto, e io rimasi smarrito." (v. 6-7)
Se leggi sulla tua Bibbia il Salmo 30 vedrai che, prima dei versetti è scritto “Per l'inaugurazione della casa", ovvero del Tempio. Davide ora ha conquistato Gerusalemme e ha costruito un luogo dove adorare Dio. Si ferma, e guarda indietro.
Potrebbe vantarsi, fare il supereroe... ma non lo fa. Invece, riflette: “Come sono stato capace di fare tutto ciò?” E gli sovvengono non solo i momenti belli del cammino, ma anche quelli brutti.
Lo fai ogni tanto? Consideri il cammino della tua vita fino ad adesso per scoprire i momenti dove sei stato aiutato dal Signore e i momenti dove sei fuggito lontano da Lui, e i momenti in cui il Signore ti ha ammonito per richiamarti a se? Davide aveva vissuto la prosperità: la sconfitta di Golia, la figlia del re come sposa, gli eserciti che cantavano "Saul 1000, Davide 10,000!", l'amicizia con Gionatan... Tutto andava a gonfie vele...
E' allora che disse "Non sarò mai smosso" . Anche io, anche tu forse, di fronte a periodi dove tutto è perfetto lo pensiamo e lo diciamo agli altri. E diamo per scontata, come ha fatto Davide, la benevolenza di Dio. Smettiamo di lavorarci sopra per meritarla, smettiamo di crescere nella fede, ci sediamo, e attendiamo che la benevolenza di Dio ci piova addosso.
Attenzione, non voglio dirti che devo “meritare” la grazia ( o benevolenza); è sempre grazia, è sempre un favore, è sempre immeritata. Ma cercare il volto di Dio, quello si; fare il suo volere, seguirlo, renderlo presente nelle mie azioni.
E invece crediamo che sia merito nostro, che possiamo fare a meno di cercare il volto di Dio... e lui lo nasconde a noi, così che, quando le cose volgono dal bene al male e noi allora lo cerchiamo, non lo troviamo... e rimaniamo smarriti: “Dio, dove sei?”.
Lo smarrimento di Davide durò 4-5 anni; fu cacciato dal palazzo e visse come fuggiasco, cacciato come un criminale e in pericolo costante di vita. Dio era ancora presente, gli parlava ma Davide non era più forte; la prosperità non c'era più.
Sei mai stato smarrito o smarrita? Vuoi piacere a Dio ma ti trovi in un deserto? Sai che sei chiamato o chiamata a fare il re o la regina, ma ti ritrovi fuggiasco, fuggiasca e riesci appena a sopravvivere? Se non ti è già successo potrebbe succederti. Se succedesse, fai attenzione a non sostituire Dio con “altro” per sentirti forte: denaro, sesso, carriera, affetti famiglia; cose precarie e momentanee.
Quasi sempre la natura del problema è dentro di noi: Dio lo vuole correggere e a volte impiega degli anni per farlo. La peggiore cosa che possiamo fare, è fuggire al suo insegnamento.
Davide si volge indietro, e capisce che quei momenti di solitudine e di abbandono sono stati quelli che lo hanno forgiato di più, per arrivare là dove è ora, perché gli hanno fatto capire che senza Dio la prosperità è ben poca cosa.
3° lezione - Il bisogno di gridare e supplicare
"Ho gridato a te, o SIGNORE; ho supplicato il SIGNORE dicendo: «Che profitto avrai dal mio sangue s'io scendo nella tomba? Potrebbe la polvere celebrarti, predicare la tua verità?» Ascolta, o SIGNORE, e abbi pietà di me; o SIGNORE, sii tu il mio aiuto! Tu hai mutato il mio dolore in danza; hai sciolto il mio cilicio e mi hai rivestito di gioia, perché io possa salmeggiare a te, senza mai tacere. O SIGNORE, Dio mio, io ti celebrerò per sempre."(vv. 8-12)
Dopo questa amara lezione, Davide ha imparato Cambia la sua fiducia; finalmente ha capito: “E tutto per grazia, e non posso vantarmi di nulla!” Smette di credere in se stesso, di dire "mai smosso",
e ritorna a gridare a Dio, a supplicare a Dio. A non voler essere indipendente, ma dipendente da Dio.
Quando dice "Io non sarò mai smosso" tutto ruota attorno a lui, ma al v. 9 dice " profitto per Te, celebrarTi, la Tua verità,” al v 12 “ salmeggiare a Te” tutto ruota intorno a Dio.
E Davide capisce che suoi fallimenti più amari sono stati la scuola per i suoi successi più grandi; per me e per te, la scuola è la stessa, come pure la lezione da apprendere.
Una ricerca scientifica, pubblicata sul Journal of Cognitive Neuroscience dimostra che impariamo più dagli errori che dai successi; e il danese Niels Bohr, premio Nobel per la fisica, affermò che “...un esperto è qualcuno che ha commesso tutti gli errori che si possono compiere in un campo molto ristretto.”
Le lezioni, soprattutto quelle dure, furono una delle chiavi per il successo futuro della vita di Davide. Mosè passò 40 anni nel deserto per capire che senza Dio non poteva fare alcunché, ma gli servirono per liberare un popolo e divenire il padre di una nazione.
Charles Colson una delle menti del più grande scandalo di spionaggio politico in America ha detto : "Il punto di forza della mia vita è stato il mio più grande fallimento - sono un ex carcerato per lo scandalo Watergate. La mia più grande umiliazione, l'essere mandato in carcere, fu l'inizio del più grande servizio per Dio che avevo mai intrapreso. Egli ha scelto per la Sua gloria l'unica esperienza nella quale non c'era gloria per me.”
Conclusione
Per coloro che hanno conosciuto Cristo l'ira di Dio non è che per un momento, è un richiamo, un'incoraggiamento a cercarlo e a coinvolgerlo nella sua vita. E' Cristo che ti serve perché non sia un cartellino rosso. Aggrappati a lui: riconosci che per la Sua benevolenza ti vuole salvare... ma tu devi gridare!
Per coloro che vivono nella prosperità oggi; ringrazia Dio ogni mattino perché è lui che manda la gioia e la grazia per rendere forte il tuo monte.
Per coloro che hanno smarrito il senso della vita; è giunto il momento di gridare, di cambiare atteggiamento e di avere fiducia in colui che è onnipotente.
E se a qualcuno il Signore ha mutato il dolore in danza, e il cilicio del deserto è stato tolto è questo il momento di servire Lui, di salmeggiare e di non tacere.
Preghiamo.
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Talvolta ci troviamo dinanzi ad amori che amano, nonostante tutto. Nonostante la persona amata faccia del tutto per non esserlo, sia distante e talvolta faccia del male a chi la ama. Ma, nonostante tutto, l'altro la ama. E' questo tipo di amore che Il Signore nutre verso ciascuno di noi.
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Durante una breve vacanza in Bretagna, siamo stati ospiti di una nostra amica: Regine è francese, ma i suoi genitori, entrambi erano italiani, costretti a fuggire in Francia dalle persecuzioni di Mussolini.
Regine abita in Bretagna, ma ha anche una casa a Parigi; lei dice gli serva per continuare il suo lavoro, ma a mio avviso (e anche per mia moglie) il vero motivo, quello più grande almeno, è di poter visitare sua sorella.
Sua sorella è ricoverata da molto tempo in una casa di cura nel “reparto speciale”, ovvero quello dove gli ammalati non escono né potranno uscire mai più: il motivo, è una forma di Alzheimer devastante.
Regine ci raccontava che, quando sua sorella ha cominciato a comprendere che stava dimenticando tutto, ha cominciato a scrivere sui muri di casa, in tutte le stanze, le cose che voleva ricordare, quelle preziose... Il suo nome, la sua data di nascita, i nomi delle sue figlie, quelli dei suoi genitori, quello di Regine... la sorella amata...
A questo punto della malattia, la sorella non conosce più nessuno, non parla più... solo sorride quando vede sua figlia... ma della sorella amata, di Regine... non c'è più memoria...
Ma Regine, nonostante questo, ogni settimana la va a trovare, sta lì con lei, la accompagna nei giardini... e poi la saluta, senza ricevere alcun segno di gratitudine o di affetto in cambio.
Come è possibile amare chi non ti riconosce più, chi ti tratta male, chi rifiuta di parlarti? Come è possibile un amore che ami, nonostante tutto?
Semplicemente lo si fa, perché ci si ricorda di come era la persona amata, di quanto ella valga per noi, nonostante la malattia.
Regine è credente, e di sicuro sa che la nostra situazione di umani è esattamente quella che lei sta vivendo dove noi siamo la sorella ammalata e lei la sorella premurosa, che continua ad amare senza se e senza ma... perché si ricorda di come eravamo...
Per quanto noi possiamo fuggire distanti, lui è là... distante di un passo, pronto a nutrirci, al fianco nostro.
Il Salmo 121descrive in una maniera sublime la presenza di questo Dio al fianco nostro anche quando noi siamo distanti: leggiamolo assieme:
“1 Alzo gli occhi verso i monti... Da dove mi verrà l’aiuto? 2 Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra. 3 Egli non permetterà che il tuo piede vacilli; colui che ti protegge non sonnecchierà. 4 Ecco, colui che protegge Israele non sonnecchierà né dormirà. 5 Il Signore è colui che ti protegge; il Signore è la tua ombra; egli sta alla tua destra. 6 Di giorno il sole non ti colpirà, né la luna di notte. 7 Il Signore ti preserverà da ogni male; egli proteggerà l’anima tua. 8 Il Signore ti proteggerà, quando esci e quando entri, ora e sempre. (Salmo 121:1-8)
“Da dove mi verrà l’aiuto?” (v. 1)
Ti sei mai trovato lì, ti sei mai trovata lì, a girare gli occhi attorno a te e quello che vedi, la situazione attorno, sono come montagne che ti circondano e ti sovrastano, e tu sei al centro?
La parola che egli usa in ebraico per aiuto è ????? ‘e?zer, che proviene dal verbo azar, che significa “circondare, cingere”.
Quando sono circondato da qualcosa più alto e più forte di me, quello che mi occorre è qualcosa di ancora più forte, che mi circondi, mi avvolga, come facevo con i miei figli piccoli quando avevano un incubo di notte; li cingevo con un braccio, per dirgli :”non temere, ci sono qua io”.
“Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra” (v. 2)
Talvolta ci vuole di essere circondati e indifesi per riscoprire che Dio è onnipotente, che può fare qualsiasi cosa... quasi... quasi qualsiasi cosa...
“Egli non permetterà che il tuo piede vacilli; colui che ti protegge non sonnecchierà.” (v. 3)
Perché, anche se è onnipotente, ci sono alcune cose che NON può fare: non può mentire, non può smettere di amarti, non può smettere di cercarti... E il salmo aggiunge altre due cose che dio NON può fare: Egli NON può permettere che tu vacilli Egli NON si riposa mai...
“Il Signore è colui che ti protegge; il Signore è la tua ombra; egli sta alla tua destra.” (v. 5)
Un tempo non si viaggiava in macchina, ma a piedi. Le strade non erano posti molto sicuri, dovevi guardarti le spalle, e dovevi essere pronto ad usare la spada, o qualsiasi altra arma con la destra.
Immaginati in mezzo ad una strada, da solo o da sola: chi ti protegge? Il salmista dice che, se guardi in terra, quella che vedi non è la tua ombra, ma quella di Dio, che viaggia assieme a te, e che l'arma che hai alla tua destra, lui la controlla e la guida.
E' un linguaggio simbolico, non sarà Dio ad uscire fuori dall'ombra “fisicamente”, mani e piedi, se qualcuno ti attacca... perché già lo ha fatto, fisicamente, attraverso un uomo che si chiama Gesù.
Ed è tramite Gesù, tramite lo Spirito Santo che egli ha mandato dopo essere asceso al cielo che la sua presenza non sarà per un solo viaggio, ma per tutti i viaggi della tua vita: Difatti il salmista aggiunge:
“Di giorno il sole non ti colpirà, né la luna di notte.” (v. 6)
Che sia giorno o che sia notte, tu sarai protetto, sarai protetta... Quale è la parte “nobile” , quella più importante di tutte che proteggerà il Signore?
“Il Signore ti preserverà da ogni male; egli proteggerà l’anima tua” (v. 7)
La parola tradotta con “preserverà” , in ebraico è ?????? s?a?mar che letteralmente significa “mettere un recinto di spine”; era quello che i pastori mettevano attorno alle greggi per proteggerle dalle belve durante la notte
Questo significa che non ci ammaleremo mai, che tutti i nostri affari prospereranno, che non avremo mai problemi in famiglia, eccetera, vero?
Certamente... certamente no! Si, ci potranno essere liberazioni miracolose, guarigioni miracolose...
ma non sempre, perché a Dio interessa non tanto “l'involucro” il corpo ma ciò che contiene, l'anima.
Anche i credenti si ammalano, anche i credenti (e soprattutto i credenti) vengono perseguitati, anche i credenti muoiono, ma quello cui puoi star certo, è che il suo amore per te non finirà mai.
Paolo afferma:
“Chi ci separerà dall'amore di Cristo? … Sono convinto che niente potrà mai separarci dal suo amore. Né la morte, né la vita, né gli angeli, né i capi spirituali, né il presente, né il futuro né le potenze demoniache e neppure le altezze o le profondità, nessuna cosa che Dio ha creato sarà mai capace di separarci dall'amore che Dio ci ha mostrato in Gesù Cristo, nostro Signore! (Romani 8:35a, 38-39 PV)
Com’è la tua vita, in questo momento? C’è una guerra imminente o possibile che non puoi evitare? Stai scrutando i monti attorno ad essa perché senti, o sai che eserciti si stanno ammassando dietro di essi per attaccarti e distruggerti?
Affida la difesa a Colui che solo può cingere la tua vita di mura inespugnabili. E’ scritto in Ebrei 12:2
“Teniamo lo sguardo fisso su Gesù, principio e fine della fede, che, in vista della gioia che avrebbe avuto, sopporto la morte della croce, dando scarsa importanza a questa vergogna e si è seduto alla destra del trono di Dio. (Ebrei 12:2)
Colui che ha in mano la spada che ti difende, si chiama Gesù.
Regine continua ad amare la sorella, anche se la sorella non la ricorda, anche se talvolta la vorrebbe picchiare...
Dio ti ha amato attraverso Gesù, e non ha mai smesso di amarti, e non smetterà mai di farlo, qualsiasi cosa accada
Regine nutre il suo rapporto con la sorella di un amore che ama, nonostante tutto.
Questo è l'amore con cui ti ha amato Gesù: un amore che ama “nonostante tutto” che cerca la tua parte nobile, la tua anima, e quella vuole proteggere.
Alza gli occhi verso i monti e riconosci che è in lui che puoi trovare l'aiuto.
Preghiamo.
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Il matrimonio è l'espressione stessa dell'amore; un amore che si da all'altro ed all'altra. Tra i tanti tipi di amore possibili, esso è quello da cui tutto deriva, che non possiede, ma rimane senza... perché versa il suo sull'altro e sull'altra, che rassomiglia di più al sacrificio di un Figlio che si è donato a noi per renderci liberi.
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Oggi vogliamo parlare di amore, attraverso un brano di Giovanni:
“Cari fratelli, amiamoci a vicenda, perché l?amore viene da Dio; e chi ama gli altri dimostra di essere nato da Dio e di conoscerlo. Chi invece non ama gli altri, non conosce Dio, perché Dio è amore. Dio ci ha dimostrato il suo amore, mandando in questo mondo malvagio il suo unico Figlio, perché avessimo la vita eterna tramite la sua morte. E questo è il vero amore: non siamo stati noi che abbiamo amato Dio, ma è stato Dio che ha amato noi, ed ha mandato suo Figlio per farci avere il perdono dei nostri peccati. Miei cari, se Dio ci ha amato tanto, anche noi dobbiamo amarci a vicenda! Perché, anche se nessuno ha mai visto Dio, quando ci amiamo a vicenda, egli vive in noi e il suo amore perfetto è dentro di noi. E perché sappiamo che noi viviamo in lui ed egli vive in noi, il Signore ci ha messo nel cuore il suo Spirito Santo. Ma non è tutto; l?abbiamo visto coi nostri occhi ed ora lo testimoniamo: Dio ha mandato suo Figlio per salvare il mondo. Chiunque crede e dice che Gesù è il Figlio di Dio, Dio vive in lui ed egli vive in Dio. Per quanto ci riguarda, noi abbiamo imparato a conoscere l?amore di Dio; ed è in questo amore che abbiamo riposto la nostra fiducia. Dio è amore, e chi vive nell'amore vive con Dio, e Dio vive in lui.” (1 Giovanni 4:7-16)
Una canzone dell'epoca di mio papà e mia mamma diceva che “L'amore è una cosa meravigliosa.” Ma di quale amore stiamo trattando oggi?
Perché, ci possono essere tanti tipi di amore: quelli riservati alle nostre passioni umane, l'amore per una squadra di calcio, o per la lettura. L'amore per i nostri amici, o quello ancora più grande per i nostri figli.
Gli amori sbagliati, quelli per il denaro o per il potere, o per le cose passate, che non possono essere più amate, perché non ci sono più.
Potrei andare avanti all'infinito, perché di amore non ce n'è uno solo, ma infiniti... Allora, di quale amore vogliamo parlare stasera?
Noi tutti sappiamo che Alina e Francesco sono qui oggi per celebrare qualcosa che è già accaduto, per festeggiare assieme a noi quell'evento di qualche tempo fa, e per richiedere su di loro la benedizione di Dio e le preghiere della nostra chiesa affinché il loro matrimonio, che già è di per se qualcosa di “speciale” ai giorni nostri, si completi in modo ancora più speciale attraverso un amore speciale,
...perché Dio è amore... (v.9)
Come dice Giovanni, non HA amore, ma E' Amore... con la A maiuscola. Di questo amore vogliamo parlare stasera.
Alina e Francesco sono qui oggi grazie ad un amore che ha durato negli anni, prima di diventare un patto scritto, un'unica dimora, una vita assieme.
C'erano molti e validi motivi sul perché ciò accadesse, ma c'era, e c'è, un unico e validissimo motivo perché giungesse a compimento: un tipo di amore speciale, un amore con la A maiuscola.
Se volessi essere stato sintetico (e quando mai lo sono!), il messaggio di oggi potrebbe essere stato solamente il seguente: “Amatevi l'uno l'altra, e continuate ad amarvi. L'avete fatto in passato, avete percorso assieme un buon tratto di vita, prima come “amici speciali”, ora come moglie e marito; continuate ad amarvi l'uno l'altra.”
Amarvi non solo oggi, o la prossima settimana, o il prossimo mese, o il prossimo anno, o finché ci sarà la passione... ma per il resto della vostra vita.
A qualcuno potrà sembrare strano sentirmi dire che dovete amarvi l'uno l'altra; qualcuno penserà che in fondo già lo avete fatto per un bel po' di tempo; ma voi avete bisogno di sentirlo.
Tra pochi istanti l'anello, che già indossate al dito, e che fino ad oggi è stato simbolo solamente di un patto civile che sanciva la vostra unione come individui, fino a che ci fosse stata la volontà e la passione di vivere assieme, diventeranno, attraverso le promesse che liberamente vi scambierete, il simbolo di un amarsi più profondo, nella buona e nella cattiva sorte, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia. Appunto, un amore con la A maiuscola.
La metà di queste situazioni renderà difficile mantenere la promessa, ed alcune potrebbero rendere quasi impossibile di mantenerla .
Quindi non sarò sintetico come forse avreste sperato, non mi limiterò a dirvi di amarvi l'uno l'altra, ma proverò a darvi alcuni suggerimenti su come potreste riuscire a farlo.
Tutto si gioca, nasce, vive, si sviluppa ed ha un fine attraverso il tipo di amore di cui stiamo parlando:
…perché l?amore viene da Dio... (v. 8)
Giovanni parla non di un amore, uno qualsiasi dei tanti possibili, ma della fonte dell'amore... E qualsiasi tipo di amore, beh, non è che una semplice derivata...
Il vostro matrimonio può essere stato celebrato in un comune o in una chiesa o potrebbe non essere stato celebrato affatto... Ma la sua origine, l'amore che ne è motivo, non proviene né da voi, né dal mondo. Quello che vi unisce da tempo, non è una vostra creazione, né una convenzione della nostra cultura, ma è qualcosa che fa parte di chi ci ha creati, e di cui la sua bontà ha voluto farci dono.
Non dovete cercare di capire di quale tipo di amore si tratti, perché esso li contiene tutti, ed è l'origine di tutti gli amori possibili. Alina, Francesco, dovete guardare meglio all'amore che Dio ha mostrato per ciascuno di noi. Perché la seconda cosa che Giovanni dice è che il vero amore si manifesta nel modo in cui Dio ci ha amato:
Dio ci ha dimostrato il suo amore, mandando in questo mondo malvagio il suo unico Figlio, perché avessimo la vita eterna tramite la sua morte. E questo è il vero amore: non siamo stati noi che abbiamo amato Dio, ma è stato Dio che ha amato noi, ed ha mandato suo Figlio per farci avere il perdono dei nostri peccati. (vv 9-10)
Spesso l'amore è associato a delle immagini dolci... talvolta “sdolcinate”... quelle che vediamo nelle soap, o nei film romantici dove l'amore trionfa sempre sui titoli di coda.
Ma qui, sui titoli di coda, l'amore che trionfa non è affatto dolce, ma comporta una discesa, un sacrificio, una morte: Dio ha mandato Gesù... il resto lo sapete... Ecco com'è il vero amore, quello con la A maiuscola.
Vedete, è un amore diverso, che è disposto a sacrificarsi per il bene della persona amata. Il vero amore rinuncia ai propri diritti per servire l'altro. Dio ha rinunciato al suo unico Figlio perché noi potessimo essere perdonati e ricondotti a Lui. Gesù ci ha amati morendo di una morte di croce perché noi potessimo vivere.
Quello è “l'amore alfa”, quello da cui tutti gli altri derivano. Come fare allora per amarsi l'uno l'altra? Non sto cercando di dirvi che dovete necessariamente “morire” per l'altro per dimostrare lo stesso amore! Ma lo potrete fare cercando le cose che serviranno l'altro, che lo aiuteranno, che lo edificheranno. Lo potrete fare astenendovi dal fare quelle cose che infastidiscono l'altro, che lo abbattono o che lo feriscono.
Facile vero? Assolutamente no! Perché da quando nasciamo, dalla prima volta che, da bambini, abbiamo pronunciato la parola “MIO!” e poi attraverso l'adolescenza, e l'età matura, tutto intorno ci ha insegnato che bisogna farsi valere, che noi valiamo se prendiamo ed abbiamo, non se doniamo e restiamo senza.
Perché l'amore, quello con la A maiuscola, di rado possiede, ma spesso, quasi sempre, rimane senza... perché versa il suo sull'altro, sull'altra.
Avrete dunque bisogno di un bel po' di incoraggiamento per continuare a vivere così, non è vero? Ed è Giovanni stesso che ve lo fornisce, oggi:
Perché, anche se nessuno ha mai visto Dio, quando ci amiamo a vicenda, egli vive in noi e il suo amore perfetto è dentro di noi. (v. 12)
L'amore che saprete dimostrare l'uno verso l'altra, soprattutto quando le cose si faranno difficili, dimostrerà a voi stessi e a chi vi sta intorno che Dio vive in voi. So che siete entrambi credenti, so che avete compreso che non c'è una chiesa perfetta, e che la chiesa non è l'edificio, ma le persone che vi sono dentro.
E per questo vi siete accettati a vicenda nelle proprie individuali preferenze di culto, senza porre barriere o ostacoli all'altro, senza cercare di trarre l'uno o l'altra all'interno della propria denominazione.
In questo state dimostrando al mondo, ai vostri familiari, ai vostri amici esattamente quello che chiede Giovanni: amarsi “nonostante”. Nonostante io sia cattolico e tu protestante evangelica, nonostante io sia rumena e tu italiano, nonostante abbiamo una vita alle spalle, con errori e dolori, ma anche gioie e cose fatte bene mentre stavamo facendo un'altra vita assieme ad un altro, ad un'altra.
In questo modo state mostrando ai vostri familiari, ai vostri amici, al mondo che vi ruota attorno il modo in cui Dio vi ama, accettandovi così come siete, non pretendendo il cambiamento per volere di un'altro, ma per l'amore che vi unisce. Ed è lo stesso amore che Egli ha per ciascuno di noi riuniti qui stasera, e per tutti gli altri nel mondo.
Ed è un amore che è accessibile a tutti; basta volerlo, basta accettarlo, basta seguirlo.
Francesco, Alina, mostrate loro il modo in cui Dio ama, nel modo in cui vi perdonate l'uno l'altra, più e più volte se necessario; nel modo in cui vi fate in quattro per compiacervi l'uno l'altra; nel modo in cui cambiate il vostro comportamento perché l'altro o l'altra sia felice.
Infine, siate certi che ciò che vi sto incoraggiando a fare non va oltre le vostre capacità. Qualcuno ha definito il matrimonio come “una relazione impossibile tra due esseri incompatibili”.
L'affermazione può sembrare cinica, ma ha un fondo di verità. E' facile essere (o sembrare) compatibili in una bella giornata di sole, dove tutto fila liscio... Lo è meno in una giornata buia e piovosa nell'inverno della vita, quando arrivano quei momenti di dubbio, o di dolore, o di malattia...
Chi vi sosterrà in quei momenti? In che modo potrete essere compatibili nella vostra umana incompatibilità?
E perché sappiamo che noi viviamo in lui ed egli vive in noi, il Signore ci ha messo nel cuore il suo Spirito Santo. (v. 13)
Ecco il vero segreto per amare come fa Dio: è nel versetto 13: Dio ci rende capaci di amare dandoci il suo Spirito, perché viva in noi.
La cosa bella del messaggio cristiano è che non si tratta di un insieme di regole a cui bisogna obbedire, a prescindere da tutto, e che dobbiamo applicare da soli e con le nostre forze. Se così fosse, saremmo tutti perduti.
Chiunque crede e dice che Gesù è il Figlio di Dio, Dio vive in lui ed egli vive in Dio (v. 15)
Il messaggio di Cristo riguarda la relazione che abbiamo con Dio, una relazione che è resa possibile perché Dio ci dà il suo Figlio, affinché, riconoscendolo come nostro unico Signore e Salvatore Dio stesso possa abitare assieme a noi e vivere in noi. E quando Dio vive in noi, l'amore di Dio diventa qualcosa che si manifesta naturalmente nella nostra vita.
Quindi continuate ad amarvi l'uno l'altra. E se questo è il vostro obiettivo, se è quello che vi prometterete tra poco davanti a Dio fate prima questo: assicuratevi di continuare a chiedere a Dio di riempirvi con il suo Spirito Santo per essere in grado di amare come ama Dio. In questo modo il vostro amore crescerà nel frattempo che voi diventate più simili a Cristo.
Potete immaginare il matrimonio come un triangolo, con Dio in cima e voi ai due lati. Più vi avvicinate aDio, più vi avvicinate l'uno all'altro. Quindi continuate ad amarvi e ad amare Dio; più vicini a Dio sarete, più vicini l'uno all'altra vi troverete.
Il Signore vi benedica mentre continuate a sperimentare una costante scoperta del Suo Amore in ogni aspetto della vostra vita insieme.
E che il vostro matrimonio sia caratterizzato dalla presenza di Dio che vi avvicini e vi unisca per tutta la vita.
Amen.
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Il segreto della felicità non è estraniarsi dal camminare assieme agli altri, ma camminare in un modo tale che piaccia a Dio e che porti testimonianza di Lui agli altri.
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Oggi iniziami una serie di mini messaggi, per spronarci a mantenere accese le nostre capacità di continuare ad apprendere dalla Parola di Dio. Lo faremo studiando il Salmo 1 che dice così:
SALMO 1
1 Beato l’uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi, che non si ferma nella via dei peccatori, né si siede in compagnia degli schernitori,
2 ma il cui diletto è nella legge del Signore e su quella legge medita giorno e notte.
3 Egli sarà come un albero piantato vicino a ruscelli, il quale dà il suo frutto nella sua stagione e il cui fogliame non appassisce; e tutto quello che fa prospererà.
4 Non così gli empi, anzi sono come pula che il vento disperde.
5 Perciò gli empi non reggeranno davanti al giudizio, né i peccatori nell’assemblea dei giusti.
6 Poiché il Signore conosce la via dei giusti, ma la via degli empi conduce alla rovina.
Abbiamo più volte detto che “beato” significa semplicemente “felice: per cui il salmo è una sorta di libretto di istruzioni per essere felici.
Il salmo comincia con tre istruzioni per la felicita: la prima è:
che non cammina secondo il consiglio degli empi,
La parola usata nel salmo per empi è ??????????? - reš?‘îm‘; che significa, molto semplicemente “qualcuno che sbaglia”.
La seconda istruzione è:
che non si ferma nella via dei peccatori
La parola usata per peccatori è ?????????? - ?a???’îm’ che è un intensificativo di ????? - h?a?t?a? che significa “mancare, perdere” (sottinteso il bersaglio) per cui qualcuno che manca di molto.
La terza istruzione è:
né si siede in compagnia degli schernitori
La parola usata per schernitori è ???????? – lê?îm, che significa “fare le boccacce a qualcuno”.
Facciamo il solito gioco e trasformiamo il versetto con i significati che abbiamo trovato:
E' felice l’uomo che non cammina secondo il consiglio di quelli che sbagliano, che non si ferma nella via di chi manca il bersaglio né si siede in compagnia di coloro che fanno le boccacce agli altri.
Sapete perché ho fatto questo? Perché quando leggiamo la Bibbia, e soprattutto leggiamo parole da “addetti ai lavori” come in questo caso “empi, peccatori, schernitori” facciamo difficoltà a capire chi siano tra le persone che frequentiamo di solito nella vita. Il più delle volte li associamo a esempi estremi; Nerone, o Hitler erano “empi”, la personificazione del male.
E invece la Bibbia non era scritta per “addetti ai lavori”, ma per pastori, commercianti, massaie che spesso non sapevano neppure leggere; le parole e le illustrazioni che venivano usate, anche se poetiche, dovevano utilizzare termini e riferimenti che ciascun ebreo sapesse riconoscere e comprendere.
Vedete che la Parola vola molto più in basso, tra le persone che ci vivono a fianco, e le persone a cui si riferisce non sono la somma del male nel mondo, ma persone che sbagliano, che mancano il bersaglio, che pendono tutto per scherzo e per le quali non c'è niente di serio e di sacro.
Vedete come il numero di persone di cui parla si amplia? E come ANCHE noi stessi possiamo finire in quel numero? Chi è che non conosce persone simili? Tutti noi abbiamo amici e conoscenti che sbagliano, mancano il bersaglio, prendono tutto alla leggera. Ma anche noi possiamo sbagliare, mancare il bersaglio, essere superficiali...
Allora, il consiglio del salmista è dunque di stare alla larga da tutti questi, vero? Beh, se lo facessimo, saremmo destinati all'isolamento sociale staremmo davvero soli per gran parte della nostra vita.
Guadate l'inizio del versetto :
Beato l’uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi...
Il salmista avrebbe potuto semplicemente dire: “Beato l'uomo che non cammina con gli empi... “ecc. … ma non lo fa!
Non lo fa perché sa che viviamo fianco a fianco con “empi” ovvero, con persone che sbagliano,
con peccatori, ovvero con persone che sbagliano ii bersaglio, con schernitori, ovvero persone che non prendono nulla sul serio...
Con queste persone noi siamo obbligati a camminare insieme, ma siamo anche chiamati a non “camminare secondo”, a fare passi differenti e strade differenti. Pietro sintetizza il concetto così:
“Basta già il tempo trascorso a soddisfare la volontà dei pagani vivendo nelle dissolutezze, nelle passioni, nelle ubriachezze, nelle orge, nelle gozzoviglie e nelle illecite pratiche idolatriche. Per questo trovano strano che voi non corriate con loro agli stessi eccessi di dissolutezza e parlano male di voi.” (1 Pietro 4:3-4)
Vedete allora che correre “in un modo differente” da come corre il resto del mondo ci metta sotto una lente di ingrandimento, e ci dia possibilità di testimoniare del perché corriamo in quel modo.
Attenzione però alla tentazione di sentirsi “eletti”, differenti, sopra le parti: Gesù disse questo a coloro che avevano una simile tendenza:
“Ed egli disse loro: «Voi vi proclamate giusti davanti agli uomini; ma Dio conosce i vostri cuori; perché quello che è eccelso tra gli uomini, è abominevole davanti a Dio.” (Luca 16:15)
E Paolo rincara la dose:
“Non c’è nessun giusto, neppure uno. Non c’è nessuno che capisca, non c’è nessuno che cerchi Dio.” (Romani 3:10-11)
Quale è l'antidoto alla nostra voglia di sentirci superiori?
ma il cui diletto è nella legge del Signore
Diletto in ebraico è ????????? - ?ep???w, che significa avere una “inclinazione”, essere portato in qualcosa; per cui, se una cosa ci riesce bene, allora saremo portati a fare più spesso quella che le altre cose.
Ad esempio, io sono naturalmente portato a cucinare; per cui non mi è di nessuna fatica quando chiamo a casa mia moglie e gli chiedo se abbia già preparato o debba pensare io al pranzo o alla cena. Cosa completamente differente succede per lo stirare; non ho una “naturale inclinazione” verso di esso...e in realtà non mi interessa neppure di sperimentarlo.
Allo stesso modo tu potresti dirmi. “A posto, Marco, io non sono portato a studiare la Bibbia, non mi riesce bene e non sono come te, per cui mi tiro fuori. Farò qualche altra cosa, come pregare, fare la carità, ma non chiedermi di applicarmi a studiare la Bibbia!”
Se pensi così, possiamo andare a cena assieme... perché è esattamente quello che dissi io ad un amico che voleva predicassi in chiesa circa una trentina di anni fa.
Era più o meno la stessa cosa che il popolo di Israele stava pensando dopo essere giunto nella Terra promessa; Giosuè, vecchio e stanco, convocò allora i capi delle tribù e disse lori questo:
“Applicatevi dunque risolutamente a osservare e a mettere in pratica tutto quel che è scritto nel libro della legge di Mosè, senza sviarvene né a destra né a sinistra... ma tenetevi stretti al Signore, che è il vostro Dio, come avete fatto fino a oggi.” (Giosuè 23:6,8)
Quello che stava dicendo Giosuè ai capi del popolo, e che il mio amico stava dicendo a me, era che la conoscenza avviene attraverso la frequenza; la stessa cosa che Paolo avrebbe detto a Timoteo:
“Ma rifiuta le favole profane e da vecchie; esèrcitati invece alla pietà, perché l’esercizio fisico è utile a poca cosa, mentre la pietà è utile a ogni cosa, avendo la promessa della vita presente e di quella futura.” (1 Timoteo 4:7-8)
Come esercitarsi, allora?
e su quella legge medita giorno e notte.
Il salmista lo spiega dicendo che dobbiamo “meditare” la Parola giorno e notte: la parola meditare in ebraico è ????????? – yehgeh, che letteralmente significa “mormorare”. L'immagine è di qualcuno che gira per le strade e, a bassa voce ripete tra se e se delle parole.
Ora, non prendetemi alla lettera, ma cercate di capire il concetto che vuole esprimere il salmista; non è che dobbiamo andare per strada e borbottare Salmi e versetti tra noi e noi...saremmo un bel po' strani!
Ma il concetto è quello che, se continuiamo a far girare nella nostra testa come “rumore di fondo” la Parola di Dio, alla fine entrerà così a fondo nella nostra natura che non dovremo più faticare ad applicarla, perché sarà parte di noi.
La prossima volta vedremo gli effetti di tutto ciò sulla nostra vita di tutti i giorni.
In conclusione, cosa possiamo portare a casa da questi primi due versetti?
- Devo camminare assieme a chi sbaglia, ma non devo camminare come loro.
- Devo leggere la Parola ogni giorno.
- Devo pensare ogni giorno a ciò che leggo.
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Chi saranno coloro che verranno accolti dal Padre in Cielo? Gesù rende chiaro che il popolo che troveremo là sarà ben differente da come ce lo immaginiamo, e molti saranno quelli invitati, ma pochi coloro che accetteranno l'invito... e non saranno delle categorie che ci aspettiamo di trovare.
---Predicatrice: Jean Guest
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C'è una foto scattata al mio matrimonio trentadue anni fa in cui compare un ragazzo con gli occhiali, così elegante in giacca e cravatta, proprio in mezzo agli invitati e dal suo sorriso è evidente che gli è piaciuta i matrimonio. Non ho idea di chi fosse. Né mio marito ne ha idea, né le persone sedute accanto a lui, né chiunque altro fosse presente quel giorno. In trentadue anni non abbiamo mai scoperto chi fosse stato e come fosse arrivato in chiesa, perché non compare in nessuna delle foto del ricevimento dopo.
Matrimoni, banchetti, feste e ospiti extra compaiono spesso nelle parabole raccontate da Gesù. Oggi ne esamineremo due, la prima in Matteo e la seconda in Luca.
Diamo un contesto alla prima parabola. Matteo sta registrando la risposta di Gesù a una sfida dei capi dei sacerdoti e dei leader del popolo quando si trovava nel tempio di Gerusalemme.
“Quando giunse nel tempio, i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si accostarono a lui, mentre egli insegnava, e gli dissero: «Con quale autorità fai tu queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?»” (Matteo 21:23)
Egli continua rispondendo con quale autorità lo faccia attraverso il racconto di tutta una serie di parabole molto serie che terminano con la parabola degli agricoltori malvagi, permettendo loro, se lo volessero, di vedere il terribile errore che stavano per commettere. Egli sa che i lupi stanno girando intorno e che si trova negli ultimi giorni del suo ministero terreno.
Continua quindi con questa parabola che esamineremo più da vicino.
“Gesù ricominciò a parlare loro in parabole, dicendo: «Il regno dei cieli può essere paragonato ad un re, il quale fece le nozze di suo figlio. Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze; ma questi non vollero venire. Mandò una seconda volta altri servi, dicendo: “Dite agli invitati: ‘Io ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono ammazzati; tutto è pronto; venite alle nozze’”. Ma quelli, non curandosene, se ne andarono, chi al suo campo, chi al suo commercio; altri poi presero i suoi servi, li maltrattarono e li uccisero. Allora il re [udito ciò] si adirò, mandò le sue truppe a sterminare quegli omicidi e a bruciare la loro città. Quindi disse ai suoi servi: “Le nozze sono pronte, ma gli invitati non ne erano degni. Andate dunque ai crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete”. E quei servi, usciti per le strade, radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni; e la sala delle nozze fu piena di commensali. Ora il re entrò per vedere quelli che erano a tavola e notò là un uomo che non aveva l’abito di nozze. E gli disse: “Amico, come sei entrato qui senza avere un abito di nozze?” E costui rimase con la bocca chiusa. Allora il re disse ai servitori: “Legatelo mani e piedi [, prendetelo] e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì ci sarà pianto e stridor di denti”. Poiché molti sono chiamati, ma pochi eletti».” (Matteo 22:1-14)
È una lettura difficile, alla quale dobbiamo prestare attenzione nel modo in cui la affrontiamo e la leggiamo. Come per tutte le parabole, dobbiamo chiederci: "Dov'è Dio in tutto questo"? Non è corretto pensare che sia sempre il padre, il re, il giudice, il protagonista. Se lo facciamo, possiamo ritrovarci con un'immagine di Dio che va contro tutto ciò che le Scritture dicono di lui. Quindi inviterei alla cautela nell'identificare il re qui come Dio, perché quell'uomo è un tiranno assoluto.
“Allora il re [udito ciò] si adirò, mandò le sue truppe a sterminare quegli omicidi e a bruciare la loro città.” (v.7)
È possibile che Matteo, nel raccontare questa parabola, stia pensando a ciò che è appena accaduto a Gerusalemme con la distruzione del tempio. Non lo sappiamo, ma quello che sappiamo è che il nostro Dio non è un tiranno, è un Dio di amore, compassione e misericordia.
Il fulcro della parabola non è il re o il figlio, ma ciò che accade durante un banchetto di nozze nella Palestina del I secolo. Quindi che cosa succede? Si viene invitati al matrimonio più volte. Oggi alcuni inviano i biglietti “Segna la data” prima dell'invito vero e proprio, soprattutto se si tratta di un matrimonio di destinazione come questo invito che mi è giunto qualche anno fa: sulla cartolina si legge: “20/ 07/ 2020, segna la data - Liz & James diranno “Si, lo voglio” nella Bellissima città di Firenze, Italia”Le persone hanno bisogno di tempo per risparmiare i soldi! Ai tempi di Gesù si riceveva un equivalente del "segna la data", poi un invito, poi un promemoria e infine, quando tutto era pronto, un avviso finale del tipo: "Forza, siamo pronti".
“Mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze” (v. 3)
Quindi il banchetto nuziale non doveva essere una sorpresa per gli invitati: ne erano a conoscenza da molto tempo e l'invito proveniva dal loro re.
Una volta sono stata invitata a incontrare la Regina Elisabetta in visita alla mia città, Nottingham, ma ho rifiutato: sono repubblicana, non voglio aver a che fare coi reali. Ma sono grata alla democrazia che mi permette di scegliere.
All'epoca di questa parabola le cose erano molto diverse. Ci si aspettava che gli invitati al banchetto di nozze del figlio del re esprimessero l'onore che dovevano al re e la loro fedeltà al legittimo erede del suo trono. Rifiutare l'invito equivaleva a ribellarsi. A chi sta parlando Gesù? Ricordiamo che sta rispondendo ai farisei, ai sacerdoti e agli anziani ebrei, le persone che più di tutte dovrebbero conoscere il Messia e l'invito di Dio.
Se i primi invitati non verranno, il banchetto sarà aperto a tutti.
“Quindi disse ai suoi servi: “Le nozze sono pronte, ma gli invitati non ne erano degni. Andate dunque ai crocicchi delle strade e chiamate alle nozze quanti troverete”. E quei servi, usciti per le strade, radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni.” (v.- :8-10a)
Attenzione a ciò che è scritto: “cattivi e buoni”....
Ho ripreso questo annuncio comparso qualche tempo fa nella mia Inghilterra il cui testo diceva questo:
AVVERTIMENTO: fornicatori, ubriaconi, sodomiti, omosessuali, rapper gangster, donne immodeste, spettatori di film immorali, darwinisti, femministi, atei, abortisti, fumatori di marijuana socialisti, ballerini sporchi, giocatori d'azzardo, masturbatori, razzisti, Cameron, Clegg, elettori laburisti, abusatori, adulteri, evoluzionisti, epurati, terroristi, predicatori di prosperità, NON EREDITERANNO IL REGNO DI DIO L'inferno attende tutti i peccatori; pentitevi o perirete. Il giudizio sta arrivando!
Questa è una piccola e affascinante lista messa insieme da alcuni frequentatori della chiesa di persone che, secondo loro, non sono invitate al banchetto. Io vi compaio almeno sei volte. Il regno di Dio vuole essere un regno inclusivo, aperto a tutti.
Se la Chiesa deve essere un segno efficace della presenza di Dio, allora deve anche essere inclusiva, in modo che ogni essere umano sia accolto, indipendentemente dalla razza, dalla classe, dal colore della pelle, dalla sessualità, dal credo o dalla mancanza di credo.
Questa è certamente una sfida, ma ricordate che non siamo i guardiani o i custodi, siamo i cittadini del Regno. È ridicolo che questa parabola, 2000 anni dopo essere stata raccontata per la prima volta, sia ancora scandalosa per alcuni cristiani.
Ed ecco che arriva l'avvertimento.
“Ora il re entrò per vedere quelli che erano a tavola e notò là un uomo che non aveva l’abito di nozze. E gli disse: “Amico, come sei entrato qui senza avere un abito di nozze?” E costui rimase con la bocca chiusa. Allora il re disse ai servitori: “Legatelo mani e piedi [, prendetelo] e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì ci sarà pianto e stridor di denti”. (v.11-13)
Non indossa gli abiti adatti? Sembra un po' troppo severo. Il punto è che quando siete stati invitati al banchetto di nozze, i vestiti vi sono stati forniti gratuitamente. La Scrittura fa molti riferimenti al fatto che Dio ci veste con l'abito nuziale della salvezza - Isaia 61:10 è solo uno di questi. E l'Apocalisse fa riferimento al fatto che i giusti saranno rivestiti con le vesti della gloria - a proposito, la fine del mondo non avviene come un'apocalisse, ma come un banchetto di nozze. L'invitato alle nozze rifiutava non solo ciò che gli veniva offerto gratuitamente, ma anche di riconoscere la bellezza e il valore del suo invito.
Dio chiama tutti al suo regno, a prescindere. Ma si aspetta anche che tutti vivano una vita degna della chiamata. Gli uomini e le donne che si presentano al banchetto con l'odio nella loro lista, gli uomini e le donne il cui amore è freddo o assente, potrebbero scoprire di essere quelli che non indossano l'abito accettabile.
Come dice il teologo N.T. Wright
"Non vogliamo sapere del giudizio sui malvagi e ancor meno degli esigenti standard di santità o delle conseguenze per noi. Ricordate che ciò che fate nel presente durerà nel futuro di Dio." (N.T. Wright)
Sarete contenti che il nostro sguardo alla seconda parabola sarà molto più breve! Ma prima di tutto, spieghiamo perché Gesù ha raccontato questa parabola. I farisei hanno portato davanti a lui un uomo morente, i cui organi principali si stanno spegnendo, per vedere se Gesù lo guarirà - il problema è che è di sabato.
Gesù guarisce l'uomo e si occupa di quella particolare sfida, poi viene invitato a cena dallo stesso gruppo di farisei. Notando che tutti fanno a gara per avere il posto migliore a tavola, ricorda loro con delicatezza che l'umiltà è un segno di santità e che la generosità verso chiunque si trovi ai margini della società sarà ricompensata da Dio.
"Uno degli invitati, udite queste cose, gli disse: «Beato chi mangerà pane[a] nel regno di Dio!» Gesù gli disse: «Un uomo preparò una gran cena e invitò molti; e all’ora della cena mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, perché [tutto] è già pronto”. Tutti insieme cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e ho necessità di andarlo a vedere; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho preso moglie e perciò non posso venire”. Il servo[b] tornò e riferì queste cose al suo signore. Allora il padrone di casa si adirò e disse al suo servo: “Va’ presto per le piazze e per le vie della città, e conduci qua poveri, storpi, ciechi e zoppi”. Poi il servo disse: “Signore, ciò che hai comandato è stato fatto[c] e c’è ancora posto”. Il signore disse al servo: “Va’ fuori per le strade e lungo le siepi e costringili a entrare, affinché la mia casa sia piena. Perché io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena». “(Luca 14:15-24)
Ecco quindi Gesù a cena e questa parabola è una "chiacchierata a tavola" piuttosto che una difesa formale delle sue azioni. Sapendo quello che sappiamo dei farisei e di tutti i loro schemi, siete sorpresi che Gesù accetti questo invito?
Vale la pena di notare che era disposto a passare del tempo a parlare con coloro che gli erano ostili, oltre a tenere la compagnia più piacevole dei suoi discepoli e di coloro che lo accoglievano sinceramente, come i poveri e i bisognosi. In diverse altre occasioni leggiamo che fu invitato a mangiare in casa di un fariseo. Non esitò a farlo, anche se l'accoglienza fu di solito, come in questa occasione, molto dura e ostile, anche se a prima vista non sembra.
“Uno degli invitati, udite queste cose, gli disse: «Beato chi mangerà pane[a] nel regno di Dio!»” (v. 15)
Ho sentito descrivere questa frase come un "pensiero celestiale ma anche una terribile supposizione". Ed è proprio questo il senso della parabola. Fu raccontata a un gruppo di persone che presumevano che la piena benedizione di Dio ricadesse su di loro, indipendentemente dalla loro vera motivazione o da ciò che avevano nel cuore
Come nella nostra parabola precedente, le persone furono invitate più volte a questo banchetto e l'invito stesso era un grande onore. Ma quando giunse il momento, si giustificarono.
Il primo si scusò perché aveva appena comprato un campo e quindi, implicitamente, fece capire che la ricerca della sua futura ricchezza era più importante per lui che onorare l'ospite e prendere posto al banchetto.
Il secondo si giustificò dicendo che aveva appena comprato cinque paia di buoi e doveva esaminarli per assicurarsi che fossero bestie sane. Ecco l'esercizio quotidiano di un'attività regolare. Per lui era molto più importante fare questo che occupare il posto d'onore al grande banchetto.
Infine, il terzo aveva appena sposato una moglie e quindi, ovviamente, doveva essere scusato. La Legge di Mosè prevede che un uomo appena sposato possa essere esonerato dall'obbligo di prestare servizio militare per un anno. Tuttavia, tale disposizione potrebbe essere ragionevolmente estesa per scusare quest'uomo, all'ultimo minuto, dal breve tempo necessario per partecipare a un banchetto così importante? Era chiaramente giusto che egli onorasse la moglie e adempisse a tutta una serie di doveri domestici, ma usarli per giustificarsi dal banchetto significava mostrare disprezzo per l'organizzatore del banchetto e per il suo invito.
Questi uomini sono stati onorati con un invito. A ciascuno di loro era stato ricordato. Ma, per il totale disprezzo di colui che ha dato il banchetto e il suo invito, nessuno di loro è venuto. Non c'è da stupirsi che abbiano richiamato l'ira e il giudizio del padrone del banchetto: “Perché io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati assaggerà la mia cena.”
E non possiamo sederci qui oggi, nel 2022, e dire semplicemente: "Ma certo che Gesù sta parlando ai farisei e non a noi". No, proprio come loro non possiamo dare per scontato che saremo accolti a prescindere. Forse non vogliamo sentirci dire che il discepolato è costoso, che la santità non viene naturale, che questa vita cristiana non è facile o chiara. Dobbiamo renderci conto gli uni degli altri attraverso la comunione e la trasformazione spirituale.
L'apostolo Pietro dice:
“Perciò, fratelli, impegnatevi sempre di più a rendere sicura la vostra vocazione ed elezione, perché, così facendo, non inciamperete mai." (2 Pietro 1:10)
Quante volte nelle nostre pratiche quotidiane, se non addirittura in teoria, ci scusiamo, come gli uomini della parabola, perché totalmente assorbiti dal nostro lavoro, o immersi indaffarati in questo mondo, o completamente presi dalle faccende di casa... con nostra grande perdita?
Gente, il banchetto si sta preparando, l'accoglienza del cielo vi aspetta, aggrappatevi al vostro prezioso invito “con tutto il cuore, tutta l'anima, tutta la forza e tutta la mente" (Matteo 22:37) . E a proposito, se avete una lista, disfatevene: "Ama il tuo prossimo come te stesso"(Matteo 22:39)
Amen.
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Dio ha un cuore per coloro che la vita ha colpito, atterrato, vinto... i perduti. Il Suo amore è liberamente disponibile per tutti, ma i modi in cui siamo perduti e ritrovati sono personali e individuali. E spetta a ciascun credente di portare la Sua speranza nel buio di chi soffre.
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Predicatrice: Jean Guest
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Mi piacciono le canzoni che mi fanno ballare o cantare. Per questo motivo ho due playlist su l’app Spotify. La prima,“Jeanbean1”, è piena di canzoni che fanno affollare la pista da ballo e la seconda, “Jeanbean2”, è fatta da tutte le ballate che fanno emergere la mia Aretha Franklin interiore mentre canto insieme alla musica.
Devo confessarvi che al mio cane Artie non piacciono né l'una né l'altra: non gli piace affatto ballare e lo confonde l'occasionale scoppio in lacrime di fronte a un testo: "Sta cantando, è felice, ma sta piangendo, devo forse darle una leccata"? Perché, come tutta la grande arte, un testo di musica pop è in grado di parlare alla nostra comune esperienza umana e può catturare il cuore. Quello che mi colpisce ogni volta è nella canzone “All I ask” di Adele, quando canta di quanto sia sconcertante quando perdiamo l'amore della nostra vita che è anche il nostro migliore amico:
“Nessuno mi conosce come te. E poiché tu sei l'unico che conta, dimmi da chi devo correre?”
Un testo straziante e universalmente vero, e questo è il genio di Adele.Ci sono anche un paio di versetti nella Bibbia che mi fanno sempre venire un groppo alla gola. La prima è quando Gesù lava i piedi a Pietro durante l'ultima cena e Pietro, in tutta la sua favolosa irruenza, quando capisce che si tratta di una sorta di unzione, dice: "Non solo i miei piedi, ma tutto me stesso". E l'altra è questa nella Parabola del figlio perduto
“Ma mentre egli era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò.” ( Luca 15:20 b)
È un'immagine bellissima che parla del cuore di Dio e del suo amore per i perduti. Dio non aspetta che siamo dispiaciuti, o che siamo bravi, o che abbiamo tutto in regola, prima di amarci: ci ama e ci cerca. Il senso della parabola del figlio perduto è: "Torna a casa, ti prego, torna a casa".
Lasciate che preghi per noi: Padre, siamo così grati di poterci definire tuoi figli, di essere stati trovati da te e chiamati al tuo amore. Mentre ascoltiamo queste parole, metti nel nostro cuore un peso per coloro che stai ancora cercando. Amen
“Tutti i pubblicani e i peccatori si avvicinavano a lui per ascoltarlo. Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, avendo cento pecore, se ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro a quella perduta finché non la ritrova? E trovatala, tutto allegro se la mette sulle spalle; e giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta”. Vi dico che, allo stesso modo, ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento.” (Luca 15:1-7)
L'amore di Dio, reso completo da Gesù, è un'offerta universale. È per tutti, è liberamente disponibile per tutti, ma i modi in cui siamo perduti e ritrovati sono personali e individuali.
La mia storia di salvezza non è la tua, né la tua. Perché mentre il pastore guarda all'intero gregge, il Regno lavora uno alla volta. È semplicemente così: il figlio perduto, la moneta perduta, la pecora smarrita. Questa è la natura stessa di Dio, il singolo ’individuo conta per Dio.
C'è qualcosa di profondo, in un mondo che cerca di confondere tutti in un'unica cosa, nel fatto che la Chiesa annuncia "no, a Dio interessa l’individuo, il singolo". Questo è il modello del Regno.
Ci sembra strano: è davvero ciò che farebbe un pastore? E’ sufficiente un gregge di 99 persone, no? Ma non è una parabola su quanti sono rimasti, bensì sul valore di ciò che è perduto e su come Dio lo cerca.
"«Oppure, qual è la donna che se ha dieci dramme e ne perde una, non accende un lume e non spazza la casa e non cerca con cura finché non la ritrova? Quando l’ha trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: “Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta”. Così, vi dico, v’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede». " (Luca 15:8-10)
In alcune delle vostre bibbie vedrete una piccola nota tra parentesi dopo la parola “dramma”; se guardate, vedrete che è una nota che spiega il valore della moneta che viene persa. È una dracma d'argento e vale circa un giorno di paga. La donna dovrebbe averne 10, quindi in totale mille dracme, non una fortuna, ma sono tutti i suoi risparmi, tutto ciò che sta tra lei e la povertà. Non c'è da stupirsi che sia alla disperata ricerca di questa moneta.
Il valore della moneta è significativo, e ancora una volta il punto della parabola è come Dio sia risoluto nel perseguire ciò che è perduto. La donna mette a soqquadro la casa finché non trova la moneta; il pastore cerca finché non trova la pecora; il padre è sempre alla ricerca del figlio perduto fino al giorno in cui lo vede e poi corre verso di lui.
Dio ha un cuore per i perduti che non si arrende mai. E quando ciò che è perduto viene ritrovato, c'è una festa in cielo che può battere persino la mia playlist di Jeanbean1. Ne parleremo la prossima settimana, quando esamineremo l'Accoglienza in Cielo.
Quindi, se Dio è questo risoluto inseguitore di persone perdute, cosa vuole che facciamo in tutto questo? Quale ruolo dobbiamo svolgere? Indovinate un po': abbiamo qualche parabola per aiutarci.
“Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità [tra il popolo]. Vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La mèsse è grande, ma pochi sono gli operai. Pregate dunque il Signore della mèsse che mandi degli operai nella sua mèsse».” (Matteo 9:35-38)
In un attimo potremmo quasi non accorgerci di questo piccolo ma ricco passaggio nel mezzo di Matteo. Ma è un punto cruciale in cui l'attenzione si sposta dal ministero di Gesù al nostro. Rende umili, è impegnativo ed emozionante.
Il verbo greco tradotto con "ebbe compassione" indica che Gesù era commosso profondamente, tanta era la pena che provava per le persone che vedeva. Questa frase è usata spesso nei Vangeli per descrivere i sentimenti lancinanti/ strazianti che Gesù provava per le persone bisognose.
“[Gesù,] smontato dalla barca, vide una gran folla; ne ebbe compassione e ne guarì gli ammalati.” (Matteo 14:14)
“Gesù, chiamati a sé i suoi discepoli, disse: «Io ho pietà di questa folla; perché già da tre giorni sta con me e non ha da mangiare; non voglio rimandarli digiuni, affinché non vengano meno per strada».” (Matteo 15:32)
Non è indifferente alle difficoltà della gente, né incolpa le persone per il caos in cui si trovano. La sfida per noi è: quanto spesso proviamo una profonda, straziante compassione per le persone?
Spesso siamo ciechi di fronte alle persone che ci circondano, sia per quanto riguarda i loro bisogni spirituali sia per quanto riguarda la loro disponibilità e apertura a Gesù. Vediamo il loro stile di vita e i loro atteggiamenti a volte duri, e dimentichiamo che Dio è in grado di operare potentemente in loro quando è il momento giusto. La nostra sfida è quella di chiederci: "Cosa ci spinge a stare con le persone, a soddisfare i loro bisogni e magari a condividere con loro la nostra storia del Vangelo"? Spero che sia una combinazione di queste due cose:
“Questo è buono e gradito davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità. “ (1 Timoteo 2:3-4)
“L’amore sia senza ipocrisia.” (Romani 12:9 a)
Torniamo a Matteo 9.
“Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il vangelo del regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità [tra il popolo]. Vedendo le folle, ne ebbe compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La mèsse è grande, ma pochi sono gli operai. Pregate dunque il Signore della mèsse che mandi degli operai nella sua mèsse.” (Matteo 9:35-38)
Fino al versetto 37 l'attenzione di Matteo si è concentrata su Gesù e sulla sua opera di Buon Pastore. Si prende cura di loro, li guarisce, provvede alle loro necessità. Ma nel versetto 37 c'è uno spostamento e un cambiamento nella metafora. Ora l'attenzione si concentra sui discepoli e su di noi e sui modi in cui siamo invitati a collaborare con Dio per raggiungere i suoi scopi. Ed egli ha bisogno di noi ora!
Notate che la parola "mèsse" è usata tre volte nei versetti 37-38 e l'atto del raccogliere implica un senso di urgenza. Il momento è giusto. Il Regno dei cieli è vicino. Ora. Non c'è tempo da perdere. La raccolta potrebbe essere rovinata o perduta se l'agricoltore ritarda.
Ma come possiamo diventare coloro che trebbiano il raccolto?
“Pregate dunque il Signore della mèsse” (v 38)
La prima cosa da fare è pregare.
A tutti noi è stato dato un luogo specifico con una chiamata specifica: in quale campo ci troviamo? Quale preghiera ci chiede Gesù di fare per partecipare alla mietitura? Quali sono i bisogni maturi / pronti per i quali vuole che ci impegniamo / interagiamo?
E poi, ci prepariamo a essere inviati; inviati nei nostri luoghi di lavoro, nei nostri gruppi di amici, nelle nostre famiglie, tra i nostri vicini, nelle nostre comunità.
Notate cosa fa Gesù subito dopo in Matteo 10: manda i suoi discepoli nei campi; il Signore della messe manda i suoi operai.
I discepoli hanno seguito Gesù come un rabbino, un maestro che li forma con insegnamenti ed esempi. La loro formazione e il loro scopo si trovano nelle parole e nelle opere del loro rabbino, nel seguire le sue vie.
Noi avremo uno scopo unico all'interno dei piani che Gesù ha per noi, ma tutti puntano allo stesso regno, allo stesso re e salvatore. Gesù è la fonte e il Signore del nostro scopo. Il nostro scopo è seguire il suo cuore per i perduti e non arrenderci mai.
“E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque[a] e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente».” (Matteo 28:18-20)
Amen.
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Gesù parla spesso di come è il Regno del Padre suo, scoprendo piuttosto quelli che ci saranno, e non quelli che non ci saranno. E, incredibilmente per i molti, il Regno sarà pieno non solo delle persone che compongono la chiesa, ma di quelle persone che non ti aspetti: disonesti, bugiardi, perduti, falliti...
---Predicatrice: Jean Guest
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Nel corso della nostra vita la mappa dell'Europa continentale è cambiata sensibilmente. Oggi ci sono 37 Paesi indipendenti rispetto ai 22 del 1960, quando molti facevano parte dell'URSS. Nel corso della storia dell'umanità, la questione del confine è stata fonte di guerre e di risoluzioni nei trattati di pace.
Lo vediamo oggi con la Russia che rivendica l'appartenenza delle regioni orientali dell'Ucraina, cercando ancora una volta di stabilire il suo vecchio impero.
Che si tratti di una vecchia rivendicazione o di una nuova rivendicazione, non è solo l'abitare la terra a segnare una nazione o un regno. Nell'Antico Testamento sono citati sette regni, Ziklag, Edom, Zoboh, Moab, Galaad, Filistia e Ghesur, che gli storici e gli archeologi faticano a localizzare su una mappa, poiché ne abbiamo solo riferimenti fugaci come questo:
“Absalom fuggì e andò da Talmai, figlio di Ammiur, re di Ghesur. Davide faceva cordoglio per suo figlio ogni giorno. Absalom rimase tre anni a Ghesur, dove era andato dopo essersi dato alla fuga.” (2 Samuele 13:37-38)
I regni vanno e vengono, a volte lasciando il loro segno nel paesaggio, a volte scomparendo nell'oblio.
Il Regno di Dio era un'idea molto importante per il popolo di Israele al tempo di Gesù. Come nazione e popolo, da secoli erano stati soggetti alle aggressioni del Vicino Oriente. Erano stati schiavi ed esiliati, i loro templi e le loro città erano stati distrutti, i loro tesori sacri e nazionali rubati, ma ciò a cui si aggrappavano era la promessa che un giorno sarebbero stati i vincitori.
“In quel giorno avverrà che io farò di Gerusalemme una pietra pesante per tutti i popoli; tutti quelli che se la caricheranno addosso ne saranno malamente feriti, e tutte le nazioni della terra si aduneranno contro di lei. In quel giorno», dice il Signore, «io colpirò di smarrimento tutti i cavalli, e di delirio quelli che li cavalcano; io aprirò i miei occhi sulla casa di Giuda, ma colpirò di cecità tutti i cavalli dei popoli. I capi di Giuda diranno in cuor loro: “Gli abitanti di Gerusalemme sono la nostra forza nel Signore degli eserciti, loro Dio”. In quel giorno io renderò i capi di Giuda come un braciere ardente in mezzo alla legna, come una torcia accesa in mezzo ai covoni; essi divoreranno a destra e a sinistra tutti i popoli circostanti. Gerusalemme sarà ancora abitata nel suo proprio luogo, a Gerusalemme. Il Signore salverà prima le tende di Giuda, perché la gloria della casa di Davide e la gloria degli abitanti di Gerusalemme non s’innalzi al di sopra di Giuda. In quel giorno il Signore proteggerà gli abitanti di Gerusalemme; colui che fra loro vacilla sarà, in quel giorno, come Davide; la casa di Davide sarà come Dio, come l’angelo del Signore davanti a loro In quel giorno io avrò cura di distruggere tutte le nazioni che verranno contro Gerusalemme.” (Zaccaria 12:3-9)
Un giorno, forse molto presto, stava per arrivare un grande giorno, in cui Israele avrebbe trionfato e il Regno di Dio sarebbe stato stabilito. Immaginate quindi cosa si provava a sentir dire questo dal nuovo rabbino stravagante di cui tutti parlavano:
“Il regno dei cieli è anche simile a una rete che, gettata in mare, ha raccolto ogni genere di pesci...” (Matteo 13:47)
Ora, noi siamo dall'altra parte della storia e della risurrezione e sappiamo che il Regno e il Messia si sono rivelati completamente diversi da ciò che si aspettavano, quindi l'impatto scioccante di questa immagine ci sfugge. Ma i suoi ascoltatori devono essere rimasti inorriditi: ogni pesce di ogni specie? No, noi ebrei siamo gli eletti di Dio. Sicuramente avrebbe dovuto dire: "Nel Regno di Dio troverete, ci saranno...".
Sospetto che a volte anche noi siamo rimasti a grattarci la testa per la vaghezza di ciò che Gesù ha detto sul Regno. Dato che è qualcosa di così centrale per la fede, sembra che egli parli in modo obliquo e non diretto. Ma questo ci riporta a ciò che ho detto la settimana scorsa a proposito delle parabole e di tutta la Scrittura: dobbiamo essere pronti a confrontarci con essa e a giungere a una comprensione.
Quindi che cos'è il Regno di Dio o il Paradiso? Che aspetto ha e che significato ha per noi oggi?
Il capitolo 13 del Vangelo di Matteo contiene sette parabole in cui Gesù spiega cosa sia. Non preoccupatevi, non esamineremo tutte le sette parabole: alcune le abbiamo già citate e abbiamo parlato delle loro conseguenze per noi credenti.
Cominciamo con questa.
“[Di nuovo,] il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo, che un uomo, dopo averlo trovato, nasconde; e, per la gioia che ne ha, va e vende tutto quello che ha, e compra quel campo.” (Matteo 13:44)
Vi è mai venuto in mente che quell'uomo è disonesto? Non è il suo campo, quindi non è il suo tesoro.
Seppellire il tesoro sotto terra era il modo in cui molte persone tenevano al sicuro il loro tesoro, se non potevano permettersi casseforti e servi forti per custodirlo. Un esempio è la parabola dei talenti (Matteo 25), dove il terzo servo prese il denaro e lo seppellì sotto terra fino al ritorno del padrone. Il motivo per cui il padrone era così arrabbiato con il servo che aveva seppellito il tesoro era, presumibilmente, perché qualcuno avrebbe potuto trovarlo, come è successo in questa parabola.
In altre parole, la persona che trovò il tesoro sepolto in un campo fu disonesta, comprò il campo fingendo di non avervi trovato il tesoro - tanto grande era il suo desiderio di avere il tesoro.
Questo vi sconvolge? Gesù non fa alcun commento sulla disonestà o sul fatto che il Regno non dovrebbe essere per persone come lui. Il Regno di Dio è per i disonesti, i bugiardi, i perduti, gli abbattuti, e la scoperta del Regno porta loro gioia. Mi piace questo richiamo alla chiesa di Rachel Held Evans:
Gli apostoli ricordavano ciò che molti cristiani moderni tendono a dimenticare: che ciò che rende il Vangelo offensivo non è chi tiene fuori dal Regno, ma chi fa entrare.
“Egli propose loro un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli può essere paragonato ad un uomo che aveva seminato buon seme nel suo campo. Ma, mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando l’erba germogliò ed ebbe fatto frutto, allora apparve anche la zizzania. E i servi del padrone di casa vennero a dirgli: “Signore, non avevi seminato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c’è della zizzania?” Egli disse loro: “Un nemico ha fatto questo”. I servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a coglierla?” Ma egli rispose: “No, affinché, cogliendo la zizzania, non sradichiate insieme ad essa anche il grano. Lasciate che tutti e due crescano insieme fino alla mietitura; e, al tempo della mietitura, dirò ai mietitori: ‘Cogliete prima la zizzania, e legatela in fasci per bruciarla; ma il grano, raccoglietelo nel mio granaio»” (Matteo 13:24-29)
Seminare erbacce nel campo del nemico era una tattica standard tra le nazioni in guerra e, in questo caso, tra i vicini: se non possono nutrire il loro popolo, si indeboliscono e forse muoiono di fame. Così il Regno di Dio ha un nemico che, con determinazione e intenzione, semina erbacce tra il buon raccolto. Ma se il Regno di Dio è per i disonesti, i bugiardi, i perduti e i falliti, come facciamo a capire la differenza? Ecco il punto: il Regno di Dio non è la chiesa, la chiesa ne fa parte, ma non è la sua somma.
Nel Vangelo di Matteo Gesù menziona due volte la chiesa e 55 volte il Regno di Dio.
Naturalmente la chiesa non era ancora stata istituita, ma questa quantità sproporzionata di insegnamenti dovrebbe farci riflettere: noi, la chiesa, non siamo i guardiani del Regno, e nemmeno i suoi custodi, siamo i suoi cittadini.
La Bibbia dice che apparteniamo a tre modi: quando seguiamo Gesù siamo discepoli; quando apparteniamo a una chiesa, allora siamo una famiglia; ma viviamo come cittadini del Regno portando i suoi segni di giustizia, misericordia, perdono, accettazione, inclusione e amore. Ci ricorda qualcosa?
“O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il Signore, se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo Dio?” (Michea 6:8)
Gesù non può essere più chiaro: nel Regno non sono gli operai a fare le erbacce e a sradicare. Noi siamo ingaggiati come parte del progetto più grande di Dio, degli scopi futuri di Dio, viviamo nella fase “qui, ma non ancora”, del Regno, un giorno l'intera creazione sarà rinnovata, così che (come dissero i profeti) la terra sarà piena della conoscenza e della gloria del Signore, come le acque coprono il mare.
E ancora una cosa su cui riflettere come Chiesa. In questa parabola l'agricoltore ha già gettato il seme, il regno è già stato piantato da Dio prima che noi operai arrivassimo sulla scena. Il teologo Rowan Williams ha detto che il lavoro della Chiesa nel promuovere il Regno è "vedere ciò che Dio sta facendo e unirsi a lui".
Ma come facciamo? Williams continua così:
A coloro che ancora si chiedono dove sia Cristo, rispondo "in tutti". A chi ancora fatica a vedere la missione di Dio, rispondo "è ovunque". Invece di aspettare di vedere dove Dio ci chiama, perché non presumere che Dio ci chiama ovunque. Allora ogni incontro, ogni viaggio, ogni giorno diventa un'opportunità per vedere ciò che Dio sta facendo... e di unirsi a lui. (Rowan William)
“Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta sia tutta lievitata».” (Matteo 13:33)
Le persone che si occupano di questo genere di cose hanno stimato che tre misure di farina sono sufficienti per fare il pane per cento persone. Non stava solo preparando il suo pane quotidiano, stava organizzando una festa!
Ma la donna e il pane non sono il fulcro di questa parabola, bensì il lievito. Il lievito è così piccolo da essere quasi invisibile, eppure ha un impatto sproporzionato rispetto alle sue dimensioni.
Che cosa possiamo dire del Regno di Dio secondo questa parabola? Inizia in piccolo. È sempre in crescita. La sua crescita è segnata dal mistero e anche se oggi comprendiamo la scienza che sta dietro al funzionamento del lievito, questa rimane una verità spirituale.
Inoltre, esercita la sua influenza dall'interno, non dall'esterno, proprio come il lievito fa lievitare la pasta dall'interno. Trovare questo regno significa essere dove c'è: sia all'interno della Chiesa che al di fuori di essa, nella cultura circostante.
Gesù ha lasciato il suo posto in cielo ed è venuto nel mondo. Dobbiamo rappresentare/ (imitare) Gesù e, come lui, fondere il "sacro" e il "secolare" e farci trovare nel mondo". E proprio come la donna, dovremmo organizzare una festa per i nuovi arrivati.
"Dio vi invita a partecipare alla causa più grande, più vasta, più varia e più significativa della storia: il suo regno". Rick Warren (La vita con uno scopo)
Che privilegio!
Amen.
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Le immagini che Gesù usa nelle parabole sono tratte sempre dal quotidiano di chi ascolta... ma spingono sempre chi ascolta a pensare oltre quelle immagini della quotidianità, per divenire esempi di vita.
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Predicatrice: Jean Guest
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Uno dei miei romanzi preferiti è “Se una notte d'inverno un viaggiatore” di Italo Calvino. È un capolavoro della narrazione e non posso che consigliarvelo fortemente. Ma attenzione! È anche la lettura più frustrante, perché lo scopo del romanzo è quello di iniziare ogni capitolo con un primo verso ben noto, sulla falsariga di "Se una notte d'inverno un viaggiatore bussasse alla tua porta", catturare l'attenzione con metafore familiari, tessere una trama intrigante, presentare personaggi affascinanti, inserire un colpo di scena o una svolta inaspettata nel racconto e poi terminare senza concludere la storia, passando direttamente a quella successiva. Accidenti! Cosa succede dopo? La genialità del romanzo sta nel fatto che si pensa di sapere cosa si sta leggendo, ma non si riesce ad anticipare mai il colpo di scena che sta per arrivare.
Sapete - È un po' come quando leggiamo le parabole. Sono così familiari, spesso sono le prime storie della Bibbia che raccontiamo ai nostri figli, e pensiamo di conoscerle così bene da dimenticare che potrebbe esserci un colpo di scena.
Ma cos'è una parabola? La definizione che userò è quella più ampia - cioè, una parabola è un insegnamento che utilizza un'immagine per trasmettere una verità spirituale.
Anche se mi piace molto questa definizione del filosofo Kierkegaard.
Una comunicazione indiretta che “inganna” l'uditore portandolo alla verità - Soren Kierkegaard
Non lasciatevi ingannare dalla parola “inganna”, non significa ingannare o imbrogliare, ma piuttosto è una storia così ordinaria nella sua normalità che vi coglie di sorpresa - è di nuovo il colpo di scena della storia.
La definizione ampia che useremo comprende anche quegli insegnamenti di Gesù di una sola riga, come "Io sono il pane della vita", o "Io sono la vite, voi i tralci". Se includiamo queste brevi frasi illustrate, Gesù ha raccontato circa 60 parabole - che noi conosciamo!
“Tutte queste cose disse Gesù in parabole alla folla e senza parabole non diceva loro nulla.” (Matteo 13:34)
È chiaro che le parabole sono importanti negli insegnamenti di Gesù, ma non sono un'esclusiva sua, si trovano in tutti gli scritti e gli insegnamenti del mondo antico e di tutte le culture, ed è un modo particolarmente rabbinico di insegnare la Torah.
Ma ciò che colpisce è la frequenza con cui Gesù insegnava in parabole e la varietà delle immagini che utilizzava; egli sfrutta un modo di insegnare riconoscibile e cattura l'attenzione dei suoi ascoltatori con immagini tratte dalla loro vita quotidiana.
Le immagini che utilizza possono essere suddivise in quattro categorie
- Come vivevano i suoi ascoltatori: l'agricoltura, gli oggetti domestici di tutti i giorni.
- Come funziona la società: matrimoni, banchetti, relazioni, giudici.
- Il denaro: averlo o non averlo
- Altro
Le immagini sono fondamentali, le parabole sono visive, non concettuali. Quando ascoltiamo la parabola del seminatore abbiamo un'immagine in testa, per questo le frasi che iniziano con "Io sono" possono essere considerate parabole; "Io sono il buon pastore", possiamo capire cosa intende.
C'è anche una varietà nel tipo di narrazione che utilizza. Si va dalle lunghe e complesse parabole allegoriche come la parabola del Seminatore, dove l'allegoria è la chiave per comprenderla, ai ricchi racconti narrativi come la parabola del Figliol Prodigo e la parabola del Buon Samaritano, alle brevi istantanee illustrative come il lievito nel pane.
E proprio come Italo Calvino, Gesù era ben felice di lasciare i suoi ascoltatori e noi in sospeso senza un vero e proprio finale: cosa ne sarà del fratello maggiore nella parabola del Figliol Prodigo?
A volte è assolutamente chiaro il significato di una parabola, mentre altre volte ci si gratta la testa dicendo: "Cosa vorrà dire?". Ma non preoccupatevi troppo di questo, i discepoli erano esattamente come noi.
“I suoi discepoli gli si avvicinarono, dicendo: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».” (Matteo 13:36 b)
Le parabole avevano lo scopo di far riflettere chi le ascoltava: cosa intendeva dire? Vediamo quando i discepoli hanno frainteso in modo comico.
“E Gesù disse loro: «Guardatevi bene dal lievito dei farisei e dei sadducei». Ed essi ragionavano tra di loro e dicevano: «È perché non abbiamo preso dei pani». Ma Gesù se ne accorse e disse [loro]: «Gente di poca fede, perché discutete tra di voi del fatto di non aver pane? Non capite ancora? Non vi ricordate dei cinque pani dei cinquemila uomini e quante ceste ne portaste via? Né dei sette pani dei quattromila uomini e quanti panieri ne portaste via? Come mai non capite che non è di pani che io vi parlavo? Ma guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei». Allora capirono che non aveva loro detto di guardarsi dal lievito dei pani, ma dall’insegnamento dei farisei e dei sadducei.” (Matteo 16:6:12)
Per essere corretti nei confronti dei discepoli, avevano già sentito Gesù dire anche questo:
“Disse loro un’altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre misure di farina, finché la pasta sia tutta lievitata».” (Matteo 13:33)
Quindi, a volte l'immagine del lievito era positiva, altre no. Ma il punto di entrambi è il lievito stesso, così piccolo eppure in grado di avere un effetto significativo. L'ascoltatore deve riflettere e capire qual'è lo scopo dell'immagine.
Dobbiamo impegnarci ancora di più perché non viviamo nella Palestina del I secolo. Il teologo Kenneth Bailey dice che la parabola che illustra meglio questo aspetto è quella delle due persone che costruiscono la loro casa una sulla roccia, l'altra sulla sabbia.
“Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà paragonato a un uomo avveduto che ha costruito la sua casa sopra la roccia. La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno investito quella casa; ma essa non è caduta, perché era fondata sulla roccia. E chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica sarà paragonato a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno fatto impeto contro quella casa, ed essa è caduta e la sua rovina è stata grande”. (Matteo 7:24-27)
Nel XXI secolo, con le nostre conoscenze scientifiche, ascoltiamo questa parabola e scartiamo immediatamente la persona stolta che costruisce la sua casa sulla sabbia, perché è palesemente sciocco farlo. Siamo quindi pronti subito a concludere che il senso della storia è: costruisci la tua casa (la vita) sulla roccia (Dio).
Ma nell'arido paesaggio del deserto in cui viveva Gesù la terra sabbiosa s’indurisce al sole, diventando dura come la roccia , e non è immediatamente evidente quale sia roccia e quale sabbia, e l'unico modo per essere certi di essere sulla roccia è scavare molto in profondità e questo richiede un duro lavoro. Solo quando arrivano le piogge la sabbia torna ad essere sabbia e le fondamenta sprofondano.
Quindi sì, la parabola parla di costruire la propria vita su Dio, ma tu, credente, dovrai lavorare duramente per gettare solide fondamenta, costruendo la tua fede nella conoscenza e nella verità, in modo che, quando arriva la pioggia, tu possa reggere in piedi.
Lo stolto non sembra più così evidentemente stolto, e forse ci assomiglia un po' di più?
Come diceva sempre Gesù alla fine di una parabola, chi ha orecchie per udire dovrebbe ascoltare e intendere!
Come ascoltatori del XXI secolo, dobbiamo anche controllare la nostra comprensione rispetto alla saggezza percepita e alle interpretazioni precedenti. So che continuo a sollevare la questione del patriarcato con voi, ma per buoni motivi. Guardate il capitolo 15 di Luca.
Luca capitolo 15
- “La parabola della pecora smarrita”
- “La parabola della dramma perduta”
- “La parabola del figlio prodigo”
Gesù racconta intenzionalmente una serie di tre parabole che trattano della condizione umana di essere perduti e di come Dio ci ritrova - tutte e tre sono bellissime immagini di redenzione.
Vi garantisco che a tutti noi è stato detto che la parabola della pecora riguarda Dio come buon pastore e la parabola del figlio prodigo riguarda Dio come padre amorevole, ma la parabola della moneta perduta? Dio come donna diligente che restaura le ricchezze della famiglia e dà una festa? No, è solo una donna. Perché? Per quale motivo Gesù avrebbe insegnato queste parabole in successione, ma solo due di esse dovrebbero indicare il carattere e la natura di Dio? Non ha senso.
Le diverse interpretazioni ci aprono nuove idee. L'interpretazione tradizionale del seme di senape è che il seme è così piccolo eppure cresce fino a diventare un albero così grande da offrire riparo agli uccelli: il punto della parabola è che il Regno di Dio inizia in piccolo, ma cresce fino a diventare qualcosa di significativo.
Ma uno scrittore contemporaneo all'epoca di Gesù parla del seme di senape in questo modo:
“Estremamente benefico per la salute. Cresce soprattutto allo stato selvatico, anche se viene migliorata quando trapiantato; ma d'altra parte, una volta seminato è difficile liberarsene, perché il seme, una volta caduto, germoglia subito". (Plinio il Vecchio)
Cresce come un'erbaccia che, per quanto ci si sforzi, non si riesce a eliminare, e diventa un albero così grande che gli uccelli vi si posano: è la rovina dell’agricoltore! Quindi, forse, come dice la teologa Paula Gooder:
"È possibile che, anziché presentare l’immagine di un idillio pastorale, questa parabola suggerisca qualcosa di sovversivo e molto meno gradito: il Regno dei cieli è come un'erbaccia perniciosa che, una volta piantata, non può essere sradicata. Cresce e cresce fino a diventare così grande che coloro che sono meno desiderati nei nostri campi ordinati e ben pianificati trovano una casa e vi riposano." (Paula Gooder)
La seconda interpretazione è più dirompente della prima, pone più domande a noi come Chiesa. Entrambe sono possibili, entrambe sono plausibili.
Chi ha orecchie per udire dovrebbe ascoltare e intendere!
E va bene che si discuta sul significato delle parabole. Viviamo in tempi, culture e contesti diversi, ma esse avranno al centro una verità spirituale che è pertinente per noi oggi. E a volte la nostra mancanza di comprensione potrebbe indicare qualcos'altro.
Torniamo a Marco 4 e alla parabola del seminatore.
“«Ascoltate: il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; e gli uccelli [del cielo] vennero e lo mangiarono. Un’altra cadde in un suolo roccioso dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo; ma quando il sole si levò, fu bruciata e, non avendo radice, inaridì. Un’altra cadde fra le spine; le spine crebbero e la soffocarono, ed essa non fece frutto. Altre parti caddero nella buona terra; portarono frutto, che venne su e crebbe, e giunsero a dare il trenta, il sessanta e il cento per uno». Poi disse: «Chi ha orecchi per udire oda». Quando egli fu solo, quelli che gli stavano intorno con i dodici lo interrogarono sulle parabole. Egli disse loro: «A voi è dato [di conoscere] il mistero del regno di Dio; ma a quelli che sono di fuori tutto viene esposto in parabole…” (Marco 4:3-11)
Ci sono “intenditori” che comprendono il mistero del regno di Dio e persone estranee o “di fuori” che non lo comprendono.
Per i quattro capitoli successivi i discepoli sono gli “intenditori” e poi, nel capitolo 8, diventano di nuovo “di fuori”, estranei quando non capiscono cosa Gesù intenda con il lievito dei farisei. Egli ripete loro esattamente la stessa cosa:
“ Ma egli, accortosene, disse loro: «Perché state a discutere del non aver pane? Non riflettete e non capite ancora? Avete [ancora] il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate?” (Marco 8:17-18)
E dobbiamo ricordare che molti "estranei" hanno riconosciuto e capito chi era Gesù e che cosa era: la donna al pozzo, la donna con l’emorragia, l'uomo posseduto. Fondamentale per comprendere il regno di Dio è un incontro con Gesù e il modo in cui gli rispondiamo.
Le parabole non sono state usate da Gesù per nascondere la verità del regno di Dio, ma per vedere chi dei suoi ascoltatori era pronto ad affrontarle e a trovarlo. Volevano, vogliamo diventare degli "intenditori"?
Oppure erano, siamo, come il giovane che dopo aver ascoltato la parabola del Buon Samaritano era contento di andarsene deluso perché è troppo difficile da mettere in pratica?
Le Scritture, e in particolare le parabole, hanno lo scopo di farci cambiare, cambiare il nostro modo di pensare, cambiare il nostro modo di agire.
Ho un detto preferito riguardo alle Scritture: "Sconvolge chi si sente a proprio agio e conforta chi è sconvolto".
Non dovremmo essere come il giovane, ma come questo:
“Il regno dei cieli è anche simile a un mercante che va in cerca di belle perle; e, trovata una perla di gran valore, se n’è andato, ha venduto tutto quello che aveva e l’ha comprata.” (Matteo 13:45-46)
Amen.
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Gesù era un grande narratore; le sue storie spaziano in tutti gli aspetti della vita quotidiana, tra perle, maiali e feste. Ma perché usava così tanto le "storie"?
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Predicatrice: Jean Guest
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Questa settimana iniziamo una nuova serie sulle parabole di Gesù.
Ma prima di esaminare alcune delle parabole e cosa ci insegnano, voglio darvi un quadro di riferimento per comprenderle. Perciò, voglio iniziare parlando di storia, verità e immaginazione.
Una delle prime cose che ho notato quando mi sono trasferita in Italia è che gli italiani amano raccontare storie. Il problema è , e bisogna riconoscerlo, che questi racconti possono prolungarsi per molto, molto tempo... dobbiamo rivivere il momento... respirarlo... sentirlo e, naturalmente, bisogna sia sempre accompagnato da gesti.
Mi piace. Il racconto è una parte importante della cultura italiana. Mia mamma sarebbe dovuta nascere italiana per il modo in cui raccontava le storie di tutti i giorni. Ogni dettaglio, ogni persona in coda all'ufficio postale, ogni cosa che vedeva mentre andava a fare la spesa…
Se lei era al telefono con te si poteva benissimo lasciare il telefono moto distante dall'orecchio e tornare dopo qualche minuto senza perdersi la fine del racconto. Ma amava anche le storie che le venivano raccontate da altri o attraverso la lettura.
Dopo la morte di mio padre ci chiedevamo se si sentisse sola, ma lei diceva semplicemente: "Ho un buon libro che sto leggendo, sto bene".
Quando i miei figli erano piccoli, oltre a leggere loro i racconti della buonanotte, inventavo delle storie con due personaggi, Maurice Black e Timothy Brown. Questi due ragazzi avevano delle avventure che erano radicate nel paesaggio locale e nella routine familiare dei miei figli, e ogni racconto aveva una morale - nascosta in bella vista.
Per esempio come comportarsi con un bullo, cosa fare quando si ha paura, ecc. E una delle cose più toccanti è stata quando il mio primogenito stava per iniziare l’università fuori sede e gli è stato chiesto cosa volesse (intendevo per cena), e rispose: "Un racconto di Maurice Black".
L'Epopea di Gilgamesh è la prima storia mai scritta e ha più di 4.000 anni, ma stiamo parlando di scritta; si può essere certi che molto prima di allora le persone si raccontavano storie, se non altro come misura di sopravvivenza: attenzione al mostro che si nasconde nel bosco.
I racconti servono a molti scopi nella nostra vita. Vanno ben oltre l’atto semplice di leggere o ascoltare. Ci aiutano a capire gli altri e noi stessi: possono creare altri mondi, emozioni, idee e far sembrare incredibile la quotidianità. Possono insegnarci l'empatia e ci possono accompagnare in viaggi straordinari. Possono farci ridere, piangere, saltare dalla paura e poi confortarci con un lieto fine. Sembra che i racconti facciano parte del nostro DNA umano.
L'attrice Margaret Atwood afferma:
“Il raccontare storie non morirà mai perché è innato nell'uomo. Siamo nati con esso.” (Margaret Atwood)
Siamo plasmati dai racconti. Antropologi, filosofi, storici e teologi concordano sul fatto che sperimentiamo le nostre vite e il mondo che ci circonda in modo narrativo.
Cerchiamo inizi e finali, apici e conclusioni. Perché?
"Poi Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza." (Genesi 1:26 a)
Dio ha scelto di non consegnarci un elenco di verità su di sé, o un manuale di istruzioni, ma una storia epica in cui si rivela se stesso.
La nostra Bibbia è una saga letteraria, che comincia con un mito, vaga tra cronache, poesie, canti, e un'impostazione teatrale e si conclude in un simbolismo apocalittico. Abbiamo un Dio che usa il racconto per chiamarci al suo amore.
I racconti diventano ancora più interessanti quando si aggiungono degli aggettivi: un racconto tragico, un racconto curioso, il racconto di lei, il mio racconto, il racconto del Vangelo.
Ma a volte, come credenti, confondiamo il racconto con la finzione, che significa “non vero”; così diventiamo fondamentalisti nel nostro approccio alle Scritture; tipo che Dio ha impiegato solo 7 giorni per creare il mondo, e chiamandola “storia della creazione” vogliamo fai intendere che non sia vero che Lui è il Dio creatore.
La nostra fede è fondata sulla verità. Gesù ha detto: "Io sono la via, la verità...”(Gv14:6). Ed è fondata, nella resurrezione, su un evento storico significativo; se questo non fosse vero, allora, come dice Paolo in 1 Corinzi 15:19 "...noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini".
Quindi capisco perché sia difficile cominciare a parlare di sezioni della Bibbia che non sono letteralmente vere, perché come possiamo essere sicuri di quale sia vera e quale non sia?
Dobbiamo riconoscere che la finzione non significa “non vero”. Se vi dico che sono nata il 13 gennaio 1959 ed era un martedì, conoscete un fatto sulla mia data di nascita. Ma lasciate che vi racconti la storia della mia nascita.
Era un gennaio freddo, ma fino a quel momento, insolitamente per la città di Sheffield, non aveva ancora nevicato quell'inverno. Mio padre andò al lavoro, mio fratello e mia sorella a scuola, lasciando mia mamma a casa. Alle 9 circa cominciò a nevicare e a mia madre si ruppero le acque. Alle 10 nevicava come una bufera e la mamma aveva le contrazioni.
Non avevamo un telefono, per cui la mamma dovette andare da un vicino a chiedere se potessero andare a dire a sua madre, che viveva lì vicino cosa stesse accadendo, e anche di mandare qualcuno a chiamare mio padre e il medico.
Ben presto fuori c'era un metro di neve, mia sorella e mio fratello erano stati rimandati a casa, mia nonna, il nonno e la zia erano arrivati, ma non c'erano ancora né mio padre né il medico perché la neve aveva bloccato le strade e quindi dovevano camminare.
Entrambi arrivarono nel tardo pomeriggio e trovarono una casa piena di gente. E io nacqui poco dopo, durante la peggiore tempesta di neve che Sheffield avesse visto da molti anni, martedì 13 gennaio 1959.
Molto più interessante dei solo fatti , giusto? E forse il racconto ha suscitato in voi delle domande come a mio marito, che sentendo la storia ha detto: "Chissà se è per questo che ami così tanto la neve?”
L'arte, attraverso il racconto o la poesia, può dirci verità più profonde dei semplici fatti; e allora, perché un Dio che non ha tralasciato la bellezza quando ha creato il mondo, dovrebbe trascurarla quando ha soprinteso alla composizione della Bibbia?
Non abbiamo nulla da temere nel riconoscere il valore letterario della Bibbia perché il racconto non nasconde la verità. Come ha scritto l’autore Frederick Buechner, "...nonostante la sua straordinaria varietà, la Bibbia è tenuta assieme da una sola trama".
Torniamo al racconto della creazione nella Genesi:
"Nel principio Dio creò i cieli e la terra. La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. Dio disse: «Sia luce!» E luce fu. Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce «giorno» e le tenebre «notte». Fu sera, poi fu mattina: primo giorno. Poi Dio disse: «Vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque». Dio fece la distesa e separò le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa. E così fu. Dio chiamò la distesa «cielo». Fu sera, poi fu mattina: secondo giorno." (Genesi 1:1-8 )
È un linguaggio ricco di immagini che ci fa capire com'è Dio.
Dio: ecco i fatti, come viene raccontato nella storia:
- è eterno (Nel principio, Dio v1);
- è relazionale (lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque v2);
- mette ordine nel caos (v2: informe, vuota, le tenebre);
- la creazione stessa è soggetta a Dio (Dio disse, e questo è accaduto v6-7).
Ma la Genesi ci chiede di immaginare; immaginare come fosse prima, durante e dopo la creazione del mondo. È l'appello alla nostra immaginazione che dà vita alla storia della creazione. E ancora una volta questo solleva una bandiera rossa per alcuni nella Chiesa. Se lasciamo correre l'immaginazione, essi temono, rischiamo di sacrificare la verità.
Vediamo un episodio famoso di Gesù con un giovane uomo che lo ferma per chiedere come dovesse fare a ottenere la vita eterna:
"Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso»." (Luca 10:27)
Ci concentriamo quasi sempre sulle parole amore, cuore, anima, forza e mente, ma se invece ci concentrassimo su ogni "tutto"? Tutto il nostro cuore, tutta la nostra mente. Cosa significa "con tutta la mente"?
La mente non è solo una macchina per i calcoli che opera su una base puramente razionale. Voglio essere chiara, affermando che la ragione è di vitale importanza; possiamo arrivare alla verità attraverso la ragione, ma, come dice il poeta cristiano Malcolm Guite, "Dio ci ha dotato di un'immaginazione profonda, modellante e misteriosa e ci sono certe verità a cui arriviamo solo attraverso di essa".
O come dice Shakespeare: "L'immaginazione comprende più di quanto la fredda ragione possa mai comprendere".
Non siete convinti? Diamo un'occhiata più da vicino al giovane uomo di Luca 10:
"Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, dicendo: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa’ questo e vivrai». Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» Gesù rispose (con una parabola)...” Luca 10:25-30a
Come il giovane, anche noi tendiamo a pensare che, se semplicemente crediamo alle cose giuste, allora ci comporteremo nel modo giusto. Ma Gesù lo sapeva bene. Sapeva che toccare l'immaginazione significa penetrare oltre l'intelletto e pungere la coscienza.
Se la ragione cambia la nostra mente, l'immaginazione cambia il nostro cuore. Ci aiuta a sentire la verità, non solo a conoscerla. Possiamo sapere benissimo cosa dovremmo fare. Ma toccare l'immaginazione può ispirarci con una visione della realtà di Dio che ci costringerà ad agire.
Ecco perché Gesù ha raccontato la parabola del buon samaritano. Il giovane sapeva intellettualmente che avrebbe dovuto amare il suo prossimo. Ma Gesù rispose con un racconto, un piccolo gioiello di narrativa che ha spinto la questione al di là dell'intelletto verso il cuore.
La domanda che dovrebbe porsi, suggerisce Gesù, non è "Chi è il mio prossimo?", ma "Che cosa significa essere un buon vicino?". Gesù conosceva il potere di una storia ben raccontata. E voi avete una storia da raccontare.
La settimana scorsa la Chiesa ha celebrato la Pentecoste, il giorno in cui siamo stati benedetti dall'arrivo dello Spirito.
"Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme[a] nello stesso luogo. Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov’essi erano seduti. Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi. " (Atti 2:1-4)
Notate che c'è un solo Spirito, ma ognuno aveva una voce individuale. Lo Spirito Santo è un dono per tutti. Ma è dato personalmente, in modo distinto, a ciascuno. E viene dato a ciascuno affinché essi possano, a loro volta, essere agenti della buona novella per altri. Questo è ancora vero per la Chiesa di oggi, ancora vero per te e per me. Tutti noi abbiamo una storia da raccontare.
La prossima settimana inizieremo a guardare le parabole, le storie che Gesù ha raccontato su cose quotidiane come le perle, i maiali e le feste. Lo ha fatto per costruire un ponte tra il mondo così com'è e il mondo che Dio ci riserva. Voglio condividere con voi questo pensiero tratto da un libro intitolato Story and the Church: “Il Racconto e la Chiesa”.
Come cristiani, siamo chiamati a relazionarci con le esperienze delle persone, a capire le loro speranze, i loro sogni e i loro interessi, e a vedere come questi possano puntare verso il regno che Dio ha preparato per noi. Condividendo le nostre storie, creiamo relazioni. Impariamo ad evangelizzare con il dialogo piuttosto che con il monologo. Impariamo a parlare di Gesù in modo naturale.
Andate con la forza dello Spirito e raccontate la vostra storia.
Amen.
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La vita ci mette di fronte a tempeste nelle quali ci sembra di essere da soli, dove la nostra fede appare essere "poca". Gesù vuole che la nostra fede sia solida in lui ma, nonostante questo, anche una fede "poca", può dare frutti enormi; per noi e per chi ci vede aver fede.
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La scorsa avevamo concluso il messaggio con un Pietro che chiede di camminare sul mare in burrasca, lasciando agli altri il compito di tenere in rotta la barca della loro vita nella tempesta.
Era una tempesta che avveniva nel bel mezzo della loro vita di tutti i giorni quella legata al lavoro, e non potevamo rintracciare ci fosse alcuna attività per Gesù che dovesse essere disturbata ed interrotta dal maligno.
Satana di sicuro non ci ama, ma non tutto quello che di male ci accade nella vita è opera sua, almeno non direttamente. Questa è la vita nel “mondo caduto” dopo la cacciata da Eden; il male, le tempeste ci sono, a prescindere dal fatto che stiamo lavorando o meno per Gesù. In questo non abbiamo il copyright, tutti al mondo soffrono, sia che credano in Gesù o che non credano.
Ma la frase di Pietro colpisce, perché nel mezzo di una tempesta ha il coraggio di chiedere a Gesù di camminare su quella tempesta.
Sinceramente, non so quanto quella frase fosse legata alla fede o al carattere; Pietro era famoso per essere quello che parlava sempre per primo, quello dei “mai” e dei “sempre”... salvo poi doversi pentire e piangere su per la sua spavalderia (vi ricordate, vero il canto del gallo?)
Ma tant'è: la frase eccola qua, e fa ancora notizia ai giorni d'oggi:
“Pietro gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire da te sull’acqua». Egli disse: «Vieni!» E Pietro, sceso dalla barca, camminò sull’acqua e andò verso Gesù. Ma vedendo il vento {forte} ebbe paura e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!» Subito Gesù, stesa la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» E, quando furono saliti sulla barca, il vento si calmò. Allora quelli che erano nella barca lo adorarono, dicendo: «Veramente tu sei Figlio di Dio!» “ (Matteo 14:28-33)
Questo racconto contiene quattro verità che ci riguardano da vicino: la fede, la paura, il dubbio, la salvezza. Vediamole assieme.
La fede di poter camminare sulla tempesta
“Pietro gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire da te sull’acqua». Egli disse: «Vieni!»” (v.28-29a)
Gesù è arrivato in prossimità della barca, galleggia sull'acqua, ma la barca è ancora scossa dalle onde e dal vento; lui è fermo, loro no... e non sono neppure in salvo per il solo fatto di avere Gesù nei pressi.
E' vero che l'amore non è un sentimento, ma un'azione, ma anche la salvezza lo è; va afferrata, fatta entrare nelle nostre vite, non è un “flusso di energia” che si propaga nell'aria, ma un abbraccio, un rapporto un contatto fisico con chi ci può salvare.
Amo Pietro perché mi ci ritrovo molto, il suo essere “focoso”, sia in positivo che in negativo. Il “prendere fuoco” in positivo spinto dallo Spirito ad affermare:
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». (Matteo 16:16)
ma anche quello in negativo che gli fa prendere la spada e tagliare un orecchio al servo di Caifa:
“Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la prese e colpì il servo del sommo sacerdote, recidendogli l’orecchio destro.” (Giovanni 18:10)
Un caratteraccio, un eccessivo, che quando scopre che Gesù vuole lavargli i piedi, prima gli dice “tu non mi laverai MAI!” e un minuto dopo gli dice “fammi la doccia, e lavami tutto”.
E' un impulsivo...ma è a persona sincera, e quando dice una cosa la dice dal cuore... senza calcolare l'importanza e il costo il costo di ciò che dice.
E' una vita che sto cercando di assomigliarli, avendo è vero un “caratteraccio”, ma sforzandomi di avere la stessa sincerità e purezza di cuore che lui aveva. Perché, vedete, la sua voglia di raggiungere Gesù è vera, crede con tutto se stesso che basterà che Gesù lo chiami per camminare sulla acque!
Penso che Pietro abbia ricevuto il suo vero battesimo quella notte: di sicuro qualcuno lo aveva battezzato”fisicamente”, di sicuro aveva ricevuto il battesimo nello Spirito, forse quando aveva detto
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Matteo 16:16)
Ma è' un battesimo anomalo, un battesimo “per sottrazione”, piuttosto che per “addizione”.
Mi spiego: quando riceviamo il battesimo, nella carne o nello Spirito, noi “aggiungiamo” alla nostra vita la potenza di Gesù attraverso lo Spirito Santo.
Qui invece Pietro sta “sottraendo” alla sua vita la certezza che basti avere vicino Gesù, che basti avere cuore per Gesù, che basti voler raggiungere Gesù e tutto filerà liscio. Un battesimo che ammettere che la sola parola di Cristo non mi basta per non affondare nelle onde della vita.
Sei scandalizzato? Dovresti! Perché ti ho appena detto che la Parola di Cristo non basta per affrontare la vita: è un'eresia, una bestemmia... Perché quando Gesù ordina, ciò che ordina avviene!
“Gesù si svegliò, rimproverò il vento e disse al lago: "Silenzio! Calmati!" Il vento cessò, e subito ci fu una gran calma.” (Marco 4:39)
“Gesù, tesa la mano, lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato». E in quell’istante egli fu purificato dalla lebbra.” (Matteo 8:3)
Vero! Ma c'è un fattore mooooooolto umano che può impedire alla Parola di Gesù di compiersi: leggiamo i prossimi versetti:
Il “fattore umano” chiamato “paura”
“ E Pietro, sceso dalla barca, camminò sull’acqua e andò verso Gesù. Ma vedendo il vento {forte} ebbe paura e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!» ” (v. 29b-30a)
Pietro era passato dalla paura delle onde prima, alla paura di vedere un tizio che ci cammina sopra dopo, e infine allo stupore di camminarci su lui stesso; dovrebbe essere ben soddisfatto, non vi pare? E invece no; nel giro di un istante lo vediamo ricadere all'indietro: “ebbe paura.” Eccolo il “fattore umano”, eccolo il “fattore paura”; il tempo di guardarsi attorno, e...tac! Scatta automatico!
Cosa vede Pietro per avere paura? Le onde? Il brano non dice che aveva paura delle onde! Fossi stato in lui, io avrei avuto paura di quelle... Ma qui la paura arriva in un modo più strisciante, più subdolo...
“vedendo il vento {forte}”.
Le onde probabilmente neppure lo toccano, ma lui vede qualcosa... che non si vede... il vento! Qualcosa di impalpabile, inafferrabile, invalutabile...
La scorsa settimana avevamo parlato del fatto che le onde fossero un “falso problema”; le onde sono l'effetto visibile di un problema invisibile: il vento.
Pietro inconsciamente capisce che il problema non sono le onde ma chi le provoca... e comincia ad aver paura della causa delle onde, comincia ad aver paura che morirà a causa del vento che ha generato le onde.
Il vento non uccide... le onde si. Cosa ti spaventa di più di un problema? Il problema stesso, o l'attesa che arrivi un potenziale problema?
Sapete, in questi trenta anni di impegno pastorale mi è capitato di parlare con persone che stavano morendo per malattie lunghe e travagliate. Non ho quasi mai trovato persone arrabbiate, ma incredibilmente, ho trovato quasi sempre persone serene; la paura non era per la malattia... ma per cosa sarebbe venuto “dopo”.
Il male erano le onde, ma la paura era per il vento che sarebbe rimasto dopo di loro e avrebbe potuto far male più del male. E' una paura “preventiva”... ed è tipica di noi uomini e donne... e Gesù lo sa. Gesù ci conosce!
“Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete {o di che cosa berrete}; né per il vostro corpo, di che vi vestirete... Non siate dunque in ansia, dicendo: “Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?” Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; il Padre vostro celeste, infatti, sa che avete bisogno di tutte queste cose.” (Matteo 6:25, 31-32)
Pietro ne è l'esempio: in mezz'ora è passato dall'essere preoccupato per le onde, all'essere preoccupato per il fantasma, all'essere preoccupato per il vento!
Perché? Lo spiega il verbo:
...vedendo...
L'effetto paura è arrivato “vedendo”, guardando: guardando dove? Fino a pochi istanti prima Pietro stava parlando con Gesù, per cui il suo sguardo era rivolto al Maestro. Ma ora?
“Vedendo il vento”; Pietro non guarda più Gesù, ma si sta guardando attorno, e smesso di guardare Gesù, si fissa sul problema.
Il “fattore paura” arriva tutte le volte che il centro della nostra attenzione non è più Gesù, ma il vento della vita attorno; e colui che ha vinto il mondo non è più Gesù, ma il vento della vita, che tutto trascina. E questa è una forma di “ateismo funzionale”: siamo credenti, ma ci comportiamo come non credenti. Ma c'è del buono anche nel “fattore paura”
“ebbe paura … gridò: «Signore, salvami!» .”
La paura toglie a Pietro le sue certezze, lo destabilizza, gli fa ammettere che, da solo, non può lottare contro il vento. Pietro riceve il battesimo della vergogna, dovendo ammettere che non mi basta ascoltare chi può salvarmi ma che HA FISICAMENTE BISOGNO di chi lo salvi.
Come lo fa? Nella maniera più umana possibile, nella maniera che io e te facciamo quando qualcosa ci spaventa a morte: GRIDA!
La Bibbia è piena di persone che GRIDANO. L'urlatore più famoso Davide.
“Con la mia voce io grido al Signore...” (Salmo 3:4)
“Quando io grido, rispondimi, o Dio...” (Salmo 4:1)
“...sii attento al mio grido; porgi orecchio alla mia preghiera...” (Salmo 17:1)
“Nella mia angoscia invocai il Signore, gridai al mio Dio.”(Salmo 18:6)
Nei soli Salmi per 67 volte Davide ed altri GRIDANO al Signore … esattamente quello che ha fatto Pietro; ed ecco, Gesù agisce in risposta al grido.
Toccare e afferrare
“ Subito Gesù, stesa la mano, lo afferrò ..." (v. 31a)
Attenzione al gesto “fisico” che fa Gesù: “stesa la mano, lo afferrò” Avrebbe necessità di tirare su dall'acqua Pietro, colui che ha creato l'acqua, il vento e Pietro stesso?
Ma Gesù VUOLE toccarlo: Gesù ama “TOCCARE”, la paura, come la malattia... Come nel caso del lebbroso:
“«Signore, se vuoi, tu puoi purificarmi». Gesù, tesa la mano, lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato»” (Matteo 8:2-3)
Gesù è quello che “ci mette i muscoli” per arrivarti vicino, toccarti, afferrarti. a toccare la tua vita, a portarti dentro la barca.
...aldilà di ogni ragionevole dubbio
"...e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» " (v. 31b)
In greco la frase “poca fede” è un'unica parola, ??????????? oligopistos; dovrebbe esservi in qualche modo familiare per via che, se avete problemi di calcoli renali, il dottore vi chiede di bere acqua “oligominerale”,
ovvero con “pochi minerali”... (oligos in greco significa “poco”) ma un po' di minerali ci debbono essere perché servono al fisico.
Qua invece è la fede ad essere “oligo”, poca: la frase oligopistos era una frase tipica di Gesù; ne troviamo traccia almeno altre cinque volte ed era sempre rivolta non ai non credenti, ma ai suoi discepoli.
Gesù sa che, come uomini e donne, spesso abbiamo una fede “oligominerale”, una di quelle che non creano problemi al nostro modo di vivere, non creano “calcoli” a livello di ciò che facciamo; cc'è, quel poco di minerale, quel poco di nutrimento spirituale che serve appena a supportare il nostro corpo spirituale; non interferisce con il nostro corpo fisico, non crea “sassi” da rimuovere rappresentati da una fede che ci dovrebbe cambiare. Va giù, come un bicchiere d'acqua... e noi restiamo uguali a prima.
Sapete come si fa a stabilire se un'acqua è oligominerale, oppure ricca di minerali? La si mette sul fuoco e la si fa bollire a 180 gradi, e poi si pesano i minerali che restano sul fondo del bicchiere; si chiama “residuo fisso”.
Per la fede vale lo stesso procedimento, solo che il fuoco è quello della vita; una volta passato il fuoco, evaporata gran parte delle nostre certezze, si va a vedere quanta fede è rimasta. Mi sono domandato scrivendo questo messaggio (e vorrei che te lo domandassi anche tu, oggi): che tipo di fede ho? Una fede “oligominerale”, con un “residuo fisso di fede” dopo essere stato bollito dalla vita di pochi grammi, o una fede ricca, dove il residuo fisso copre il fondo della mia vita?
Gesù vorrebbe che la mia fosse una fede ricca... ma si accontenta anche di quella “oligo”...
E' pronto ad afferrarmi anche se ho “poca” fede, anche perché sa che anche con una fede grande quanto un granello di senape, posso spostare le montagne e dirgli di gettarsi nel mare.
Sa che ci possono essere ragionevoli dubbi, mentre sono sul fornello della vita, ma non sul fatto che lui mi ami, che sia al mio fianco, e che voglia afferrare le mie mani nel momento del pericolo.
In salvo assieme sulla stessa barca
“E, quando furono saliti sulla barca, il vento si calmò. Allora quelli che erano nella barca lo adorarono, dicendo: «Veramente tu sei Figlio di Dio!» “ (v. 32-33)
C'era il vento, e le onde, e c'era Gesù sulla riva. Quando Gesù cammina sull'acqua vento ed onde ci sono ancora. Quando afferra la mano di Pietro, vento ed onde la fanno ancora da padrone.
Tutto cessa quando Gesù ENTRA nella barca nella quotidianità di Pietro, e dei suoi compagni pescatori.
Questo significa che “andrà tutto bene” come dicevano i cartelli sui balconi durante il lockdown? Assolutamente... no!
Il Salmo 23 dice:
“Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me.” (Salmo 23:2-4)
Ci saranno valli pericolose da camminare, ci saranno ombre di morte attorno, ma il bene supremo, la presenza di Gesù al nostro fianco la vita nuova in Cristo, quella non sarà mai in dubbio.
Ma la cosa che mi colpisce di più di tutta questa storia, è il versetto finale:
Poca fede... ma grande risultato
“A quel punto gli altri che erano nella barca s'inginocchiarono davanti a Gesù, esclamando: "Tu sei davvero il Figlio di Dio!" (v. 33)
Pietro non aveva brillato per fede, né c'è traccia di una gran fede neppure negli atri discepoli, che erano rimasti impauriti nella barca... Ma la “fede oligominerale”, quella con un residuo fisso bassissimo di Pietro fa si che persone si inginocchino, e riconoscano il Figlio come mandato dal Padre!
La tua POCA fede, può portare altri ad inginocchiarsi e riconoscere Gesù come il Figlio di Dio, e come il Salvatore...se...
Se cosa? Cosa serve per vedere lo stesso miracolo accadere attorno a te, nonostante la tua “oligofede”?
Devi avere una fede sincera come quella di Pietro.
Devi essere disposto o disposta ad uscire nella tempesta se Gesù te lo chiede.
Devi fissare lo sguardo su Gesù, e non sul vento e sulle onde del mondo.
E devi accoglierlo nella barca della tua vita.
Non basta ascoltare Gesù, non basta leggere la Bibbia, non basta andare in chiesa, non basta gridare osanna, non basta pregare...
Serve anche il tuo sguardo fisso su Gesù.
Preghiamo.
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Cosa fai, quando le onde della tempesta nella tua vita non si placano? Dove trovi assistenza e conforto? Gesù siede sulla riva del Cielo, vede e prega per te, affinché tu lo faccia entrare nella tua barca, per affrontare assieme la tempesta.
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La settimana scorsa abbiamo detto che la fede in Gesù non è un lasciapassare verso una vita senza problemi, ma un aiuto costante nella vita delle persone quando arrivano le tempeste.
Ma, sapete, la verità è che noi, anche se siamo credenti, tendiamo ad affrontare le tempeste della vita in perfetta solitudine, credendo di farcela da noi stessi.
Non è che non crediamo che Gesù sia capace di aiutarci, e nemmeno che sia disinteressato, e che la sua promessa di starci a fianco non sia più un'opzione valida.
Semplicemente, ci “dimentichiamo”; talvolta per orgoglio (“Ce la posso fare da solo!”) talvolta per un errato rispetto (“Non voglio disturbare Gesù per questa cosa!”) il più delle volte perché “ci troviamo lì”: la tempesta è arrivata all'improvviso e ci ha colti di sorpresa, e siamo indaffarati a legare vele e tirare corde piuttosto che a invocare Gesù in soccorso.
C'è una tempesta di cui scrivono sia Matteo che Marco che ha proprio questa genesi: vediamo il racconto che ne fa Marco:
“Preso commiato, se ne andò sul monte a pregare. Fattosi sera, la barca era in mezzo al mare ed egli era solo a terra. Vedendo i discepoli che si affannavano a remare perché il vento era loro contrario, verso la quarta vigilia della notte [le quattro di mattina] , andò incontro a loro camminando sul mare; e voleva oltrepassarli, ma essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono che fosse un fantasma e gridarono; perché tutti lo videro e ne furono sconvolti. Ma subito egli parlò loro e disse: «Coraggio, sono io; non abbiate paura!»“(Marco 6:46-50)
Cosa accade nella vita dei credenti quando si scatena una tempesta?
Quando il vento è contrario...
“Vedendo i discepoli che si affannavano a remare perché il vento era loro contrario, ” (v. 48a)
I discepoli non erano lì per piacere; non avevano deciso di fare “una gita in barca”, ma per lavoro, essendo pescatori. E non avevano deciso “a caso” di uscire di notte, come facevo io da ragazzo con le turiste tedesche per fare colpo su di loro...
Se siete pescatori, già sapete che le pescate migliori si fanno di notte, magari con una luce (si chiamano “lampare”).
Non stavano in mezzo al mar di Galilea per portare Gesù ad evangelizzare le folle, non c'era un ministerio da compiere tra i non credenti... Era, semplicemente, lavoro (quello che noi chiamiamo “secolare”... se mai esista una distinzione tra il lavoro per Dio e quello per vivere... ma questa è un'altra predica!) Insomma, pescare o morire di fame.
Generalmente non ci stupiamo se nelle nostre vite arrivano tempeste legate a ciò che facciamo per Gesù; anzi, le accettiamo, le esponiamo come fossero medaglie al valore, le riteniamo logica conseguenza e dimostrazione dell'efficacia del nostro lavoro per il Signore! Siamo “preparati”, magari ne soffriamo, ma accettiamo e lottiamo.
Ma quando la tempesta arriva nella vita di tutti i giorni, a lavoro, magari sotto forma di licenziamento, o a casa, sotto forma di una malattia (il Covid ha fornito una bella mano ultimamente!) o per strada, sotto forma di bombe che cadono dal cielo perché c'è una guerra in corso... (anche qui vari governanti mondiali sono una fonte infinita di opportunità) allora siamo impreparati. Talvolta ci sentiamo abbandonati: “Signore, perché io, perché questo, perché adesso?”
Dov'è il Gesù che ha promesso “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente.” (Matteo 28:20 b) Dov'è quel Gesù? Vi faccio rivedere il versetto:
...c'è chi a riva sta vedendo...
“Vedendo i discepoli che si affannavano a remare perché il vento era loro contrario, ” (v. 48a)
Sapete, io penso che quando Gesù diceva “nel mondo avrete tribolazioni” (Giovanni 16:33 a) non stesse pensando solo a noi, non solo ai credenti... ma a tutti; credenti e non credenti indistintamente.
Le tempeste arrivano a tutti, credenti e non credenti, senza alcuna distinzione; in questo non siamo “speciali” perché abbiamo creduto in Gesù. La differenza per il credente è che sa che Gesù ha vinto il mondo per noi.
Gesù è sulla riva del Cielo, che guarda le malferme barchette su cui ci avventuriamo sul mare della vita, e non solo guarda, ma agisce...
Vi ricordate che cosa aveva fatto fino a quel momento Gesù?
“Preso commiato, se ne andò sul monte a pregare.” (v. 46)
Ti sei mai chiesto, cosa pregasse Gesù quando si appartava? Pregava di sicuro il Padre, ci sono tanti esempi, che ci ha lasciato, dal Padre Nostro al Getsemani... ma poi? Cosa pregava “oltre” Dio? Ce lo spiega Paolo...
“...è alla destra di Dio e anche intercede per noi.” (Romani 8:34 b)
...e lui stesso:
“Io prego per loro (i discepoli) non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dati, perché sono tuoi.” (Giovanni 17:9)
Gesù dalla riva del Cielo vede anzi, pre-vede, vede prima quello che ti accadrà. E prega PRIMA che ti accada che tu possa farcela, se sei credente, che tu lo accetti per starti a fianco se non lo sei ancora.
Tu potresti dirmi: “Bello Marco, sapere che Gesù prega per me... ma io ho bisogno di aiuto “fisico”, di braccia, gambe, soluzioni, azioni...”
Vi svelo un segreto: il motto della nostra chiesa “Amare non è un sentimento, amare è un'azione” non è mio... l'ho copiato! Da chi?
...ed agisce...
“... verso la quarta vigilia della notte [le quattro di mattina] , andò incontro a loro camminando sul mare;.(v. 48b)
Vi ricordate quando era intervenuto Gesù nella tempesta della scorsa settimana? Quando i discepoli avevano gridato “Maestro, non t'importa che moriamo?” (Marco 4:38 b). Stavolta non c'è un grido, né una supplica, né una invocazione... (temo qualche bestemmia, ma potrei sbagliare...).
Eccolo là, il comportamento classico di noi uomini! La tempesta arriva all'improvviso in un ambito prettamente di vita e non di fede, e noi corriamo tra vele e corde... e ci scordiamo che Gesù esiste!
Ma lui, Gesù, arriva lo stesso, ed agisce... ma come stavolta?
La settimana scorsa aveva “sgridato le onde e parlato al mare (Marco 4:39); stavolta, invece, le onde restano e il vento pure... Perché? Perché Gesù non è nella barca... almeno non ancora.
Gesù sta offrendo il suo aiuto, anche se non richiesto, arriva “vicino”, e per farsi notare fa un miracolo incredibile, solo per dire : “Ehi! Sono qui! Fatemi salire!”
Mettiti nei panni dei discepoli, nella loro barca tra le onde: quale sera per loro il più grande problema? Ovviamente le onde! Ma in realtà è un falso problema.
Il problema vero, non sono le onde, ma il vento; è lui che crea le onde. Le onde sono l'effetto visibile di un problema invisibile.
Noi facciamo lo stesso; pensateci un attimo. Non mi spaventa perdere il lavoro, ma mi spaventa il suo effetto: non avrò di che far vivere i miei figli.
Non mi spaventa il tumore, ma il suo effetto: la sofferenza mia e delle persone care che mi vederanno malato.
Non mi spaventa la guerra; ma il suo l'effetto: le bombe, la distruzione, la morte di innocenti.
E Gesù, attraverso la sua “camminata” dimostra che sulle onde, sull'effetto visibile di una causa invisibile, se tu credi, si può anche camminare.
Molto spesso non è possibile rimuovere l'origine delle onde nelle tempeste della nostra vita; non puoi impedire il tuo licenziamento, o la tua malattia, o la guerra nella tua patria. Ma Gesù ti mostra che puoi camminare in mezzo a ciò che provoca la tempesta nella tua vita.
Perché lo fa? Per dimostrare i suoi superpoteri? No; il suo obiettivo non è la sua fama, ma la tua attenzione.
… così che tu veda lui e lo chiami...
“ e voleva oltrepassarli, ma essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono che fosse un fantasma e gridarono” (v.48b-49)
Sapete, quando Gesù arriva nella tempesta, e ti dimostra che è possibile camminare sulle onde, in pochi sono pronti a credere che sia lui ad averlo fatto. Riconosciamo che è Gesù quello che si avvicina, ma “gridiamo” spaventati: “Come è mai possibile tutto questo?” Se succede, quando succede, non fartene una colpa: è umano! Gesù non si offende!
E anche un urlo scomposto, suona ai suoi orecchi come una preghiera! “Ah! Finalmente hai visto che ci sono, eh!”
… per poterti parlare e confortare...
“... tutti lo videro e ne furono sconvolti. Ma subito egli parlò loro e disse: «Coraggio, sono io; non abbiate paura!»" (v. 50)
Vi ricordate la settimana scorsa cosa aveva fatto Gesù per prima cosa? Prima aveva fatto cessare il vento e le onde, e poi aveva confortato i discepoli.
Stavolta la prima cosa che fa, invece è confortare i discepoli. Perché? Perché Gesù non è ancora nella barca.
Gesù sa che la cosa importante, non è far cessare il vento, ma darti la vita eterna.
Vorrei poterti dire che le onde cesseranno sempre quando Gesù arriverà nella tua barca. Mi spiace: non posso. Alcune tempeste finiranno, altre no.
Un anno fa, in questo esatto giorno, la nostra sorella Maria... mia madre... finiva la sua corsa su questa terra, e raggiungeva il suo Signore.
Per ventidue anni aveva vissuto tra le onde alte di una tempesta che non poteva passare: l'aver visto morire il proprio sposo sotto i suoi occhi.
Quella tempesta, Gesù, non la poteva far cessare: ma poteva accompagnare Maria per il resto dei suoi giorni nella barca della sua vita. Poteva farla sentire amata, desiderata, accudita, figlia...
Maria lo aveva fatto entrare nella sua barca. E ci ha lasciato, desiderando davvero di finire la corsa, di andare dove non ci sono più tempeste, né vento, né onde...
C.S Lewis ha detto:
“Dio sussurra nei nostri piaceri, parla nella nostra coscienza, ma urla nelle nostre pene: è il suo megafono per risvegliare un mondo sordo.”
In alcune tempeste Gesù saprà farle cessare, in altre sarà al tuo fianco, anche se non cesseranno. Ma alcune di quelle serviranno a farlo entrare nella tua barca per affrontare quelle che non possono cessare.
… e farti camminare sulle onde della tempesta.
Quando sei in una tempesta, e il vento non è cessato Gesù vuole che tu non abbia paura, che domini le onde, anzi, che le usi come tappeto per i tuoi piedi
“Allora Pietro lo chiamò: "Signore, se sei davvero tu, dimmi di venire da te, camminando sull'acqua!" "Vieni!" disse il Signore.” (Matteo 14:28-29 a PV)
Quando il vento è contrario, c'è chi a riva sta vedendo ed agisce così che tu veda lui e lo chiami per poterti parlare e confortare e farti camminare sulle onde della tempesta.
Gesù vuole entrare nella tua barca, accompagnarti, darti la sua potenza affinché tu possa dominare le onde, e farne un tappeto su cui camminare.
Preghiamo.
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